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Mafia in Veneto, sotto la lente finiscono 938 cantieri

In media in poco più del 6% dei casi vengono accertate situazioni di criticità o si ravvisa la necessità di ulteriori accertamenti. Fatto sta che le 938 richieste di avvio di istruttoria antimafia attivate in Veneto stanno facendo lavorare a pieno ritmo i gruppi interforze – composti da carabinieri, guardia di finanza e operatori della distrettuale antimafia – in servizio presso le Prefetture venete e impegnate a ispezionare i cantieri aperti grazie ai 13,78 miliardi di finanziamenti Pnrr che sono planati sul territorio.

I numeri sono contenuti nel recente Rapporto della Distrettuale Antimafia (Dia), l’organismo specializzato nel contrasto alle mafie e formato da operatori dalle diverse forse di polizia.

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«Questo dato ha anche un valore strategico perché ci dice quanto questa regione è frizzante dal punto di vista economico e quindi appetibile per le mafie», sottolinea Cosimo Mancini, proveniente dalla Polizia di Stato e da un anno a capo della distrettuale antimafia per l’intero Nordest.

Dietro le quinte dei cantieri

I cantieri vengono osservati sul campo per verificare quali siano realmente le imprese che, a prescindere dalle carte sempre perfettamente in ordine, realizzano l’opera o forniscono i servizi necessari, compresa la manodopera. Ad esempio, sapere a chi appartengono i camion che entrano nel cantiere può rappresentare un dettaglio che fa capire molte cose.

Ma il vero lavoro di setaccio avviene dietro le quinte osservando i flussi finanziari e le strutture societarie, in particolare delle società che offrono noli a caldo o distacco di manodopera.

I settori privilegiati – conferma il Rapporto della Dia – sono “soprattutto settori economici con lavorazioni a minor valore tecnologico quali demolizioni, movimento terra, noleggio di singole attrezzature e di macchine con operatore abilitato”.

Mafie come hub di servizi illegali

Più che “assalto” di mafie predatorie e conquistatrici quello che il rapporto della polizia antimafia ripropone, utilizzando le parole del procuratore antimafia Giovanni Melillo, è l’immagine di mafie come “giganteschi hub di servizi illegali alle imprese” in grado di offrire una “soluzione condivisa” – questa è l’espressione utilizzata nel Rapporto – grazie in particolare al dispositivo delle fatturazione false che permette il riciclaggio di denaro e l’evasione delle imposte.

L’economia criminale non si contrappone al mercato, ma ne conosce bene le regole e cerca di usarle ai propri fini” è il concetto espresso da Giovanni Melillo.

Esecuzione del contratto come fase più critica

Per quanto riguarda il Pnrr in Veneto, una buona metà dei finanziamenti si è già tradotta in cantieri aperti ed è proprio la fase dell’esecuzione del contratto in cui si possono registrare particolari criticità legate soprattutto agli importanti extraprofitti che si generano nella fase successiva all’aggiudicazione di un appalto, quando avviene, o dovrebbe avvenire, il controllo della qualità delle prestazioni o di completamento dei contratti.

In questa fase per altro si registrano gli episodi corruttivi più pulviscolari che riguardano proprio lo svolgimento dei lavori e i livelli bassi dell’amministrazione come il direttore dell’esecuzione del contratto. La corruzione strutturale, che riguarda amministratori, imprese e faccendieri, opera i suoi effetti a monte, nella fase delle trattative e di aggiudicazione dei lavori.

Se grazie all’istruttoria antimafia vengono verificati effettivi legami con l’operatività mafiosa la procedura può sfociare in un’interdittiva come nel caso della Sidem Costruzioni, impresa di 24 dipendenti di San Martino di Lupari che ricevette, nel marzo del 2022, un subappalto del valore di 490 mila euro dalla Setten Genesio per i cantieri di nuova pediatria a Padova, un progetto da 590 milioni di euro che attinge in parte ai finanziamenti del Pnrr

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