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Le decisioni di Meta influiscono sulle linee editoriali dei quotidiani?

Di Israele e Hamas non si può parlare. Di Russia-Ucraina neanche. Si potranno fare sempre meno approfondimenti su politica nazionale e internazionale, in chiave elettorale. Il mondo consegnato nelle mani delle grandi piattaforme ha appiattito il dibattito pubblico su molti temi concreti della nostra società. L’ultima iniziativa – la limitazione dei contenuti politici su Instagram, Threads e Facebook – rappresenta un punto di non ritorno anche per quel che riguarda il comparto dell’informazione online. Soprattutto in termini di visualizzazioni e condivisioni sulle piattaforme social. Ed ecco, dunque, che si sta arrivando al punto artificialmente naturale in cui le testate dovranno (ancor più rispetto a ciò che fanno già ora) puntare tutto sulle “soft news”. Quelle “notizie” leggere di gossip (o sport e spettacolo) che prenderanno il sopravvento.

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Scorrendo lungo le bacheche social dei principali quotidiani italiani (ma anche all’estero la situazione non è molto differente), vediamo che i contenuti di maggior “successo” (parliamo di engagement) sono quelli non relativi a temi di stretta attualità politico-sociale. Il gossip traina le visualizzazioni, seguito dallo sport e dallo spettacolo. Insomma, tre argomenti su cui il concetto di “notizia” è molto sindacabile. Fin dai tempi dell’allontanamento di Facebook dal settore news, questo paradigma è diventato piuttosto evidente: i social premiano – in termini di “suggerimenti” – i contenuti leggeri rispetto a contenuti politici.

Contenuti politici sui social, il problema per i giornali

Per capire di cosa stiamo parlando, prendiamo a esempio le ultime 24 ore dei profili Instagram dei due principali quotidiani italiani: La Repubblica e Il Corriere della Sera.

Di “politico” c’è poco o nulla. Di elettorale, proprio nulla. Dunque, già da qui si evince come i quotidiani – i due più letti nel nostro Paese – seguano da tempo un profilo basato sulle “soft news” su Instagram. Questo non vuol dire – come ovvio – che questi temi siano completamente non trattati dalle testate, ma nell’era dei social il traffico arriva preminentemente da organico e non dalle piattaforme.

L’appiattimento delle linee editoriali

Ed è anche l’Era del “se non è sui social, non esiste”. Dunque, molti degli approfondimenti su temi politici e sociali non trovano spazio all’interno delle bacheche e dei feed. Lì, invece, troviamo soprattutto cronaca, gossip e sport. Ovvero quei contenuti che non subiscono la scure delle limitazioni social. Tutto ciò, dunque, ha modificato i paradigmi dei giornali online: ha ancora senso fare approfondimenti politici se poi le piattaforme li mettono in un cassetto? Ovviamente, la risposta a questa domanda è sì: il compito del giornalismo è informare e non stare alle regole delle non-riunioni editoriali fatte dai social.

Però, un giornale deve essere letto. Se i contenuti “premiati” da Instagram, Facebook e Thread sono quelli “leggeri”, è quasi fisiologico che le testate si concentrino su tematiche che non hanno dei risvolti politici e civili sulla popolazione. E l’ultima limitazione dei contenuti politici – seppure con l’obiettivo di limitare la disinformazione – rischia di portare l’informazione verso quel punto di non ritorno verso cui si è già incamminata da tempo.

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