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Paolo De Carli, una vita a volare verso il sette.  «Fantastica la scalata dell’Union Ripa»

Ha chiuso senza incassare gol nell’ultima partita della carriera e forse per un portiere non c’è orgoglio più grande. Tuttavia i sorrisi di Paolo De Carli non si limitano all’epilogo da far battere il cuore, di fronte e accanto agli amici di sempre. Il petto può gonfiarsi di soddisfazione, al termine di un percorso calcistico con svariati momenti indimenticabili, qualche inevitabile delusione e la consapevolezza di aver dato tutto. Con lui a guardia dei pali, l’Union Ripa si è arrampicata sino in serie D, sfiorando pure i playoff da neopromossa, nell’anno in cui solo pochi mesi prima il destino sembrava già orientato a un mesto passo indietro. Seppur per un periodo limitato, ha indossato la maglia del Bassano in Promozione e i colori giallorossi banali non possono esserlo per tutte le storie che racconta il “Mercante”.

Infine ha permesso al Limana Cavarzano di raggiungere l’Eccellenza, subendo appena sei reti in un campionato da meraviglie continue. L’addio lo ha dato con il Pedavena, nell’unica categoria dilettantistica che gli mancava all’appello: la Seconda. Famiglia e lavoro ora richiedono un cambio di abitudini, almeno per un po’. Ma con il calcio non ha chiuso...

Maglia numero 1 appesa al chiodo.

«Al ritiro pensavo da quando sono diventato papà, dunque qualche anno. D’altronde, i piccoli necessitano di attenzione, anche se sinora aveva prevalso la passione per il pallone. Ho tenuto duro un po’, tuttavia era ormai complesso conciliare gli impegni».

C’erano tanti tuoi amici, lo scorso primo maggio. Era la tua giornata.

«Meglio di così non poteva andare. 3-0 nel derby contro la forte Juventina Mugnai, porta inviolata e un contesto meraviglioso. A questo proposito, dovrei ringraziare tante persone, ma spendo volentieri una parola soprattutto per Marco Andrighetti, al quale mi lega un duraturo rapporto d’amicizia. Ha organizzato tutto lui, invitando sugli spalti ex compagni di squadra soprattutto dei tempi dell’Union Ripa. Era una sorta di addio al calcio, anche se non è escluso ci sia un’altra sorpresa nelle prossime settimane».

Da feltrino, hai difeso la porta dell’Union Ripa in D come apice della tua vita nel calcio. Potevi chiedere di più o sei felice così?

«Credo di aver fatto quanto meritavo. La fortuna ritengo sia l’aver avuto sempre accanto persone che credevano in me, pure nei momenti in cui ero lontano dal top. Su tutti, cito mister Max Parteli, sempre pieno di fiducia nei miei confronti. Ma anche il ben stare nei vari ambienti conta. Ad esempio, al Limana Cavarzano ho rivissuto i tempi dell’Union, conquistando pure lo storico salto in Eccellenza».

L’esperienza Union è forse finita male in quel lontano 2015. Resta tra le pagine di sport bellunese più significative di sempre, giusto?

«Inutile girarci attorno: un percorso fantastico iniziato in Prima e concluso in D. Porto nel cuore tutt’oggi sensazioni splendide, dopo aver conosciuto un calcio quasi professionistico accanto a giocatori di livello elevatissimo: Andreolla, Zecchinato, Moresco, Brotto… Vivevo a un minuto e mezzo dal campo e ogni giorno era un sogno. Gli avversari al Boscherai si guardavano attorno meravigliati, con quella cornice delle nostre vette. Passo dopo passo, abbiamo guadagnato notevole rispetto. Poi c’è stata una scelta societaria diversa, da rispettare».

A Bassano pochi mesi nel 2019, ma…

«Lì ho davvero colto cosa accada nel professionismo, nonostante disputassimo la Promozione. Quattro o cinque mute da gioco, posto assegnato in spogliatoio, due settimane di ritiro estivo. A dicembre sono andato via solo per le complicanze nel gestire lavoro e allenamenti distanti da casa».

Il cerchio si è chiuso di nuovo al Boscherai, stavolta con il Pedavena.

«Dopo aver vinto la Terza, la Seconda era l’unico campionato mancante nel personale curriculum. L’ambizione non ci mancava e, se è vero che avremmo potuto raccogliere qualche soddisfazione maggiore, bisogna considerare come le dinamiche durante l’anno siano sempre tante. C’è un futuro roseo comunque nell’ambiente gialloblù, perché ne fanno parte persone che ci mettono l’anima».

Scusaci, ma non ti vediamo lontano dal calcio.

«Il ruolo di preparatore dei portieri mi intriga: nel bellunese non ce ne sono chissà quanti. Però adesso un paio di anni con le domeniche libere me li prendo volentieri».

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