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Valditara: “Chi rompe, paga”. Il ministero sarà parte civile contro i vandali delle occupazioni

«Chi rovina una scuola deve pagare per rimetterla in sesto, non devono più pagare i cittadini». Così il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha annunciato che il ministero intende costituirsi parte civile nei processi penali contro i responsabili dei danneggiamenti avvenuti durante le occupazioni studentesche.

Valditara: “Atti di mero teppismo, nulla hanno a che vedere con l’esprimere dissenso”

Valditara ha citato alcuni degli episodio più gravi che si sono registrati negli ultimi tempi: al liceo Gullace di Roma, i danni sono stimati in due milioni di euro; al Virgilio, sempre nella Capitale, si parla di almeno 60.000 euro; non va meglio a Pisa, dove gli istituti Pacinotti e Da Vinci sono stati devastati. «Siamo davanti ad atti di mero teppismo, che nulla hanno a che vedere con la libera espressione delle opinioni e del dissenso», ha commentato il ministro, sottolineando come questi episodi compromettano il diritto degli studenti di accedere a un ambiente scolastico adeguato.

Rampelli: “Tempo di risarcimenti per i danni da occupazione”

A sostenere la linea dura anche Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera ed esponente di Fratelli d’Italia. «Le occupazioni studentesche sono uno strumento improprio, diversamente dalle autogestioni, per puntare i riflettori sulle necessità e i bisogni degli studenti italiani — dichiara in un comunicato — tale strumento in nessun caso può considerarsi un lasciapassare che autorizzi scempi e vandalismi».

«La conta dei danni dall’ultima tornata di occupazioni ha raggiunto solo a Roma la cifra record», ripete e spiega che «manifestare il proprio dissenso non significa procurare nocumento all’intera comunità scolastica di cui si fa parte».

La linea dura del ministero, avallata dai presidi

Il ministero non si limiterà alla condanna morale. La richiesta di costituirsi parte civile rappresenta un passo deciso verso una responsabilizzazione degli autori di questi gesti: «Chi rompe paga» diventa non solo un principio morale, ma una guida d’azione. Il messaggio è chiaro: i contribuenti non devono farsi carico delle conseguenze di azioni irresponsabili.

L’iniziativa annuncia dal ministro è stata accolta molto positivamente dal sindacato dei presidi DirigentiScuola. «Andare a scuola è un diritto di tutti e chi lo impedisce deve essere chiamato a risponderne», ha commentato il sindacato che, oltre al risarcimento dei danni materiali, ha invocato anche una riparazione per quelli non patrimoniali. L’immagine delle istituzioni scolastiche, hanno avvertito i presidi, viene lesa ogni volta che un’aula diventa teatro di vandalismi.

Il peso delle occupazioni: costi e responsabilità

La nota del sindacato porta alla luce un aspetto spesso ignorato: l’impatto economico di ogni giornata di scuola interrotta. «Stimando in almeno una quindicina di euro il costo giornaliero pro-capite per ogni studente, tirare le somme è cosa semplice», si legge nel comunicato. Per un istituto con un migliaio di studenti, ogni giorno di blocco costa migliaia di euro. Non si tratta solo di aule danneggiate o arredi distrutti, ma anche di un’interruzione di pubblico servizio che rappresenta un reato penale.

Ecco allora che la richiesta del risarcimento si estende oltre la dimensione economica. È una questione di principio, di equità e di rispetto per le istituzioni. «L’attività politica a scuola non va criminalizzata, ma gli atti di teppismo non rientrano nell’attività politica. Quindi chi rovina una scuola deve pagare, perché non è giusto che paghino i cittadini», le parole di Paola Frassinetti, sottosegretario all’Istruzione e al Merito.

La scuola non è più disposta a tollerare che episodi come quelli degli ultimi mesi passino inosservati o, peggio, impuniti, dice l’azzurro Maurizio Gaparri. La richiesta di responsabilità diventa una lezione per chi crede che esprimere dissenso significhi poter agire senza conseguenze.

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