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Ita-Lufthansa e la concorrenza, il problema Vestager



Nella faccenda Ita-Lufthansa, speriamo ormai prossima alla soluzione, ci sono stati da subito pregiudizi e ideologia. La commissaria Margrethe Vestager probabilmente sogna ancora l’Europa delle low-cost di vent’anni fa e ha praticamente imposto alla fusione le sue preoccupazioni riguardo la concorrenza e la salvaguardia di presunti interessi dei viaggiatori. Tuttavia, come capo del Direttorato generale per la Concorrenza, la signora deve approvare o rifiutare l'operazione. Che agli italiani sia antipatica è noto: ricordate il fallimento di banca Tercas e l’impossibilità di usare il fondo interbancario per salvarla, perché giudicato aiuto di Stato? Costò il fallimento a catena di altri istituti di risparmio italiani e ai correntisti i loro soldi. Al ricorso alla Corte Ue la Commissione perse ma da Margrethe non arrivò mai segno di scuse. Che si stia vendicando? C’è da chiedersi se una figura come la sua possa ancora occuparsi di politiche europee, ma un fatto è certo: da sempre in fatto d’aviazione i politici, che siano in buona oppure cattiva fede, commettono gli stessi errori. Il primo, solitamente, è agire per aumentare la sicurezza finendo invece per aumentare di molto i costi e la burocrazia. Il secondo è pretendere di mandare i passeggeri dove fa comodo costruire aeroporti e non lasciare che sia il mercato a decidere. Gli esempi si sprecano a cominciare dal tentato derby Linate-Malpensa, quando con 11 milioni di abitanti, industrie e turismo la Lombardia alimenta di passeggeri i due aeroporti e anche Il Caravaggio di Orio al Serio (Bg), che va verso i 14 milioni di passeggeri. E poi in questa vicenda c’è la negazione di quanto insegna la storia del trasporto aereo, ovvero che dopo guerre e grandi crisi il mercato ha sempre visto grandi fusioni tra i vettori.

Comunque sia, pare proprio che entro il 4 luglio l’Antitrust e la Commissione possano approvare la fusione che, lo ricordiamo, vale 325 milioni di euro per le casse nazionali (il 41% delle azioni) e che da un ano è sui tavoli europei. Lufthansa avrebbe quindi comunicato i provvedimenti con i quali mitigherebbe la “posizione dominante” che secondo la Vestager avrebbe assunto prendendo il controllo dei pregiati slot che Ita possiede sull’aeroporto Enrico Forlanini di Linate, che poi altro non è che il “City Airport” del quale, numeri alla mano, è evidente che il capoluogo lombardo non può fare a meno.

Per ottenere un assenso da Bruxelles, Lufthansa deve rinunciare a una quota di quegli slot, poiché se unite, le due compagnie ne avrebbero controllati i due terzi, come anche dire addio ad alcune rotte intercontinentali tra Italia e Nord America che avrebbe attivato da altri aeroporti nostrani, riempiendo però gli aeroplani con voli provenienti da un’ampia rete di collegamenti che spaventa gruppi come Air-France Klm. La Vestager e i commissari per la concorrenza avevano ovviamente messo gli occhi sul fatto che in Europa Lufthansa è già presente – anche se di fatto domina soltanto in parte - i mercati di Germania, Austria, Svizzera, Belgio e Italia (controlla anche Air Dolomiti), nonché che ha un accordo con United Airlines e Air Canada per i collegamenti sull’Atlantico. Ma di fatto Lufthansa non rinuncerebbe mai a collegare anche scali dai quali partono voli a lungo raggio dei concorrenti, ovvero verso gli aeroporti che sono principali basi di armamento di gruppi concorrenti come Londra Heathrow per British Airways, Madrid per Iberia o Parigi Charles De Gaulle per Air-France Klm. Anche perché dal 2022 il traffico aereo cresce seguendo una domanda decisa e a ben guardare ci sarebbe spazio per tutti. Dimostrazione e anteprima: dopo Aeroitalia, sta per nascere anche una nuova compagnia tricolore, il cui nome al momento è riservato.

Ora per arrivare a un accordo con la rigida commissaria danese il gruppo tedesco separerebbe i voli a lungo raggio di Ita dalla sua rete, in modo da rinunciare a parte del “feed” dei voli, sia di lasciare poco meno di una ventina di slot di Linate – che poi sarebbe lo spazio per 30-40 voli, a vettori di corto raggio come Volotea e Easyjet. Ma se Ita Airways fosse esclusa dalla rete dei suoi collegamenti e da quelli della rete di Lufthansa perderebbe senso il fatto che la compagnia tedesca posizioni a Fiumicino il suo scalo italiano principale – il concetto di hub è superato da anni – per i collegamenti con l’America latina, l’Asia e l’Africa. Anche perché a rendere soldi a una compagnia aerea sono maggiormente i voli a lungo raggio e i servizi premium, non certo i posti venduti agli studenti Erasmus.

Sui motivi per i quali la Vestager sia stata così rigida si sono fatte diverse ipotesi. La prima: essendo politicamente allineata a Emmanuel Macron ne potrebbe condividere le preoccupazioni per l’impatto sul gruppo Air-France Klm, che nonostante l’iniezione di soldi e di nuovi aeroplani ricevuti per riprendersi dalla Pandemia non ha certo bilanci che volano alti. La seconda: c’è una sorta di nostalgia per il ventennio 1995-2015 nel quale con poche decine di euro si volava in giro per l’Europa sviluppando aeroporti secondari. Cosa non è più possibile sia perché i costi sono aumentati, sia perché proprio quel fenomeno ha di fatto causato, seppur a macchie, l’assenza di vera concorrenza da e per alcune regioni – come Sicilia e Sardegna fino al 2019 – e reso il mercato italiano dominio di pochi vettori nati low-cost e poi diventati essenziali anche grazie alla nostra (cronica) mancanza di politica del trasporto aereo nazionale.

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