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Livinallongo, valanga senza colpevoli dopo 14 anni di processo

La valanga è diventata un fiocco di neve. Per di più sciolto. Anzi, prosciolto. Dopo essere stati condannati a un anno di reclusione, sia in primo grado che in Corte d’Appello, i tre scialpinisti francesi Bruno Jean Martens, Baptiste Emile Leclerc e Vanina Francoise Doneddu incasseranno una sentenza di non doversi procedere il 6 marzo dell’anno prossimo, giorno in cui il giudice monocratico Paolo Velo ha fissato l’ultima udienza di una vera storia infinita.

Il reato si prescrive il 14 febbraio, poco meno di un mese prima, e il magistrato ha sottolineato ieri mattina che non ci sono i tempi per celebrare un nuovo processo, dopo che la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio al Tribunale di Belluno la sentenza di secondo grado. Quella che aveva confermato il pronunciamento bellunese.

Insomma, come se non fosse successo niente di particolare. Come se quella valanga del 14 febbraio 2010, 14 anni fa, non si fosse mai staccata, sopra Livinallongo. Lo stesso pubblico ministero Giada Modena ha dovuto uniformarsi alla decisione del magistrato. Non esistono davvero i tempi tecnici a ricominciare daccapo e arrivare a una sentenza legittima. Effettivamente è passato troppo tempo è può essere cessato l’interesse da parte dello Stato a procedere nei confronti dei tre imputati.

Fra l’altro, il motivo è ineccepibile: gli atti del procedimento non sono mai stati tradotti in francese, cioè la lingua madre degli scialpinisti, e tutti hanno il diritto di capire di cosa sono accusati e perché, in maniera da potersi difendere nella maniera più efficace possibile.

Quel giorno quattro esperti sciatori transalpini (c’era anche Sarah Rosalie Herenstein) decisero di avventurarsi nel tradizionale fuoripista sotto la cima del Col del Cuc, incuranti del bollettino valanghe dell'Arpav, che indicava grado di pericolo 3. Avevano appena iniziato a scendere lungo un versante non battuto, quando la neve sotto i loro piedi cominciò a cedere. In pochi secondi si formò una valanga di 15 metri per una lunghezza di circa 400, dopo il loro passaggio.

La slavina percorse un ripido canalone e travolse il primo dei quattro sciatori, Martens, che venne trascinato verso valle dalla massa nevosa, nella quale, per fortuna, riuscì a galleggiare, uscendone indenne. Gli altri la evitarono per un soffio.

Era stato il gestore del rifugio a chiamare la Polizia e a innescare le indagini: «Noi avevamo presentato delle eccezioni già in sede di udienza preliminare», spiegano gli avvocati difensori Luca Dalle Mule ed Enrico Gandin, «la Cassazione ci ha dato ragione e siamo soddisfatti di essere arrivati in fondo con un risultato positivo. Non c’è mai stata una traduzione e questo ha portato a un risultato che riteniamo inevitabile e inattaccabile. Il caso si chiuderà una volta per tutte la prossima primavera».

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