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Il segretario generale della Nato Rutte dice che verso Russia e Cina bisogna avere una ‘mentalità di guerra’

Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, assicura di non voler “spaventare” nessuno, ma ritiene necessario lanciare un avvertimento. Di fronte alla crescente disparità tra le risorse attualmente disponibili e quelle necessarie per la difesa, unita alla rapidità con cui Russia e Cina potenziano i loro arsenali, Rutte si è rivolto direttamente ai cittadini europei per sensibilizzarli sulla situazione.europei.

«Tra 4-5 anni la nostra capacità di deterrenza sarà indebolita a tal punto che i russi potrebbero iniziare a pensare di attaccarci», spiega. Servono molte cose. Soldati negli eserciti, nuovi mezzi militari, maggiore innovazione. Ma soprattutto consapevolezza. A costo di rinunciare ad una piccola parte della spesa sociale – sì, anche «pensioni» o «sanità» – pur di mettere in sicurezza i nostri confini. «E non perché ce lo chiede Donald Trump».

«Ãê vero, abbiamo aumentato la nostra spesa in difesa negli ultimi anni», argomenta con un selezionato gruppo di testate dopo un discorso di ampio respiro ospitato dal Carnegie Europe di Bruxelles. «Ma è ancora molto meno che nella Guerra Fredda, e i rischi per noi sono ormai come allora se non maggiori. Con quell’approccio abbiamo vinto. Ebbene, dobbiamo nuovamente adottare una mentalità di guerra».

Con un bilancio adeguato. «L’Europa rappresenta il 10% della popolazione mondiale ma ha il 50% della quota di welfare». Insomma, le priorità vanno magari un pochino riviste. «La buona notizia è che non si tratta di scegliere tra i tank e gli ospedali, possiamo fare entrambi», rassicura.

«Però io vedo i rischi ed è mio compito allertare i nostri cittadini: sono loro che devono legittimare le scelte della politica e se decidiamo di non agire ora, che almeno sia una scelta consapevole». Tra le righe: nessuno si lamenti poi se, magari tra 8 anni, i russi busseranno alle nostre porte nel disinteresse degli americani.

L’Ucraina insegna. Dal 2022 ad oggi le vittime, tra morti e feriti, «sono un milione». La Cina ci osserva. «Credetemi, conosco Xi Jinping, se vedrà che Vladimir Putin prevarrà in tutto questo prenderà nota e potrà tentare qualcosa in Asia», nota ancora.

Chi aveva ancora dei dubbi, vista la collaborazione tra Russia, Iran, Nord Corea e appunto Cina, ormai non dovrebbe averne più: il conflitto ha ramificazioni globali. Quindi gli europei non possono pensare di «stare in poltrona a fumare sigari lasciando pagare il conto agli americani».

Questo significa mettere gli scarponi sul terreno in Ucraina, in un modo o nell’altro? Oppure trovare un modo per mettere fine al conflitto in modo appunto onorevole? «Ovviamente ne stiamo parlando», confessa Rutte, che però non vuole sbottonarsi sul tema dei peacekeeper.

«Se fossi Putin sarei molto contento, prenderei appunti, sapendo che mi posso tenere questo o quel pezzo di Ucraina», spiega. «Ecco perché dico agli alleati di essere molto attenti: alla fine dobbiamo mettere Kiev nella posizione più forte possibile perché possa condurre i negoziati quando lo ritiene opportuno». Purtroppo, però, al momento il fronte si sta spostando «dalla parte sbagliata».

E quindi si torna da capo. Agli europei tocca «svegliarsi». Le scelte sono nazionali – sul capitolo soldati «ogni capitale deciderà come fare» ma è chiaro che servono più fanti, mentre invece aviazione e marina reggono – ma poi è il risultato finale che conta. Cruciale sarà però spendere «meglio e insieme, con appalti congiunti», altrimenti si dovrà andare al «4% del Pil» per rispettare i target sulle capacità al momento in via di perfezionamento alla Nato. Rutte, però, ne ha anche per l’industria bellica. «La smettano di lamentarsi e chiedere contratti decennali», sbotta. «I soldi ci sono e aumenteranno, lo sanno. Che producano di più aumentando le linee e i turni».

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