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Che fine ha fatto l’indagine della Commissione UE sul modello “Consent or pay” di Meta?

Ad agosto dovrebbero essere formalizzate le accuse, ai sensi del Digital Markets Act

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Era la fine del mese di marzo, quando la Commissione Europea aveva annunciato l’avvio di un’indagine nei confronti del cosiddetto modello “Consent or Pay” introdotto da Meta nel tentativo di aggirare le due limitazioni (legittimo interesse e necessità contrattuale) al trattamento dei dati personali degli utenti per la profilazione pubblicitaria su Instagram e Facebook. Dunque, pagare per evitare la pubblicità mirata in base alle proprie abitudini di navigazione o “accettare” (silenziosamente) il fatto che tutto ciò avvenga. Pur di non versare l’obolo mensile a Menlo Park. Entro la prima metà di agosto, quell’indagine ufficiale dovrebbe trasformarsi in accuse formali nei confronti della holding di Zuckerberg.

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La notizia arriva proprio nelle ore caldissime, sul fronte europeo e del Regno Unito, del passo indietro di Meta AI nel Vecchio Continente. Si parla sempre di dati, ma in questo caso di quelli per la profilazione pubblicitaria e la possibilità che questo non avvenga, ma solo a pagamento. Facciamo un piccolo riassunto delle puntate precedenti.

Era il 4 luglio del 2023 quando la Corte di Giustizia UE confermò la sanzione da 390 milioni di euro nei confronti di Meta che aveva tentato di aggirare le regole del GDPR sul consenso esplicito degli utenti alla profilazione pubblicitaria sui suoi canali social. Da qui l’idea – stravagante, per usare un eufemismo – di mettere in piedi il modello “Consent or Pay”: se non paghi l’abbonamento mensile ai servizi offerti da Menlo Park, dai implicitamente il consenso alla pubblicità profilata in base ai tuoi dati. Comprese le abitudini di navigazione.

Consent or pay di Meta, ad agosto le accuse della Commissione UE

Già ad aprile, dopo l’avvio dell’indagine da parte della Commissione europea, lo European Data Protection Board aveva affossato questo modello, sostenendo che il modello binario di scelta (paga o consenti il trattamento dei tuoi dati per scopi pubblicitari) non fosse conforme al GDPR. E ora, quei principi sembrano entrati a far parte anche delle battute finali di quell’indagine formale. Secondo alcune fonti citate dall’affidabile agenzia Reuters, entro la prima metà di agosto (quindi prima della pausa estiva) dovrebbero essere formalizzate le accuse ai sensi del DMA. Stessa sorte dovrebbe toccare anche ad Apple.

E per Meta potrebbe essere una multa salatissima, oltre al blocco del modello “Consent or Pay”. Perché, di base, in caso di violazione del Digital Markets Act un’azienda gatekeeper rischia una sanzione fino al 10% del proprio fatturato globale. Qualora fosse evidenziata una recidiva, questa percentuale raddoppierebbe. Si dovrà valutare – in caso di formalizzazione dell’accusa – se la mossa “furba” di aggirare una sentenza precedente (come quella della Corte di Giustizia dell’Unione Europea) sarà considerata una recidiva.

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