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OPEC, IEA e la domanda di petrolio



Fare previsioni sui consumi di energia può essere un lavoro ingrato e difficile, le economie moderne sono organismi estremamente complessi e riflettono svariati fattori, alcuni dei quali impossibili da prevedere, come pandemie o guerre.

Oggi, con un quadro geopolitico a dir poco frammentato, definire quanto petrolio servirà al mondo da qui alla fine del 2025 certamente può essere oggetto di opinioni divergenti come quelle dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) e dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC).

Il punto naturalmente è la domanda: salirà o scenderà?

Il piano dell’OPEC, di aumentare gradualmente gli obiettivi di produzione per allinearsi ad una domanda crescente, si scontra con le previsioni dell’IEA in base alle quali il mondo avrà bisogno di una quantità di petrolio inferiore a quella che sta pompando oggi.

Nel breve periodo la decisione di alcuni membri dell’OPEC di ridurre in parte i tagli alla produzione, annunciati l'anno scorso, è condizionata dal materializzarsi di una robusta crescita della domanda. Ma nel medio-lungo periodo le due visioni sono sostanzialmente diverse: per l’IEA, entro la fine del decennio, il mondo si troverà ad affrontare un surplus sbalorditivo di petrolio pari a milioni di barili al giorno e l’aumento di produzione minerà la capacità dell'OPEC di gestire i prezzi del greggio.

L'IEA è stata istituita dalle nazioni industrializzate per monitorare e garantire la sicurezza delle forniture di petrolio dopo la crisi petrolifera del 1973-1974, quando, a causa dell'embargo petrolifero arabo, i prezzi del petrolio aumentarono del 400%. Superata la crisi risultò evidente a tutti che il futuro avrebbe potuto riproporre nuove sfide alla sicurezza energetica e che la valutazione dei rischi e la preparazione alle conseguenze partivano dalle gestione di dati accurati e credibili. Nel 2015, l'IEA ha esteso la sua missione per integrare la transizione energetica accanto alla finalità per cui era stata fondata: la sicurezza energetica e nel 2022 ha ulteriormente espanso il suo mandato "per guidare i paesi nella costruzione di sistemi energetici a zero emissioni nette per rispettare gli obiettivi climatici”.

C’è chi ritiene che l’Agenzia abbia perso la sua imparzialità e sia diventata una “cheerleader della transizione energetica” per usare le parole del senatore Barrasso, membro della Commissione del Senato USA per l'energia e le risorse naturali, e della presidente della Commissione della Camera per l'energia e il commercio, McMorris Rodgers. Nella loro lettera, inviata al Dr. Fatih Birol, Direttore Esecutivo dell’IEA, evidenziano interessi conflittuali nelle previsioni energetiche globali dell’Agenzia in particolare nella sua missione di tutela della sicurezza energetica.

In effetti la posizione del Dr. Birol pare allineata a quella dell'Istituto Internazionale per lo Sviluppo Sostenibile (IISD) che spinge i governi occidentali a legiferare per bloccare lo sviluppo di nuovi investimenti nei combustibili fossili ritenendola una soluzione più facile, politicamente, economicamente e legalmente, che chiudere in anticipo i progetti operativi. Secondo l’IISD l’attuale capacità di combustibili fossili è sufficiente a soddisfare la domanda di energia mentre il pianeta passa all'energia “verde” e non saranno necessari nuovi progetti di combustibili fossili. Tesi sviluppate nel rapporto dell’IEA del 2021 “Net Zero by 2050”, il suo percorso verso un Pianeta a basse emissioni, e ribadite, nel maggio del 2021, all’alba della crisi energetica europea, dal Dr. Birol: “No new oil and natural gas fields are needed in the net zero pathway, and supplies become increasingly concentrated in a small number of low-cost producers.”

Quello che è accaduto dopo ha sollevato inevitabili perplessità circa le capacità previsionali della IEA la cui posizione, a sua volta, si è evoluta visto che a distanza di tre anni, nel World Energy Outlook 2023, l’IEA sostiene come “La prosecuzione degli investimenti nei combustibili fossili è essenziale in tutti i nostri scenari.”.

In effetti, in linea temporale, siamo circa alla metà della transizione energetica che dovrebbe portare il Pianeta a zero emissioni nel 2050 e la quota di combustibili fossili, nel consumo mondiale di energia primaria, è passata dall’86% nel 1997 all’82% nel 2022. Mentre il consumo di energia da fonte fossile è continuato a crescere: nel 2022 il mondo ha consumato quasi il 55% in più rispetto al 1997.

Sostenere posizioni come quelle dell’IISD, una legittima cheerleader della transizione energetica, ha poco a che vedere con un’Agenzia preposta alla sicurezza energetica.

Indebolire l’azione delle compagnie petrolifere occidentali nel contesto globale costringendole a tutelarsi dalle rivendicazioni giudiziarie degli estremisti climatici, fermarne gli investimenti in esplorazione e produzione di idrocarburi o condizionarne l’accesso al credito riuscirà solo a danneggiare la nostra sicurezza energetica ed a traghettarci verso l’incertezza, non verso la neutralità climatica.

Tornando alle previsioni sulla domanda di petrolio globale, anche nel breve termine, al 2025, vi sono significative perplessità: l'anno scorso l'IEA ha sottostimato la domanda, salvo poi da gennaio aumentare le sue stime di 520.000 barili al giorno, cinque volte l'aumento dell'OPEC.

Errare humanum est?

Pare piuttosto perseverare diabolicum: per dodici degli ultimi quattordici anni, l'IEA ha cronicamente sottostimato la domanda globale di petrolio rispetto alle sue aspettative iniziali ed ha mediamente rivisto le sue stime di ben 800.000 barili al giorno. Secondo Goehring e Rozencwajg se l'errore dell'Agenzia fosse un paese, sarebbe il 21° più grande consumatore di petrolio al mondo.

Nelle previsioni dell’Agenzia l’aumento dell’efficienza energetica gioca un ruolo chiave: come nel caso del trasporto aereo dove l'aumento dell'efficienza sta frenando il consumo di carburante. E tuttavia l’International Air Transport Association (IATA) prevede un consumo di carburante di 99 miliardi di galloni quest'anno da parte dell'industria aerea globale, in aumento del 3% rispetto al 2019.

Vengono trascurati gli effetti di quello che viene definito il “paradosso di Jevons”: storicamente una maggiore efficienza aumenta i consumi e la conseguente domanda accelera la crescita economica.

Ulteriore aspetto destinato ad avere conseguenze nel medio-lungo termine sulla domanda di petrolio è la crescita delle economie emergenti e in via di sviluppo: l'India è entrata in una fase in cui la domanda di energia in generale, e di petrolio in particolare, cresce più rapidamente del PIL, un aspetto che i modelli dell'IEA non paiono cogliere.

Dal 2005 al 2022 questi paesi sono passati dal 30% al 45% del PIL reale globale e presto supereranno il 50%, le loro economie si preoccupano essenzialmente dell’accesso all’energia, motore della propria crescita, utilizzando le fonti energetiche più economiche disponibili e soprattutto sostituiscono i loro sistemi energetici in base alle leggi di mercato non sulla base di modelli, prescrizioni o norme ideologiche.

Un corollario di questo aspetto impatta direttamente negli sforzi Occidentali guidati verso il “Net Zero” dalle analisi della IEA: attualmente la popolazione delle economie emergenti ed in via di sviluppo, pari a oltre 4,5 miliardi, ha le più basse emissioni annuali di CO2 pro capite, circa 3,1 gigatonnellate (Gt) per miliardo di persone. La sola crescita demografica potrebbe bastare a far fallire gli obbiettivi climatici Occidentali al 2050 se poi la loro impronta carbonica si allineasse alla nostra raggiungere la decarbonizzazione diventerebbe quantomeno problematico, certamente impossibile nei tempi tracciati dall’IEA.

Oggi, come mai in passato, sempre più paesi sono avviati verso una crescita economica ad alta intensità energetica e questo garantirà una crescente domanda di energia nei decenni a venire.

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