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Dopo Baku, un altro bel fallimento globale alla conferenza sulla plastica. E ora?

Probabilmente, conoscete anche voi qualche fumatore incallito che non ce la fa a smettere di fumare, nonostante sappia benissimo che non gli fa bene. Qualcosa di simile succede a livello globale con il tentativo di limitare la produzione di sostanze dannose per la salute. E’ successo recentemente con la COP29 di Baku sulla riduzione delle emissioni di CO2. Pochi giorni fa, abbiamo visto un altro bel fallimento globale: quello della conferenza delle Nazioni Unite di Busan, in Corea, sul trattato sulle limitazioni alla produzione di plastica. Insomma, siamo degli incalliti consumatori di combustibili fossili e dei loro derivati fra i quali, appunto, la plastica. Non ce la facciamo proprio a smettere.

Tuttavia, mentre di clima si è parlato tanto, l’inquinamento da plastica è un argomento che rimane poco noto. Eppure, potrebbe rivelarsi non meno importante in termini dei danni che può fare alla nostra salute. In sostanza, la plastica NON è una sostanza inerte. Si decompone lentamente in micropezzetti che finiscono anche nel nostro corpo: li respiriamo, li mangiamo, li beviamo. Pare che lo 0.5% della massa del nostro cervello sia ormai formato da particelle di microplastiche. Non si sa che effetto abbiano, ma è difficile pensare che sia buono.

Inoltre, la plastica libera le sostanze che erano state usate per produrla. Sono decine di migliaia, e si sa qualcosa sui loro effetti sulla salute solo per una minoranza di loro. Non si sa praticamente nulla sui loro effetti combinati. Negli ultimi tempi abbiamo identificato alcune di queste sostanze che sono particolarmente dannose: fra questi gli ftalati, il bisfenolo A (BPA), e i “PFAS” (dei PFAS avevo già parlato in un post precedente). E’ tutta robaccia che fa male: fra le tante cose, causano diabete, infiammazione, ipertensione, danni al fegato, problemi ormonali, problemi cardiaci, problemi neurologici, e riducono le capacità cognitive. Inoltre, abbassano il testosterone e riducono il desiderio sessuale; cosa che potrebbe spiegare perlomeno in parte il crollo della fertilità umana in tutto il mondo.

Tutte queste cose sono note da un pezzo, lo potete leggere, per esempio, nel recente rapporto “PlastChem” del marzo 2024. Eppure non si riesce a fare qualcosa per ridurre i danni. Alla conferenza di Busan, i delegati erano divisi in due fazioni. Una proponeva di mettere qualche timido limite alla produzione, per esempio una piccola sovrattassa da utilizzare poi per incrementare il riciclo. L’altra fazione, invece, proprio non ne voleva sapere e voleva limitare il trattato al solo riciclo della plastiche, cosa che non risolve il problema perché la plastica non si può riciclare all’infinito. Come vi potevate immaginare, la fazione contraria ai limiti era formata dai paesi produttori di petrolio, la la materia prima usata per fare la plastica, Russia, Iran, Arabia Saudita e altri. In sostanza, hanno vinto loro. Almeno per ora.

Viene da domandarsi cosa passava per la testa dei delegati che si sono impegnati ad affossare il trattato. Non respirano anche loro la stessa aria di tutti quanti noi? Non bevono la stessa acqua e mangiano lo stesso cibo? Non gliene importa niente della loro salute e di quella dei loro figli? Forse sono degli alieni da un altro pianeta? O, forse, è il magico potere del denaro: pur di non perdere i loro profitti questi qui sono perfettamente contenti di fare danni a tutti, incluso a se stessi e ai loro discendenti.

E adesso? Beh, le trattative ricominciano l’anno prossimo. Chissà che non si riesca ad ottenere qualcosa se, per caso, i negoziatori maschi si renderanno conto delle conseguenze per loro di un bel calo del testosterone causato dall’inquinamento da plastica. Nel frattempo, a noi non resta che cercare di di usare meno plastica possibile.

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