Fondaco verso la chiusura, Brugnaro: «Dfs, comportamento immorale»
«Il modo in cui si sono comportati è immorale». Il sindaco Luigi Brugnaro non è certo tipo da mezze misure. Figuriamoci quando si tratta di prendere posizione di fronte alla scelta della società Dfs (gruppo Lvmh e quindi Bernard Arnault, la terza persona più ricca al mondo) di annunciare, da un giorno all’altro e con una lettera, la chiusura del Fondaco dei Tedeschi, lasciando a casa da settembre 226 lavoratori, 340 considerando le aziende terze che prestano servizi per il polo del lusso aperto nel 2016 dopo la ristrutturazione Rem Koolhaas.
La trattativa
Avventura naufragata nei debiti, 110 milioni negli ultimi 5 anni stando al rendiconto presentato da Dfs alla Regione, dove è stato aperto il tavolo di crisi che punta a coinvolgere anche il governo e in particolare la struttura tecnica del ministro del Made in Italy.
Il Comune, per quel che può, si è impegnato a fare la sua parte. Con una premessa: «Noi non ne sapevamo nulla e siamo rimasti basiti del modo in cui è avvenuto», commenta Brugnaro, «una grande impresa mondiale che si comporta così non si è mai vista, quello che è successo è immorale. Questo è il regalo di Natale che hanno fatto ai lavoratori».
Perché se gli affari non vanno prima «lanci dei messaggi, dai dei segnali. Ma non ci si può comportare così, questa competizione è feroce».
Anche a Treviso c’è preoccupazione
Ora c’è da pensare ai lavoratori - molti giovani - e alla strada giusta per recuperare gli spazi. Simone Venturini, assessore al Lavoro, ha già parlato al telefono con la proprietà, la società Regia di Sabrina Benetton. A Treviso c’è preoccupazione. Non solo per il rischio che il Fondaco resti vuoto, ma anche per il danno d’immagine che potrebbe derivare dalla partita che si sta giocando nel cuore di Venezia, sul Canal Grande.
L’impegno di Brugnaro
«Il nostro compito è aiutare la proprietà a trovare qualcuno che subentri», continua Brugnaro, «da una parte ci sono da proteggere i lavoratori con la Regione che ha già attivato il tavolo di crisi. E dall’altra va rilanciato il sito. Noi ci siamo sempre, cercheremo di agevolare in tutti i modi i passaggi necessari. Dobbiamo, anche come città, dimostrare di essere attrattivi per qualche grande gruppo. Qualche nome in testa ce l’ho, in particolare uno, francese».
Qualsiasi nome, in questa fase, risulterebbe azzardato ma è più di qualcuno a ricordare che, in passato, furono le Galeries Lafayette a ragionare su una possibile apertura in Italia, e in particolare a Venezia.
Di sicuro c’è che gli spazi del vecchio Fontego dei Tedeschi, un tempo sede dell’ufficio postale, difficilmente potranno ospitare qualcosa di diverso da un polo del lusso, anche per far fronte alle spese e alla richiesta di affitto della proprietà.
«La città dovrà fare di tutto per risolvere questa situazione, anche perché altrimenti quello rischia di diventare un buco nero, un luogo di degrado in pieno centro città». —