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Il Dialogo al Forum dello Schiller Institute Spezza i Blocchi

“Rifiutiamo l’idea che i rapporti tra le nazioni siano un gioco a somma zero, in cui se uno vince, l’altro perde” è stato l’appello con cui Helga Zepp-LaRouche ha dato il La alla conferenza di due giorni dello Schiller Institute, il 7-8 dicembre. “Siamo esseri umani e non animali selvatici! La via d’uscita da questa crisi esistenziale è in realtà molto semplice: dobbiamo convincere le nazioni dell’Occidente collettivo ad abbandonare la loro arroganza eurocentrica ed a cooperare invece con le nazioni del Sud globale, che sono l’85% della popolazione umana, nel dar vita ad un nuovo e giusto ordine economico mondiale, basato sui Cinque Principi della Coesistenza Pacifica e sulla Carta delle Nazioni Unite. Per fare ciò, dobbiamo abbandonare definitivamente tutti gli assiomi oligarchici del nostro pensiero e sostituirli con la filosofia della coincidentia oppositorum, la coincidenza tra gli opposti di Niccolò Cusano, che ci consente di pensare all’umanità come all’Uno superiore, che è di una potenza superiore ai Molti”.
Alla fondatrice dello SI ha fatto seguito Dmitri Trenin, membro del Consiglio di Politica Estera e di Difesa della Russia ed ex direttore del Carnegie Moscow Center. che si è detto concorde con le osservazioni di Zepp-LaRouche. Secondo Trenin, la deterrenza che “ha mantenuto fredda la guerra fredda” non funziona più e per questo “la seconda guerra fredda” è un termine improprio. A suo avviso, “la cosa più importante” oggi sarebbe che i leader statunitensi si rendessero conto “dei pericoli di un’eccessiva estensione imperiale” e mettessero gli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti al di sopra di quelli della “sicurezza egemonica del sistema globale da essi guidato”. Nonostante le enormi risorse impiegate per la guerra in Ucraina, ha sottolineato, “la Russia sta dando priorità allo sviluppo economico, tecnologico e intellettuale”. In questo, i leader russi hanno imparato la lezione dal passato sovietico, ha sottolineato, cosa che gli altri non dovrebbero ignorare.
Donald Ramotar, ex presidente della Guyana, ha accusato l’Occidente di cercare “fin dai primi anni ’90” di rendere la Russia debole e impotente: “Questa lotta ha creato una situazione spaventosa” e reso concreto il pericolo imminente di una guerra nucleare. Ha invitato l’Occidente a collaborare con i BRICS per porre fine alla povertà nel corso di una generazione.
Ján Čarnogurský, ex primo ministro della Slovacchia (1991-92), ha ricordato che oggi la maggioranza degli slovacchi non considera la Russia un nemico. Chi sostiene che, se l’Ucraina perdesse la guerra, la Russia “si sposterebbe più a ovest”, fa pura propaganda. L’esperienza della Presidenza Joe Biden insegna che, quando gli Stati Uniti “non sono governati da un presidente eletto, ma da una sorta di ‘Stato profondo’, è difficile avviare negoziati con tali élite”.
Per l’ambasciatore Chas W. Freeman Jr., ex sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti per gli affari di sicurezza internazionale, il recente comportamento di Washington “è costato agli Stati Uniti la loro autorità morale e ha messo gran parte del mondo contro di noi”. I trattati sul controllo degli armamenti scadono e non vengono rinnovati, e “ora non ci sono meccanismi funzionanti per fermare l’escalation tra belligeranti dotati di armi nucleari”. Di fronte a questo triste stato di cose, i diplomatici devono farsi avanti per risolvere i conflitti, a cominciare dall’Ucraina. Non c’è dubbio che la popolazione delle aree occupate dalla Russia accolga con favore la presenza russa, ma Mosca dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di indire referendum con supervisione internazionale nelle aree che ha occupato.
Il Prof. Zhang Weiwei, docente di Rapporti Internazionali presso la Fudan University, in Cina, ha constatato che l’ottimismo post-Guerra Fredda si è dissipato in Europa e ha fatto spazio a una visione del mondo “lose-lose”, in contrasto con il “win-win” dell’Asia (vedi sotto).
Scott Ritter, ex ispettore delle Nazioni Unite per le armi in Iraq, si trovava a Washington per un importante conferenza al National Press Club dal titolo “No Nuclear War”, ma si è assicurato di preparare un video per la conferenza dello Schiller Institute. La situazione odierna è più pericolosa della crisi missilistica di Cuba, ha affermato, perché il potere distruttivo e i vettori per scatenarlo sono di gran lunga superiori. “All’epoca, c’era una comunicazione diretta tra gli Stati Uniti e l’URSS, con un canale di ritorno praticabile e significativo. Oggi non c’è comunicazione”. Ritter ha sollecitato una de-escalation americana dall’Ucraina, ritirando gli ATACMS dal campo di battaglia.
Il colonnello Larry Wilkerson, ex capo dello staff del Segretario di Stato americano Colin Powell, ha condiviso il giudizio sulla “perfidia dell’impero” espresso da Freeman. Stiamo assistendo nel mondo a un colossale cambiamento per tornare alla centralità che l’Asia aveva tremila anni fa. Se l’America non cesserà di combattere questo inesorabile cambiamento ci porterà sulla soglia della distruzione. Un conflitto tra Cina e Stati Uniti su Taiwan sarebbe nucleare.
Hossein Mousavian, ex ambasciatore iraniano in Germania, ha delineato quattro possibili scenari che l’amministrazione Trump dovrà affrontare nei rapporti con Teheran. In tutti questi scenari, la scelta del nucleare pacifico è imprescindibile per l’Iran. Mousavian ha appoggiato iniziative di sviluppo come il “Piano Oasi” dello Schller Institute.
Un’ora di vivace dibattito ha fatto seguito agli interventi, consentendo ai relatori di sviluppare ulteriormente il loro pensiero e di dialogare tra loro e con i partecipanti. Nel prossimo numero daremo conto della seconda sessione, dedicata ai Grandi Progetti di cui il mondo ha bisogno, in particolare il Sud globale, per garantire lo sviluppo economico e sociale, e delle due sessioni di domenica 8 dicembre, dedicate ai volani scientifici dell’economia fisica e alla rinascita della bellezza delle culture del mondo.

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