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Quell’amore per la sua Fossalta: la terra natale, la gente, la storia

Le basse terre fra Livenza e Tagliamento per secoli hanno fatto parte della Patria del Friuli, per essere scorporate in epoca napoleonica e inglobate successivamente nella provincia di Venezia. Ciononostante, il contado intorno a Portogruaro ha continuato a mantenere caratteri linguistici di friulanità di cui rimane traccia ancor oggi. Uno dei personaggi che ha contribuito a mantenere viva la memoria storica e la lingua locale è stato un noto intellettuale cattolico, mons. Pietro Giacomo Nonis.

Nato nel 1927 in un’umile e laboriosa famiglia a Fossalta di Portogruaro, viene avviato presto agli studi nel Seminario di Pordenone e ordinato sacerdote nel 1950. Perfeziona gli studi universitari prima a Padova e poi all’Università Cattolica di Milano dove si laurea in Filosofia nel 1956. In seguito sarà prima docente di Filosofia morale alla Cattolica e poi direttore d’Istituto, preside di Facoltà e prorettore a Padova. Ricopre nel corso degli anni numerosi impegni pastorali nella sua diocesi di Concordia-Pordenone, viene nominato vescovo di Vicenza nel 1988 e caratterizza il suo episcopato con apertura e dialogo verso la società civile e le istituzioni, con interventi su vicende nazionali e internazionali, come la guerra in Irak in cui assume una posizione critica.

Dotato di vasta cultura, avvia la raccolta di opere d’arte e raccolte etnografiche che verranno a costituire il Museo diocesano di Pordenone. Nel decimo anniversario della sua morte, avvenuta a Vicenza il 14 luglio 21014, il Comune di Fossalta di Portogruaro e la Società Filologica Friulana hanno voluto ricordarlo con l’edizione del libro “Il prin amòur al si clama Fossalta”, curato da Andrea Battiston e Claudio Romanzin, che attesta il suo profondo legame con la sua terra natale, la sua storia e la sua gente, tanto che ai testi in italiano se ne alternano altri nella variante friulana del luogo.

Il titolo è tratto da una sua lunga poesia in cui vede Fossalta “cui ciavèi coma il furmint / e i ùi vers coma aga alta” (coi capelli come il grano / e gli occhi verdi e chiari come acqua profonda). Nei numerosi testi raccolti, Pietro Nonis richiama molti fatti storici con riferimenti personali, come quelli del settembre 1943, quando appena sedicenne e grazie alla tonaca nera da chierico era riuscito a rendersi utile in atti di solidarietà salvando prigionieri alleati e soldati italiani in fuga. In altri interventi, come quello corposo su “Fossalta e dintorni nelle Confessioni di Ippolito Nievo”, illustra con un’analisi approfondita di carattere sia storico che letterario il campionario umano con cui il romanzierenarra la vita rurale di quei luoghi, i personaggi delle varie classi sociali e le reazioni agli avvenimenti che scuotono quel periodo.

Il filo della sua memoria, in cui si susseguono vicende personali e comunitarie del suo paese, è percorso da una vena di malinconia, che pur tenendo conto delle difficoltà della vita materiale, sottolinea i valori che venivano dalla trasmissione della fede, il forte senso della pace e l’avversione per la guerra.

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