Gli 11 Comitati rionali di Trieste si mettono in rete: «Ma non saremo un partito»
TRIESTE Il manifesto nei toni dell’arancione riscrive una contronarrativa degli ultimi tre anni di amministrazione di centrodestra, attraverso le voci dei cittadini lasciati ai margini delle periferie decisionali: tre anni di assemblee rionali contro la demolizione dell’ex Pavan, partecipate manifestazioni in difesa dei consultori familiari, raccolte di centinaia di firme per ripensare al giardino di San Michele, presto scartate tra una delibera sul bilancio e l’arrivo di un’altra crociera.
Il tentativo di farsi ascoltare e proporre «un’idea diversa di città» c’è stato come anche i numeri ma – in assenza di un dialogo partecipato dalle istituzioni – i comitati cittadini ora si mettono in rete e si presentano alla città con un evento aperto per «accogliere suggerimenti, adesioni, proposte» e così «dare voce a quanti non vedono accolte le proprie istanze dalla politica». L’appuntamento è per domani, dalle 9 alle 13 in largo Barriera: all’interno de “La città che vogliamo” – questo il titolo dell’iniziativa – si contano in tutto 11 comitati, nati spontaneamente nei rioni, rimpolpati dal sostegno di partiti e associazioni di cui condividono battaglie «ambientali» e «sociali», tra la durissima opposizione al progetto cabinovia e la contrarietà allo spostamento del Burlo.
«Non vogliamo più subire passivamente scelte calate dall’alto», affermano dal coordinamento della rete, la cui struttura rimane comunque «orizzontale» e «paritaria». In antitesi, dunque, rispetto a una «classe dirigente i cui interessi sono sempre più distanti dalle reali necessità dei rioni e di chi li abita», dice Maria Sanchez Puyade del Comitato Qualità della via: lo dimostrano le tante petizioni cittadine «rimaste inascoltate», come quella che da anni chiede una via San Michele a senso unico.
Il programma dell’incontro progressista prevede un momento di confronto per «raccogliere suggerimenti e istanze dei cittadini», una parte di formazione sui processi partecipativi in ambito urbanistico con Vid Tratnik (esperto in materia, alle 10.30 parlerà di processi partecipativi su modello della Slovenia) e un laboratorio per bambini in cui disegnare la «città che vorrebbero».
Un approccio di respiro europeo e zero istituzionale, che punta a una «partecipazione attiva ai processi decisionali, di gestione e cura dei nostri rioni», come San Giacomo o la Maddalena «soffocati dal cemento» e a cui «serve una piazza verde pubblica per tornare a respirare», dice Serena Rosso del Comitato Maddalena vive.
Il tono è politico ma i comitati assicurano che non diventeranno una lista civica in sostegno al centrosinistra alle prossime amministrative, anzi escludono legami con partiti politici (Invitate anche le istituzioni? «Questa è solo per i cittadini», ripete Federico Zadnich, per anni legato ad Adesso Trieste e ieri portavoce dell’iniziativa). Eppure l’agenda ecosociale e i principi di democrazia diretta strizzano l’occhio alle esperienze seminali dell’associazione Tryeste e il progetto Trieste Secolo Quarto, da cui mosse i primi passi proprio Adesso Trieste, prima del salto di qualità alle ultime elezioni.
Anche i nomi associati all’iniziativa sono popolari e non politici, ma i volti ricorrono tra banchetti e proteste di piazza: alla conferenza stampa ci sono Paolo Radivo, sentinella della pineta di Cattinara e del suo complicato cantiere (solo su queste lotte sono nati due comitati e 10 mila firme raccolte) e Maria Grazia Cogliati Dezza, psichiatra basagliana e instancabile difensora di una sanità pubblica e di prossimità.
Anni di «decisioni calate dall’alto» e «senza ascoltare le voci dei cittadini e delle cittadine» hanno messo insieme militanti d’annata – alla guida del Comitato Campo libero San Giacomo c’è Gianluca Paciucci, tesserato di Rifondazione comunista e oggi strenuo difensore dell’ex Pavan – e nuovi attivismi di ispirazione progressista. È il caso, suo modo mediatico, del Comitato per i Consultori familiari, nato dal protagonismo di storiche femministe ed ex dipendenti di Asugi che da un anno esatto lottano contro il dimezzamento dei presidi consultoriali, forti di un’inedita alleanza con le più giovani e radicali transfemministe di Non una di meno