Libano, Israele si pronuncia sulla tregua. Altri raid a Beirut, l’Idf arriva fino al fiume Litani
Israele sta per mettere l’ultima parola sulla tregua con Hezbollah in Libano. Martedì pomeriggio alle quattro e mezzo Benjamin Netanyahu riunirà i suoi ministri nel quartier generale dell’esercito israeliano di Tel Aviv, in una riunione che si preannuncia molto lunga e alla fine della quale, si aspettano fonti diplomatiche statunitensi ed europee, sarà dichiarato un cessate il fuoco temporaneo di 60 giorni. Ma intanto il conflitto prosegue, in Libano come a Gaza. Martedì l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver raggiunto il fiume Litani con truppe via terra e anche l’area di Wadi Saluki. È la prima volta che l’Idf si spinge così a nord in Libano dal 2000, anno in cui si ritirò dalla zona meridionale del Paese.
Il fiume Litani si trova a circa 30 chilometri a nord del confine israeliano, è la linea marcata negli accordi di tregua oltre la quale Hezbollah deve ritirarsi. L’esercito israeliano ha affermato che le truppe hanno individuato decine di armi e siti della milizia sciita in entrambe le aree. In particolare nella zona di Wadi Saluki le truppe israeliane hanno fatto irruzione in diversi siti di Hezbollah, sequestrato centinaia di armi e trovato decine di bunker e di lanciarazzi innescati.
Lunedì Netanayahu ha comunicato agli Stati Uniti una disponibilità “in linea di massima” all’accordo, che prevede un cessate il fuoco temporaneo di 60 giorni e su cui restano però alcuni punti critici e molti dubbi sull’attuazione.
Nella notte tra lunedì e martedì l’aviazione israeliana ha bombardato per la terza notte consecutiva nella periferia di Dahieh a sud di Beirut. Nella mattina di martedì colonne di fumo nero si alzavano dai quartieri della roccaforte di Hezbollah nella capitale libanese. L’Idf ha affermato di aver colpito sei edifici. In precedenza aveva emesso ordini di evacuazione per alcune aree dei quartieri di Bourj el-Brajné e Tehouita el-Ghadir, molto vicini all’aeroporto internazionale di Beirut e dove ci sono almeno un supermercato, una pasticceria e alcune scuole, secondo L’Orient Le Jour. Israele ha comunicato di aver ucciso un alto comandante di Hezbollah nei raid di lunedì contro Tiro. Dall’altro lato del confine, un soldato dell’Idf è rimasto gravemente ferito in un attacco con drone lanciato da Hezbollah contro un’area del monte Hermon, martedì. In un altro conflitto circostanza, sempre stamattina, un riservista israeliano è stato gravemente ferito nel centro di Gaza.
Il ministro libanese Habib: “Fiducioso, vorremmo anche l’Italia negli accordi” – Il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib, in Italia per partecipare al G7 e ai Med Dialogues, si è detto “fiducioso” sulla possibilità di concretizzare un accordo con Israele. “Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco” ed “è molto importante che la Francia faccia da garante. Vorremmo anche l’Italia o la Spagna”, ha detto il capo della diplomazia di Beirut in una intervista al Corriere della Sera pubblicata martedì. “Sebbene l’Italia sia vicina a Israele, è comunque al fianco del Libano”, ha sottolineano Habib aggiungendo la “condanna delle aggressioni ai Caschi blu da qualunque parte provengano. Noi vogliamo l’accordo perché i libanesi vogliono la pace, il 90 per cento di loro la vuole”.
Tuttavia il ministro non nasconde che l’operazione resta a rischio: “Non si sa mai con Netanyahu. Basta guardare cosa è successo per Gaza. Ci sono stati molti sì e poi alla fine arrivava il no”. Soprattutto, Netanyahu non darà alla presente amministrazione americana il piacere della pace in Libano”, stima Habib, ma a Donald Trump, visto che la tregua prevede di essere implementata “entro i 60 giorni”.
Katz: “Israele non farà compromessi sulla sicurezza” – Da Israele, intanto il nuovo ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha sottolineato che Israele “non scenderà a compromessi” sulla sicurezza e non tollererà alcuna violazione del cessate il fuoco temporaneo da parte di Hezbollah. Incontrato l’inviata speciale dell’Onu per il Libano, Janine Hennis-Plasschaert, Katz ha ribadito che è responsabilità delle Nazioni Unite prevenire il contrabbando di armi verso Hezbollah da tutti i confini e impedire la creazione di nuove infrastrutture terroristiche: “Se non lo farete voi, lo faremo noi, e con grande forza”.
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