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Chievo, vita mia: così Sergio Pellissier ha vinto all’asta il marchio della sua vecchia società

Chievo, vita mia: così Sergio Pellissier ha vinto all’asta il marchio della sua vecchia società

foto da Quotidiani locali

Sergio Pellissier, che titolo farebbe sull'acquisizione del Chievo, la squadra in cui ha giocato dal 2002 al 2019?

«Non saprei».

Gliene suggeriamo un paio: “Il mio gol più bello” o “Il mio marchio di fede”.

«Scelgo il secondo».

Chi è stato testimone dell'ultimo atto, andato in scena davanti ai curatori fallimentari, con l'aggiudicazione del marchio, appunto, per 330 mila euro, ha raccontato del suo urlo di gioia, come se avesse realizzato una rete. E' stata davvero una liberazione?

«Sì, decisamente, perché, dopo che ci provi in tutti i modi a prenderlo e ti ritrovi a dover partecipare ad un'asta, la tensione era tanta, non sapevi a quanto i tuoi contendenti sarebbero arrivati e cosa avremmo potuto fare noi. Forse abbiamo vinto (la base di partenza era fissata in 100 mila euro, ndr) perché avevamo delle famiglie dietro, quindi 800 persone (i soci) sponsor dell'idea, che hanno lavorato tutte per lo stesso obiettivo. Su questo avevamo una marcia in più...».

Nel 2021 ha fondato la Clivense, per non far morire la bella favola dei mussi (asini) volanti, come venivate definiti negli anni d'oro della storia gialloblù. In tre stagioni siete riusciti a superare il Covid, avete vinto la Terza Categoria e avete acquisito dal San Martino Speme il titolo di Eccellenza, per approdare infine in Serie D. Si sarebbe aspettato di compiere così rapidamente tanti passi in avanti?

«Sono un sognatore, e i sogni non costano niente. Se ti impegni tanto, gran parte delle volte riesci a centrare il traguardo che ti sei prefissato. Il mio desiderio era quello di dare la possibilità ai nipoti di sapere dove ha giocato il loro nonno, e quindi per me essere riuscito a riprendere quel marchio significa tantissimo, posso mostrare loro cosa ho fatto nella mia vita di calciatore».

Un valdostano come lei, che giunge a Verona poco dopo l'inizio del Terzo Millennio e vi pianta solide radici, si è di fatto creato una seconda famiglia. Ma come sente il rapporto con il Chievo?

«Mi è stata data l'opportunità di diventare quello che sono, lì sono cresciuto e mi hanno fatto sentire in famiglia, un aspetto importante per il mio modo di essere. Sono diretto, e se voglio ottenere qualcosa di significativo devo contare su chi crede in me. Ecco, all'inizio hanno creduto nel sottoscritto, parlo di tifosi e società, e grazie a loro ho potuto fare ciò che ho fatto e che ho poi cercato di trasferire nella Clivense».

A tal proposito, è inevitabile parlare di Luca Campedelli, l'ex patron del Chievo, che ha partecipato all'asta attraverso il presidente del Vigasio (neopromosso in D) Cristian Zaffani, uscendone sconfitto. Vi siete lasciati male a suo tempo. Non l'ha intristita questa nuova sfida a distanza?

«Mi ha intristito la situazione, combattere cioè con una persona che puntava su di me e mi ha offerto chance significative. Questo mi è dispiaciuto, ma capisco anche il fatto che poteva rischiare di perdere ciò che suo padre aveva creato e che come figlio aveva portato avanti. Va pur detto che è stato lui, o chi era con lui, la causa di quanto è accaduto. Di solito succede poi che queste persone ad un certo punto si tolgono di mezzo e lasciano al destino il compito di decidere cosa fare, invece sono stato costretto a spendere più denaro e mi ha dato fastidio. A Campedelli devo tanto sul piano dell'affetto per i primi anni, tuttavia ho dovuto ricominciare dopo la mia vita. Ho un credito (soldi che avanzava, ndr) enorme nei confronti del Chievo, ma non ho rancori. Ho agito così per tutte le persone che hanno amato quel marchio, e creduto in me quando sono ripartito. Ora la soddisfazione è che queste persone hanno preso le quote, per cui il marchio Chievo non è di un singolo, o di un presidente, ma anche loro».

A 45 anni che vuol fare Pellissier? Siamo ad un punto di partenza più che di arrivo?

«Assolutamente sì. Nella mia carriera ogni volta che raggiungevo quanto mi ero prefissato pensavo subito ad un altro obiettivo. Crediamo tanto nel nostro progetto, vogliamo migliorarci ogni anno».

La Clivense continuerà ad esistere o verrà assorbita dal marchio Chievo o i due nomi coesisteranno fra di loro?

«La cosa bella da noi è che non decide un'unica persona. Credo sia giusto che le scelte importanti, come i colori sociali o i nomi con cui iscriversi ai campionati, siano prese in modo collegiale, per cui indiremo un referendum tra i soci e decideremo in merito».

Quest'anno in Serie D avete chiuso ottavi, anche se i traguardi erano ben altri. Ma ci pensate al ritorno in Serie A o è utopia?

«Non penso che la stagione appena conclusa sia stata un fallimento. Sì, abbiamo finito ottavi, ma se non avessimo perso l'ultima partita saremmo stati settimi. L'obiettivo era vincere, certo, ma per come si era messa è stata un'annata straordinaria. Nel ritorno come media punti siamo stati i migliori. Sognare, però, è bello, e dico che non si sa mai... Quel sogno lo coltivo sempre, intanto pensiamo a rientrare nel professionismo e poi si vedrà».

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Con i “Mussi Volanti” due primati: 112 gol in 512 presenze totali

Sergio Pellissier, 45 anni, nato ad Aosta, è originario di Fénis: il cognome, assai diffuso nella sua terra, significa “pellicciaio” in francese. Nel 1996 da attaccante era nel settore giovanile del Torino, nel biennio successivo ha anche esordito in prima squadra prima di essere ceduto al Varese e quindi successivamente in prestito alla Spal, a Ferrara, dove ha conosciuto la moglie, Gian Micaela Viadana. Nel 2002 il passaggio a titolo definitivo al Chievo, dove è rimasto fino al capolinea del club dei Campedelli, nel 2019. È il primatista di presenze con i “Mussi volanti”: 517 in tutte le competizioni e il miglior marcatore del club nel massimo campionato con 112 reti. Si è ritirato alla fine della stagione 2021-’22 dopo 1 presenza e 2 gol nei dilettanti con la sua Clivense.

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