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La protesta universitaria pro Palestina sale di livello. Sit-in a oltranza nei corridoi del rettorato: le motivazioni degli studenti

PAVIA. Dopo un mese di occupazione pacifica del cortile Volta (sede centrale dell’Università) la protesta di studenti e studentesse contro l’invasione israeliana della Striscia di Gaza sale di livello: una cinquantina di loro sono entrati nei corridoi del rettorato per un sit in a oltranza cominciato dopo la fine di un lungo e contestato senato accademico.

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«Vogliamo un senato straordinario per mettere ai voti le nostre richieste, l’Università deve prendere posizione. L’assemblea dei Giovani per la Palestina manterrà il presidio fino a quando non verranno accolte le nostre mozioni. Questo è un momento cruciale per la libertà di espressione e per la solidarietà internazionale» hanno scritto in una nota gli attivisti e le attiviste. «Lo sappiamo che la nostra protesta non fermerà le bombe a Gaza, ma io ho amici che vivono là e vi assicuro che per loro è un sollievo sapere che ci sono persone disposte a far sentire la loro voce fuori dalla Striscia» dice B., studente italo-palestinese che fa parte dei Giovani per la Palestina.

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Chiamano la mobilitazione “presidio fisso”, ma nei fatti si tratta di un’occupazione pacifica secondo lo stile che ha caratterizzato gli ultimi trenta giorni di protesta: niente violenza o contrapposizioni fisiche né interruzione dei servizi, tanto che il gruppo di giovani seduti nei corridoi si apre in due ali per far passare il rettore Francesco Svelto, che transita senza parlare con i manifestanti. Altri docenti hanno tentato di instaurare un dialogo che non ha smosso le parti in causa: «L’ateneo è disponibile allo stanziamento di fondi per aiutare i docenti e gli studenti in difficoltà, questo è ciò che possiamo fare» ha detto Riccardo Bellazzi, tra i senatori accademici che ha provato a negoziare. «Siamo arrivati a questo punto perché le nostre mozioni non sono state nemmeno votate. Non ce ne andiamo» hanno risposto dal sit in.

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È l’ultimo atto di una lunga giornata di mobilitazione cominciata alle 13.30 di ieri, circa un’ora prima dell’inizio del senato accademico convocato – tra le altre cose – per discutere dei programmi Erasmus: dopo un confronto con i vertici dell’Università andato avanti per giorni, i Giovani per la Palestina hanno ottenuto la partecipazione di un delegato, che ha ribadito le richieste del movimento per la Palestina: tra queste, la convocazione di un senato accademico straordinario dove votare (o comunque discutere) dello stop ai rapporti accademico scientifici tra l’Università e gli enti o società israeliane. L’ulteriore “no” dei vertici ha fatto scattare l’occupazione, cominciata con una corsa per le scale del rettorato.

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Extrema ratio

Il sit in è l’atto più eclatante di una protesta che, fino a oggi, si era limitata a cortei e dimostrazioni che hanno incassato pure il sostegno di una parte dei docenti dell’ateneo e dello Iuss, presenti in più occasioni pubbliche al cortile Volta. Inoltre, la petizione lanciata dai Giovani per la Palestina in solidarietà con gli abitanti di Gaza – oltre 35 mila i morti dall’inizio dell’invasione – ha toccato quota 1.500 firme, ed è stata sostenuta anche dall’Associazione dottorandi italiani di Pavia, “sindacato” dei lavoratori della conoscenza attivo dal 1998.

Sono gli stessi attivisti e attiviste a parlare un gesto compiuto dopo settimane senza dialogo con l’ateneo: «Nonostante l'ampio sostegno ricevuto – proseguono i Giovani per la Palestina – l'Università di Pavia ha ripetutamente negato qualsiasi possibilità di confronto. In seguito ai recenti sviluppi e alla crescente partecipazione della comunità accademica pavese, annunciamo l’avvio di un presidio all’interno del rettorato, che attueremo con metodi pacifici».

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La lettera del rettore e l’auspicio della fine dell’occupazione del cortile

Il sit in a oltranza in rettorato è scattato un mese dopo l’avvio dell’occupazione pacifica del cortile volta e all’indomani delle parole che il rettore Francesco Svelto ha affidato ieri alle pagine della Provincia Pavese in replica a una lettera di Sara Mustafa, scrittrice italo-palestinese di Pavia (entrambi i contenuti sono reperibili sul sito di questo giornale). Oltre a rispondere agli argomenti di Mustafa, Svelto ha ribadito tra le righe la posizione espressa in altre occasioni: la richiesta di sospendere i rapporti accademico-scientifici con Israele è irricevibile e sbagliata, mentre «Venendo a quanto può fare direttamente l’Università, si è condiviso che essa debba poter accogliere richieste di sostegno e di collaborazione da parte di studiose e studiosi palestinesi e israeliani a rischio di incolumità fisica o la cui libertà accademica sia compromessa. Ad esempio, attraverso la predisposizione di un fondo dell’Università a ciò dedicato».

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Poi un messaggio indiretto per gli studenti e le studentesse che protestano contro l’invasione di Gaza: «Va anche aggiunto che, passate ormai più di 4 settimane da quando la protesta ha preso possesso esclusivo di spazi di Ateneo, è importante il ripristino di un regime di utilizzo ordinario, nella disponibilità di tutte le studentesse e di tutti gli studenti. È giusto che tutti si rispettino e possano utilizzare gli spazi in modo libero e sicuro. Il rischio è che, altrimenti, si superi la linea rossa in cui la protesta vibrante, anche se certamente non violenta, diventa prepotenza».Questi gli ultimi passaggi di una “guerra di logoramento” cominciata a metà maggio con l’occupazione pacifica del cortile Volta che non ha interrotto lezioni e servizi dell’Università e che, con il passare dei giorni, ha organizzato iniziative e dibattiti partecipati anche da alcuni docenti dell’ateneo. —

Si.P

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