Chimirri: “Orgoglioso del nostro vivaio. il CT Palermo ci riproverà”
Dopo la terza finale consecutiva persa contro l’AT Verona, il CT Palermo chiude comunque una stagione straordinaria, arricchita dal valore del proprio vivaio e da un percorso che conferma continuità e qualità del lavoro svolto negli anni. Con Alessandro Chimirri, capitano della formazione palermitana, abbiamo ripercorso la finale, il cammino della squadra e le prospettive future.
Complimenti innanzitutto. Che sensazioni lascia questa finale persa, nonostante la stagione straordinaria?
ALESSANDRO CHIMIRRI: Comunque non mi dispiace il fatto che non siamo riusciti a cogliere il risultato. Devo essere fiero e orgoglioso: abbiamo schierato tre giocatrici di vivaio più altre tre in panchina. Nello spirito della competizione, riuscire a mettere in campo sei ragazze cresciute davvero dentro il circolo è tanta roba.
È forse la cosa più bella: uscite sconfitte, ma siete comunque la seconda miglior squadra d’Italia.
ALESSANDRO CHIMIRRI: Sì. E con una base come la nostra il risultato c’è. Però non vincerlo fa rabbia, vista proprio la vostra struttura.
In cosa pensate di differenziarvi rispetto alle altre?
ALESSANDRO CHIMIRRI: Rispetto a quasi tutte le squadre che partecipano al campionato, noi abbiamo un vivaio che non è riscontrabile da nessun’altra parte. Nelle altre ci sono uno o due elementi, noi siamo nella condizione di poterne schierare tre, quattro, tutti di ottimo livello. È sempre mancato qualche dettaglio, ma il fatto di aver disputato tre finali consecutive testimonia la qualità del lavoro che il circolo ha fatto negli ultimi dieci anni.
Qual è la prima cosa che dice alle sue giocatrici dopo una terza finale persa, e la terza sconfitta consecutiva contro Verona?
ALESSANDRO CHIMIRRI: Oggi saranno deluse, come tutti noi, e dispiaciute. Però, come capitano e insieme alla dirigenza, siamo estremamente orgogliosi. Loro, da sportive vere, nell’arco di qualche giorno si rimetteranno in sella: devono affrontare la preparazione invernale e un’altra stagione molto impegnativa, perché giocano tornei tutto l’anno. La delusione passerà. Spero che il circolo voglia riprovare ad allestire una squadra di livello: sarebbe un peccato non sfruttare questa base di giocatrici per costruire una formazione sempre competitiva.
Cosa vi è mancato nelle ultime tre edizioni? Solo un po’ di fortuna?
ALESSANDRO CHIMIRRI: Anche la fortuna ha inciso: alcune partite non sono girate bene. Oggi, francamente, Verona ha meritato: hanno disputato tre match di altissimo livello. È stata un’annata faticosa perché nella prima parte del campionato non avevamo sempre le giocatrici disponibili. Ci siamo qualificati all’ultima giornata e in semifinale contro Cagliari abbiamo sofferto molto. Probabilmente questo percorso più complicato è costato qualcosa in termini di energie e risorse mentali. Ma arrivare in finale, superando così tante difficoltà, conferma che la squadra ha tantissima qualità.
Il prossimo anno ci riproverete?
ALESSANDRO CHIMIRRI: Sicuramente sì. Ci riproviamo.
Cosa cambierebbe della competizione? Molte squadre lamentano la poca visibilità e la durata eccessiva del campionato.
ALESSANDRO CHIMIRRI: I circoli come il nostro, che investono molto sia economicamente sia a livello di staff, lo fanno soprattutto per un ritorno d’immagine. È uno sforzo enorme: allestire una squadra così non è semplice. E in due mesi di competizione è difficile avere sempre disponibili le giocatrici, sia italiane sia straniere. Una durata un po’ più ridotta consentirebbe a tutti di avere più continuità nelle formazioni. È un problema comune: non sempre, ogni domenica, si riescono a schierare le migliori, e questo cambia molto l’andamento delle giornate.
Vive in modo diverso il ruolo di capitano rispetto al seguire un singolarista? Cosa cerca di trasmettere?
ALESSANDRO CHIMIRRI: Sì, è diverso. Abbiamo la fortuna di seguire ragazze che abbiamo visto crescere e diventare tenniste. Questo crea un coinvolgimento emotivo molto più alto rispetto a una squadra “normale”. La squadra, per noi, è un valore aggiunto. L’attività individuale resta importante, ma nella squadra un po’ di distacco razionale viene meno: tutti, dirigenti e ragazze, vivono l’evento in modo diverso.