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Libia: il generale Haftar al servizio dello zar Putin, ma Giorgia Meloni fa finta di niente

La comunicazione mainstream, una sorta di Istituto Luce 2.0, ha propagandato la recente visita lampo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Libia, come la riprova del protagonismo italiano nel Nord Africa. Ma...

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La comunicazione mainstream, una sorta di Istituto Luce 2.0, ha propagandato la recente visita lampo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Libia, come la riprova del protagonismo italiano nel Nord Africa. In quell’occasione, la premier ha incontrato anche l’uomo forte della Cirenaica, di cui Globalist si è occupato in decine di articoli: il generale Khalifa Haftar. Che più che uomo forte può vantarsi di essere per il suo grande sponsor russo, Vladimir Putin, una sorta di “Assad libico”.

Non tocchiamo palla

I tanti aedi di Giorgia non sono così bravi da oscurare la realtà. E la realtà è quella che ben fotografa un dettagliato report di Agenzia Nova del 13 maggio.

“La Federazione Russa accresce la presenza militare in Libia e mantiene solidi rapporti con entrambi i governi rivali di Tripoli (ovest) e Bengasi (est). Una delegazione politica e militare libica di alto livello si è recata oggi a Mosca, in Russia, per colloqui sugli ultimi sviluppi di sicurezza e militari in Libia, ma anche sui principali fascicoli economici, petroliferi e del gas. Questa missione giunge pochi giorni dopo la visita in Russia di Khaled Haftar, figlio del generale Khalifa Haftar, giunto a Mosca il 7 marzo scorso in qualità di comandante delle Forze di sicurezza dell’Esercito nazionale libico (Enl) con sede a Bengasi, nell’est della Libia. La visita di Khaled Haftar ha coinciso con la missione-lampo della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in Tripolitania e in Cirenaica: in quest’ultima regione, Meloni ha incontrato l’80enne maresciallo di campo Khalifa Haftar, comandante in capo dell’Enl, sollecitandolo a porre fine alla presenza di forze straniere (in particolare russe) sul territorio libico. Fonti libiche hanno riferito ad “Agenzia Nova” che la delegazione libica partita da Tripoli per Mosca include il capo di Stato maggiore delle Forze armate fedeli al Governo di unità nazionale (Gun) con sede a Tripoli, generale Mohammed al Haddad, il vicepresidente del Consiglio presidenziale libico,Abdullah al Lafi, e il ministro degli Esteri facente funzione del Gun, Taher al Baour. Al Lafi è il rappresentante della Tripolitania all’interno del Consiglio di presidenza, organo tripartito che svolge le funzioni di capo di Stato e dunque anche di comandante supremo delle Forze armate. Il generale Haddad, il militare della Libia occidentale più alto in grado, intrattiene solidi rapporti con la Turchia, principale partner militare del Gun che ha impedito ad Haftar di conquistare Tripoli “manu militari” nella guerra del 2019-2020. “La Libia scivola progressivamente in una sfera di influenza che dovrebbe essere preoccupante per noi europei e anche per gli americani, che è quella russa”, commenta ad “Agenzia Nova” Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dello European Council on Foreign Relations (Ecfr) ed esperto di Libia.

“I russi vantano dei legami molto forti con la famiglia Haftar, anche in ottica di una transizione dal capofamiglia ai figli”, aggiunge Varvelli. Secondo quanto appreso da “Agenzia Nova” da fonti di sicurezza libiche, la recente visita a Mosca di Khaled Haftar “rientra nel tentativo di addestrare gli uomini della sua nuova unità militare: le Forze di sicurezza dell’Enl”. Già comandante della 106esima Brigata dell’Enl, Khaled è stato protagonista di una rapida ascesa in campo militare. Nonostante la giovane età e l’assenza di formazione accademica militare, Khaled ha già raggiunto il grado di generale di divisione – insieme a suo fratello Saddam – a seguito di una promozione estesa agli ufficiali che hanno partecipato alle operazioni di soccorso dopo le inondazioni che hanno devastato la città di Derna lo scorso settembre. Dalla scorsa estate, Khaled è stato posto a capo delle “Forze di sicurezza” dell’Enl, una nuova entità che include peraltro la Brigata Khalid ibn al Walid, una delle milizie più forti dell’est della Libia. “Al contrario del fratello Saddam, che riveste un ruolo politico più aperto nei confronti dell’ovest della Libia, Khaled è molto impressionato dai russi e dalle loro armi”, aggiungono le fonti.

Secondo Varvelli, la famiglia Haftar ha un forte interesse a stringere legami con i russi poiché ciò garantirebbe la loro sopravvivenza durante una fase di transizione generazionale. Dall’altra parte, aggiunge l’esperto di Ecfr, anche i libici di Tripoli stanno cercando di migliorare i rapporti con la Russia, “desiderosi di ricevere rassicurazioni sul fatto che Mosca non sostenga in modo decisivo la fazione opposta”. Ecco, quindi, che la visita della delegazione di Tripoli nella capitale russa svolge la funzione di controbilanciare l’influenza della famiglia Haftar.

La delegazione politica e militare di Tripoli giunge a Mosca dopo le indiscrezioni sull’aumento della presenza militare della Russia in Cirenaica e in Fezzan, nei territori controllati dall’Enl del generale Khalifa Haftar. L’ambasciatore russo in Libia, Haider Aghanen, ha affermato nell’intervista a “Libya al Ahrar” che le forze russe nella Libia meridionale e orientale vengono dislocate “in coordinamento con le autorità ufficiali libiche: la Camera dei rappresentanti e il Comando generale dell’Esercito nazionale libico”. Secondo un’inchiesta del progetto investigativo “All Eyes On Wagner” (Aeow), negli ultimi tre mesi la Russia avrebbe trasferito militari professionisti e combattenti in Libia, dove ci sarebbero oggi almeno 1.800 russi raggruppati principalmente in Cirenaica e in Fezzan, nei territori controllati da Haftar.

“Un aspetto allarmante è l’evoluzione da truppe di miliziani legati al Wagner Group, ovvero truppe mercenarie, a una presenza russa più strutturata”, sottolinea Varvelli. “Si sta delineando una strategia di penetrazione più sofisticata, non più affidata a un gruppo di mercenari che – anche se legato a Mosca come il Wagner Group – manteneva una certa indipendenza. Questo è qualcosa di molto più diretto, affiliato e legato all’esercito”, aggiunge l’esperto. Il direttore dell’ufficio di Roma di Ecfr sollecita anche a non sottovalutare la capacità diplomatica di Mosca. “Hanno un viceministro della Difesa (Yunus-Bek Yevkurov) che parla arabo. Hanno un ambasciatore a Tripoli che è ben inserito e uno studioso di queste aree. C’è una capacità e una tradizione che viene anche dalla vecchia Unione Sovietica che la Russia sta riprendendo”, commenta Varvelli.

In effetti, il Cremlino può contare su una valida presenza diplomatica nei Paesi del Maghreb, a partire dall’Algeria. Qui, gli interessi russi sono rappresentati da Valerian Shuvaev, ambasciatore di lingua araba e francofona, che ha servito come numero due in Yemen, Iraq, Libia e Marocco. In Marocco, l’ambasciatore è Vladimir Baibakov, anche lui arabo e francofono, che è stato ambasciatore in Mauritania. Alexandre Zolotov è ambasciatore russo in Tunisia dal 2022: di lingua araba e francese, è stato di stanza in Algeria, Marocco, Tunisia e Oman. Tutti e tre i diplomatici, secondo l’inchiesta di “All Eyes On Wagner”, sono allievi della scuola Primakov, ex alto dirigente del Kgb e del ministero degli Affari esteri russo dal 1996 al 1998. “La Russia ha una visione strategica e ampia, cercando di infastidirci e creare complicazioni in ambiti cruciali per noi, come il Sahel, l’Africa, il Nord Africa e la Libia. Mentre ci impegniamo attivamente a sostenere l’Ucraina, la Russia cerca di coinvolgerci su altri fronti, sapendo che alcune parti d’Europa, come l’Italia, sono più preoccupate per la situazione nella Sponda Sud rispetto alla crisi ucraina”, conclude Varvelli.

Base russa

Un passo indietro nel tempo, per un altro prezioso contributo su chi serve chi, a firma Jacopo Iacoboni su La Stampa del 6 novembre 2023: “Alla fine di settembre il generale ribelle libico Khalifa Haftar, le cui forze dominano la Libia orientale, si recò a Mosca dal suo mandante Vladimir Putin. Era il primo incontro tra i due dal 2019. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov confermò l’incontro dichiarando che i due avevano «discusso della situazione in Libia e della regione nel suo complesso». ma in realtà molto di più serio bolliva nel pentolone. Haftar arrivava a Mosca dopo una serie di colloqui avvenuti in Libia con il viceministro della Difesa russo Yunus-Bek Yevkurov – incaricato da Putin di comandare l’integrazione del Gruppo Wagner negli apparati ufficiali russi, dopo l’assassinio di Evgheny Prigozhin. Yevkurov era stato più volte regolarmente in Libia orientale negli ultimi anni, l’ultima il 17 settembre, quando fu ricevuto da Haftar pochi giorni dopo l’alluvione che spazzò via gran parte della città costiera di Derna, uccidendo migliaia di persone e facendo migliaia di dispersi. D’altra parte, il fallito assalto di Haftar nel 2019 alla sede del governo di Tripoli (governo legittimo per l’Onu) si era affidato in buona parte sui mercenari wagneriani. Che però non riuscirono a superare le forze armate di Tripoli, sostenute dalla Turchia. Perché i due si stavano vedendo così spesso?

Ora emerge una delle risposte più credibili, e uno dei contraccambi di questa relazione: secondo fonti di Bloomberg, la Russia sta progettando di stabilire una base navale nella parte orientale della Libia, che le darebbe la possibilità di avere un presidio militare al confine meridionale dell’Europa, a anche di spiare sull’intera Unione Europea, cosa tecnicamente possibile da lì. L’accordo sarebbe, appunto, stato preso da Haftar e Putin a Mosca, in quell’incontro di fine settembre.

Haftar, che controlla molti dei principali impianti petroliferi della Libia, un Paese che ha il 40% delle riserve petrolifere dell’Africa, ha a sua volta bisogno di sistemi di difesa aerea (di cui lo stesso Gruppo Wagner disponeva) per difendersi da Tripoli, che è sostenuta dai turchi. Ma al generale servono anche addestramento per piloti e per forze speciali. E questo può ben essere offerto sia da Wagner sia dai servizi militari di Mosca. I russi in cambio potrebbero essere ospitati in diverse basi libiche.

Un nodo cruciale dell’incontro – e certamente una delle preoccupazioni delle intelligence occidentali che hanno il dossier sul tavolo – è che navi da guerra russe potrebbero anche ottenere diritti di ormeggio permanenti in uno dei porti libici, si pensa sia Tobruk, che è nel cuore del Mediterraneo vicinissimo, all’Italia e alla Grecia. Che infatti non dormono sonni del tutto tranquilli, su questo. Al momento la Russia ha una sola base nel Mediterraneo, ma troppo distante, a Tartus, in Siria. Tobruk è messa infinitamente meglio, geograficamente. Almeno se l’obiettivo è l’Europa. La trattativa in uno stato avanzato, al punto che l’ex inviato degli Stati Uniti in Libia, Jonathan Winer, ha dichiarato che è presa «molto seriamente» da Washington: «Tenere la Russia fuori dal Mediterraneo è stato un obiettivo strategico fondamentale: se la Russia riesce ad avere dei porti lì, ha la possibilità di spiare l’intera Unione Europea».

Mosca poi sta da tempo cercando anche di impiantare una base navale anche sul Mar Rosso in Sudan, per avere accesso facile al Canale di Suez, la Penisola Arabica e l’oceano Indiano. E, come La Stampa ha raccontato, sta affidando questo pacchetto africano a una coppia inquietante, composta da Yekurov, appunto, e da Andrey Averyanov, il capo dell’unità clandestina 29155 del Gru, ritenuta responsabile di avvelenamenti col novichok (gli Skripal) in giro per l’Europa, e diversi attentati e operazioni di destabilizzazione dalla Bulgaria al Montenegro. Non casualmente, l’unità aveva operativi che entravano e uscivano con una certa facilità dall’Italia (aeroporto di Milano, in particolare, compresi gli avvelenatori di Skripal). Non sarebbe esattamente rassicurante averli insediati stabilmente, con navi da guerra a disposizione, in Libia.

Wagner si appresta dunque a diventare – ancora di più – una costola ufficiale dei servizi russi e delle operazioni estere del Cremlino. Mentre, secondo quanto ha ricostruito il Wall Street Journal, Putin ha costruito un nuovo sistema per integrare e sostituire militarmente Wagner con altre due compagnie militari private, Redut e Convoy, che sarebbero finanziate rispettivamente dagli amici del presidente Gennady Timchenko e Arkady Rotenberg”.

Così Iacoboni.

Ora, come diavolo è possibile narrare di un protagonismo italiano in uno Stato fallito qual è la Libia dove a dare le carte sono ben altri attori: Russia, Turchia, Egitto, Qatar, Emirati Arabi Uniti, e non certo l’Italia. Anche alla servitù mediatica dovrebbe esserci un freno. 

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