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Il piano da 60 milioni per Palazzo Carciotti a Trieste: così Generali torna a casa

Hub di innovazione e parte residenziale. Interni riportati all’oro dell’Austria Felix ed esterni trasformati in una promenade senza tempo. Aldo Mazzocco, amministratore delegato e direttore generale di Generali Real Estate, disegna il futuro di Palazzo Carciotti, tornato al Leone due secoli dopo il primo ruggito: un investimento stimato sui 60 milioni e un cantiere da non meno di 30 mesi ridaranno vita alla prima sede del gruppo, concentrando in 14 mila metri quadrati il 20% del valore del loro patrimonio in città. Generali riconferma il legame con Trieste e le sue Rive, guarda al resto del waterfront e dice: «Esamineremo la possibilità di contribuire al progetto del Porto Vecchio».

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Meno di un anno fa il Leone avanzava una proposta per Palazzo Carciotti da 6,5 milioni. L’offerta vincente è stata di 13,2 milioni, il doppio.

«Abbiamo sempre avuto l’intenzione di tornare al Carciotti. Lì sono nate le Generali e il gruppo aveva il progetto di realizzare un innovation hub sulle Rive triestine, che riteniamo tra i più bei waterfront al mondo. L’offerta iniziale segnalava la necessità degli importanti lavori di ristrutturazione che richiederà l’edificio, ma a un certo punto abbiamo capito che c’erano altri concorrenti interessati. L’asta era a rialzo, senza possibilità di rilancio. Andava centrata l’offerta».

Il business plan è cambiato?

«Il Carciotti andava acquistato con una ratio che avesse i ritorni economici di un investimento. Non siamo imprenditori, ma investitori. L’idea iniziale era di realizzare un albergo nella parte posteriore del palazzo, considerato il trend turistico di Trieste, che ritengo rimarrà crescente per i prossimi anni. Poi, considerando gli sviluppi, ne abbiamo immaginato uno con una parte residenziale. E calcolato l’offerta che potesse risultare migliore».

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Il Carciotti si estende per 14 mila metri quadrati: come organizzerete questi spazi?

«I quattromila metri quadrati della parte monumentale ospiteranno un innovation hub per progetti di respiro internazionale, più uffici per il gruppo. Il retro dell’edificio verrà frazionato in appartamenti, considerata l’elevata richiesta di residenze in centro, in particolare da parte di stranieri».

L’intervento si estenderà anche sull’esterno, valorizzando quel lato del Canale?

«Immaginiamo una promenade lungo il Canale, dove ci piacerebbe insediare attività di aggregazione e socialità. Aperte al pubblico e in stile Generali. Non una nuova via della movida, bensì una passeggiata in cui tornare a respirare l’anima autentica di Trieste, quella di Svevo e Joyce».

In che condizioni versano gli interni del palazzo?

«In condizioni degradate, almeno superficialmente. Non abbiamo avuto modo di effettuare sopralluoghi approfonditi, ma ci auguriamo che sotto intonaci e affreschi ammalorati non ci siano criticità più serie. Nei restauri tuttavia non si può prevedere in anticipo cosa verrà fuori. Noi ci metteremo l’esperienza di Generali».

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In che modalità verrà condotto il restauro?

«Lo standard di riferimento è l’intervento che abbiamo effettuato sulle Procuratie Vecchie di piazza San Marco: esistono le Procuratie prima della ristrutturazione a firma di David Chipperfield e quelle dopo, senza contaminazioni tra i due momenti. Altri esempi sono i restauri che abbiamo completato su Palazzo Bonaparte a Roma, sul Cordusio a Milano e in altre città d’Europa».

Per il Carciotti si tratterà di un intervento altrettanto conservativo?

«La parte monumentale del Carciotti è il simbolo iconico del periodo d’oro della Trieste di Maria Teresa, quando la città fu disegnata come porto dell’Impero. Ancor oggi è chiaro l’imprinting dell’Austria Felix. L’idea è riportare l’edificio a quel periodo nella sua forma più autentica, ma con uno sguardo verso il futuro».

In passato era circolata una prima stima dell’impegno economico per il restauro: 60 milioni. Prevedete di rimanere su queste cifre?

«Al momento non abbiamo budget approvati. L’ordine di grandezza sarà quello».

Chi firmerà il progetto?

«L’innovation hub sarà progettato da Carlo Ratti, architetto italiano e docente al Mit di Boston (recentemente nominato curatore della Biennale di architettura 2025, ndr). Per la parte residenziale non abbiamo ancora una scelta».

Quanto tempo servirà?

«Nella prima fase molto dipenderà dai tempi dell’amministrazione, che ha però dimostrato molto interesse perché il palazzo venga riaperto al pubblico. Possiamo quindi stimare un anno per la progettazione e le autorizzazioni. Il cantiere, trattandosi di un restauro, e non di un intervento sui volumi, dovrebbe durare non meno di 30 mesi. In tutto possiamo stimare tre anni e mezzo».

Nel 2031 Generali compirà 200 anni: data invalicabile?

«Li festeggeremo dentro a Palazzo Carciotti. Non sono tante le aziende che raggiungono questo traguardo».

A Trieste le Assicurazioni dispongono di un vasto patrimonio immobiliare, uffici di diverse sedi del Gruppo. Pensate di riorganizzarvi?

«A Trieste seguiamo gli stessi criteri che in tutte le capitali europee, dove siamo presenti con oltre duemila immobili e 30-35 cantieri l’anno, per mantenerli in perfetto ordine, allineati al mercato e sostenibili. La tendenza è quella di aggiornare dove possibile edifici come Palazzo Berlam o Palazzo Stock, di cui stiamo per ultimare la ristrutturazione. E, gradualmente, vendere gli immobili che riteniamo abbiano esaurito la loro vita utile».

Il trasferimento delle direzioni di Generali a Mogliano Veneto sembrava aver indebolito il legame con Trieste: l’acquisto della prima sede è un ritorno alle origini o la premessa a un nuovo corso?

«Generali non ha mai voluto lasciare Trieste, dove abbiamo 18 palazzi. L’acquisto del Carciotti costituisce il 5% del nostro patrimonio in città, se ci aggiungiamo i lavori diventa circa il 20%. Trieste è la città dove siamo nati, dove siamo e dove vogliamo restare».

Berlam, Geiringer, Carciotti: sul waterfront Generali manca solo il palazzo verde di corso Cavour 1, tra gli immobili che la Regione metterà all’asta. Il Leone avanzerà un’offerta?

«Presto per dirlo. Adesso siamo concentrati sul Carciotti».

Come valuta il project financing di Costim per la riqualificazione del Porto Vecchio?

«È un grande progetto di riqualificazione urbana. Per portata, necessiterà di una base robusta e capace di attraversare più di un ciclo immobiliare».

Il Leone approderà in Porto Vecchio?

«Esamineremo la possibilità di contribuire, non di guidare, investendo nel progetto quando avremo chiara visione di struttura finanziaria e governance. Il progetto è nel posto giusto. I magazzini del Porto Vecchio hanno un’indiscutibile allure storica e architettonica». —

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