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Caprarica e la fine dell’Inghilterra

TRIESTE. Sventola sbrindellata la Union Jack sulla copertina dell’ultima fatica editoriale di Antonio Caprarica, narratore per eccellenza dei Windsor e osservatore acuto e senza timori di “ledere maestà”, forte del suo lungo corso professionale quale corrispondente Rai, e dell’essere frequentatore di circoli e palazzi londinesi. “La fine dell’Inghilterra. Un paese smarrito. Un trono vacillante” (Sperling & Kupfer, pagg. 224 euro 19,90) sarà presentato dall’autore in anteprima regionale oggi alle 18 nell’ambito de “I Colloqui dell’abbazia. Il viaggio della carta geografica di Livio Felluga” nel complesso abbaziale di Rosazzo e domenica a San Canzian d’Isonzo, alle 21, nello spazio antistante il municipio, per il festival Leali delle notizie, in dialogo con Paolo Mosanghini, vicedirettore del gruppo Nem.

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Si sa, le relazioni sono tutto per uno scrittore e cronista di fatti socio-politico-economico culturali di un presente dalle tinte fosche, incardinati in un grande passato. I particolari che gustosamente condiscono le news ufficiali, decodificano e svelando retroscena, vanno cercati nei luoghi elitari, raccolti, quali preziosi frutti, dalle bocche dei quanto mai riservati “beninformati”.

Perentorio il titolo di un saggio giocato fra passato e presente, attualità, telegiornali e scoop letterari. La Grande Bretagna da circa un secolo non dispone più di un impero e il gran rifiuto della Brexit ha ramazzato via come foglie accartocciate, ciò che in geopolitica si definisce “soft power”, impalpabile capacità di restare potente, nonostante tutto, nell’immaginario collettivo. Svanita anche la “cool Britannia” di Tony Blair degli anni novanta. La morte di Elisabetta (“Per sempre regina”, era il titolo di un suo libro del 2021), capace di riunire animi e volontà del popolo nel segno dell’autodisciplina, le defezioni di eredi, le malattie di re Carlo e della futura regina Kate, fanno apparire come inarrestabile e vicina la fine, o per lo meno, il drastico ridimensionamento dell’istituzione reale in termini di splendore, autorevolezza, stile e fermezza.

La perennità di Elisabetta era l’antidoto politico agli sgarbi e resistenze dei politici di turno. Fu inoltre lei a designare Camilla regina; inappuntabile nei momenti istituzionali, desiderosa di marciare contro la caccia alla volpe, se suo marito glielo avesse concesso, felice di aver conservato come esclusivo buen retiro la casa di campagna nel Wiltshire.

Il ventunesimo secolo verrà ricordato come l’inizio del declino e rifugio nella nostalgia e nel rimpianto? «L’impatto della Brexit su quella che definisco - afferma Caprarica - la fine dell’Inghilterra è ovviamente determinante. Ed è la comprensibile ragione per cui il demiurgo della catastrofe Boris Johnson e la sua “corte dei miracoli” politica sono al centro della narrazione del libro», in un passaggio continuo fra condottieri, celebrità che furono e una lista di primi ministri che, a pochi mesi dalla cacciata da Downing street, nessun ricorda. Il record di brevità di permanenza a Liz Truss, poco più di un mese, da settembre a ottobre nel 2022.

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«Sono andato a letto in Gran Bretagna e mi sono svegliato nella Little England»: che dire di questo lapidario commento di un inglese alla Bbc, che sottintende crisi economica, lacerazioni interne e il timore che in Irlanda tornino i fantasmi di un sanguinoso passato? Nel 1975 la lady di ferro Thatcher aveva difeso la permanenza nell’Unione. Oggi le malattie di re Carlo e della futura regina Kate, rivelano un trono vulnerabile, un vuoto di potere e di protagonismo dalla durata incerta. William risulta goffo come unico in scena, in difficoltà nel commentare i fatti internazionali, reticente nel far luce sull’impiego dei 28 milioni di euro, suo appannaggio del ducato di Cornovaglia. Harry e consorte definitivamente fuori gioco. Neppure un valletto darebbe loro un grammo di fiducia. “Il coraggio di Caterina” è il capitolo un cui la principessa, emblema di eleganza e salute, rivela di essere impegnata “in una battaglia per la vita”.

Il libro chiude con “Il trono appeso a una flebo”; sullo sfondo di re Carlo, provato dalla chemio, domande non rinviabili sul sostegno del popolo alla monarchia. Dieci milioni di persone di minoranze etniche, una società multiculturale e multireligiosa; al n. 10 di Downing str. l’inquilino è Rishi Sunak, tory di origine asiatica, di fede induista. La vecchia Inghilterra che venera la corona non esiste più.

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