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Morte dell’agente Sissy, ex detenuta condannata a 4 anni per calunnia

Chadlia Loudati ha raccontato il falso quando nel 2020, allora detenuta al carcere femminile di Venezia, raccontò alla comandante penitenziaria che l’agente Maria Teresa Trovato Mazza sarebbe stata uccisa da un’altra agente penitenziaria che si era confidata con lei, facendone nome e cognome.

Così ha deciso il giudice Marco Bertolo, accogliendo in pieno la richiesta della pubblico ministro Elisabetta Spigarelli, ha condannato a 4 anni l’imputata per l’accusa di calunnia.

Avrebbe accusato l’agente sapendo di mentire, sapendola del tutto innocente. L’avvocato difensore Mauro Serpico già annuncia ricorso in appello: «Non c’è prova soggettiva: il reato di calunnia», ha sostenuto nella sua arringa, «può configurarsi solo se si accusa un soggetto nella piena consapevolezza è assolutamente innocente. Qui lei si era convinta che non lo fosse».

Ma il Tribunale ha deciso altrimenti.

Ad assistere al processo il padre dell’agente Trovato Mazza, Sissy per tutti, trovata agonizzante in un ascensore dell’ospedale civile – ferita da un colpo di pistola alla nuca – e morta nel gennaio del 2019.

È venuto dalla Calabria insieme al genero perché - dice - «dopo tanti anni non abbiamo ancora ottenuto giustizia».

Mette in fila le cose che non tornano alla famiglia, convinta che Sissy sia stata uccisa: «Perché il suo telefono è rimasto in carcere ed è stato sequestrato solo due anni dopo? Perché è stata mandata da sola ad accompagnare una detenuta in ospedale e i suoi due colleghi sono rimasti in barca? Perché la direzione non è intervenuta, se si sapeva che aveva subito aggressioni da parte di colleghe – a un’amica ha mostrato i lividi – perché voleva raccontare di quello che accadeva dentro le mura del carcere, dei rapporti tra detenute ed agenti?». L’uomo indossa una maglia con il volto sorridente della figlia.

Per la Procura non c’è dubbio che Sissy si sia uccisa in un periodo di depressione e per tre volte la stessa pm Spigarelli ha chiesto l’archiviazione del caso: ma tre diversi giudici hanno accolto il ricorso della famiglia e disposto nuove indagini. L’ultima sul cellulare di Sissy: verifiche di fatto bloccate dalla mancata risposta dall’Irlanda, dove si trovano i server che contengono i dati.

Intanto ieri si è chiuso il primo grado: l’agente A. accusata da Loudati non ha alcuna parte nella morte della collega. «È stata provata la calunnia: molti testi diversi e dagli interessi contrastanti hanno detto che la detenuta aveva detto cose non vere», ha detto la pm durante, «A. è descritta come un’ottima agente, pacata, che anzi era mandata a calmare la Laudati che invece in carcere aveva comportamenti da diva, spaccava tutto, urlava». —

r.d.r.

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