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Commissione Ue, dal ‘no’ dei Popolari spagnoli al voto sparso tra i Socialisti: la maggioranza Ursula nasce già divisa

La nuova Commissione Ue guidata ancora da Ursula von der Leyen ha di fronte a sé cinque anni in cui dovrà camminare in equilibrio sul sottilissimo confine che la separa dal rischio di bocciature in Parlamento. Il risultato del voto dell’Eurocamera che ha ufficialmente dato il via alla nuova squadra del Berlaymont non ha solo sancito la costituzione di una Commissione debole come mai nella storia dell’Unione europea, con appena 370 ‘sì’ a fronte di una maggioranza assoluta minima di 361. Ancor più preoccupante, ha dimostrato che anche all’interno dei partiti che hanno supportato la rielezione della leader tedesca e della sua squadra esistono e resistono divisioni interne che, sui singoli dossier, potrebbero anche mandarla sotto in Parlamento. Così, quello che il presidente del Ppe, Manfred Weber ha cercato di vendere come un allargamento del centro europeo ed europeista, con l’inclusione dei Verdi e di una parte dei Conservatori, non ha fatto altro che sgretolare ulteriormente le forze di maggioranza a Bruxelles.

Il Ppe deve ‘recuperare’ il fronte spagnolo
La situazione alla quale sembra più semplice porre rimedio è quella che riguarda il Partito Popolare Europeo. Anche la famiglia politica di cui fa parte la confermata presidente di Commissione conta quindi delle defezioni. A votare contro la nascita della nuova squadra di von der Leyen sono stati, tra gli altri, tutti i 22 deputati del Partido Popular. Una scelta annunciata, dopo la battaglia per impedire la nomina della commissaria all’Ambiente, Teresa Ribera, che ha tenuto l’Europa ostaggio di questioni legate esclusivamente al dibattito politico spagnolo e, allo stesso tempo, sancito una divisione interna alla principale famiglia politica europea. La frattura, però, potrebbe essere presto risanata. L’avversione dei Populares, come detto, non era per una nuova Commissione guidata dalla politica tedesca, ma esclusivamente per la presenza della candidata spagnola. Questo non impedirà loro di riunirsi al proprio gruppo per votare in Parlamento provvedimenti in linea con il credo politico del Ppe. L’unico dubbio riguarda, appunto, le questioni ambientali, sulle quali il PP potrebbe continuare a portare avanti la sua battaglia anti-Ribera. A coprire quei voti, nell’idea di von der Leyen, potrebbero intervenire i Verdi.

Socialisti a pezzi: l’asse franco-tedesco si tira indietro
Le defezioni più evidenti si contano invece nel gruppo socialista che ha votato in ordine sparso. Il ‘no’ annunciato era quello dei francesi, non disposti ad appoggiare una Commissione che ha deciso di dare una vicepresidenza esecutiva a un esponente dei Conservatori come Raffaele Fitto, mentre la contrarietà dei tedeschi, espressa più volte negli incontri del gruppo, fino a oggi non si era mai manifestata pubblicamente. In aula a Strasburgo, mercoledì, hanno invece deciso di astenersi, una mossa che equivale a un voto contrario dato che il ‘pacchetto Commissione’ viene eletto solo se si raggiunge la maggioranza assoluta dei presenti. Nelle formazioni socialiste di tutta Europa, poi, si sono contate anche altre defezioni sparse, come quelle che hanno coinvolto il Partito Democratico: mentre tutta la formazione si è schierata a sostegno della nuova Commissione, Cecilia Strada e Marco Tarquinio hanno deciso di esprimere un voto di coscienza e schierarsi dalla parte dei contrari.

Questa divisione interna è ben spiegata dall’intervento della capogruppo Iratxe Garcia Perez che, nel corso della sessione in aula, ha ricordato come l’ok di S&D non debba essere considerato un assegno in bianco e che i dubbi sulla composizione del nuovo team Ursula rimangono: “Qualcuno ha voluto minare il prestigio delle istituzioni europee e ha esposto l’Ue a una crisi di governabilità – ha detto in riferimento all’azione dei Popolari spagnoli – Per questo il sì della famiglia socialdemocratica oggi è un sì responsabile e costruttivo, un sì alla stabilità dell’Europa, ma non è un assegno in bianco. Abbiamo trovato un accordo tra le forze politiche e gli accordi vanno rispettati. È un dovere essere fedeli alla maggioranza europeista, non si può costruire l’Europa con chi la vuole distruggere”. Il riferimento è chiaramente all’apertura ai partiti del gruppo dei Conservatori, Fratelli d’Italia in testa. Un riferimento esplicitato poco dopo: “Le forze europee che hanno costruito l’Unione sin dalla sua fondazione hanno un accordo. E gli accordi devono essere rispettati. Abbandonate il vostro insabbiamento dell’estrema destra. Non accetteremo un doppio gioco, perché è immorale costruire l’Europa con coloro che promuovono un’agenda di soppressione dei diritti conquistati, negano il cambiamento climatico e invertono le politiche di uguaglianza, ambiente e giustizia sociale. Perché è impossibile costruire l’Europa con coloro che rifiutano il processo di integrazione e vogliono ridurlo a un semplice mercato interno, senza politiche comuni di coesione, agricoltura o migrazione e senza progressi verso una politica estera e di difesa”.

Verdi e Conservatori, i supporter ‘a chiamata’
Con i liberali di Renew che hanno votato compattamente a favore della nuova Commissione, ma con una maggioranza che rimane comunque risicata, l’incognita di von der Leyen riguarda le garanzie di sostegno da parte di altri partiti estranei al blocco centrista. Così, se da una parte la capa del Berlaymont potrà affidarsi ai Verdi per ottenere voti sui dossier ambientali, sempre che non si facciano passi indietro sul Green Deal, del sostegno all’Ucraina e delle politiche sociali, dall’altra potrà contare su Fratelli d’Italia per, ad esempio, sviluppare il nuovo programma in materia di Difesa. Si tratterà di un delicato gioco di equilibri che costerà alla nuova Commissione un enorme sforzo diplomatico e calcoli più accurati possibile. Il rischio, altrimenti, è quello di collezionare bocciature in Parlamento che paralizzerebbero l’Unione europea in uno dei momenti più delicati della sua storia.

X: @GianniRosini

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