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The Blair Witch Project, dopo 25 anni dal film cult i tre protagonisti non hanno mai ricevuto un cent di compenso

Famosi nel mondo per The Blair Witch Project ma dopo 25 anni i tre protagonisti del film non hanno mai visto un dollaro. Sulle pagine di Variety è stata pubblicata un’intervista a Heather Donahue, Michel C. Williams e Joshua Leonard. I tre ragazzi che vennero scelti al provino dai registi Daniel Myrick e Eduardo Sanchez, e che nel film per interpretare i loro personaggi usano i loro nomi – Heather, Mike e Josh – hanno spiegato che dall’estate 1999 quando il film uscì nelle sale non sono mai stati pagati.

Insomma, nonostante il film totalmente indipendente sia costato circa 60mila dollari, diventati 750mila dopo la post produzione, e abbia incassato più di 250 milioni di dollari in tutto il mondo, per gli attori non è mai stato elargito un cent. Un dato tragico per le carriere mai realmente decollate dei tre, ma anche curioso in quanto, leggenda vuole, che non solo i tre abbiano recitato mirabilmente da soli per tutto il film in mezzo ad un bosco sconosciuto e tenebroso del Maryland, ma che si siano ripresi per davvero con due videocamere (quella da 16 mm e una camcorder con nastro audiovideo) in scena gli uni con gli altri senza assistenza tecnica di qualsivoglia troupe.

Molti ricorderanno che per ricreare l’atmosfera di esasperato realismo per il mistero della strega di Blair, Myrick e Sanchez uscirono letteralmente di scena dopo aver dato istruzioni tecniche e narrative al trio prima di iniziare il film, controllando a distanza i propri attori, spesso mettendoli in difficoltà psicofisica facendogli passare reali spaventi durante la notte. Ciliegina sulla torta: i registi chiesero a Heather, Mike e Josh di non mostrarsi in pubblico per diversi mesi in modo da rendere credibili le immagini presenti nel “found footage”, che viene casualmente ritrovato ad inizio film, dove i tre studenti scompaiono dopo essersi persi tra tronchi, foglie e torrenti, sottoposti a segnali e rumori nefasti, come inghiottiti nel nulla di questa diabolica magia del bosco.

In molti ricorderanno che The Blair Witch Project fu il primo film ad avere una sinistra e martellante campagna pubblicitaria su Internet, aiutato pure da Imdb.com che segnalò come vera la storia del ritrovamento dei nastri amatoriali e della scomparsa dei tre studenti. La Artisan Entertainment, che ha acquisito il film al Sundance a gennaio del 1999 per un milione cento mila dollari prese così sul serio il mantenimento dell’illusione presso pubblico e stampa che gli attori fossero scomparsi sul serio e il materiale video era stato casualmente ritrovato, tanto da impedirgli di apparire alla premiere che The Blair Witch Project ebbe a Cannes.

Non poterono rilasciare interviste e nemmeno lavorare su altri set (Leonard era stato scelto per un altro film, ma venne invitato a non rispondere mai alla richiesta). “Per mesi i tre hanno sopportato queste umiliazioni perché pensavano che, visto quanto avevano contribuito al successo del film prima o poi la manna sarebbe arrivata. Invece quando il film superò i 100 milioni di dollari sul mercato statunitense la Artisan inviò loro un cesto di frutta per ringraziarli”, scrive Variety. L’errore compiuto da Donahue, Williams e Leonard fu quello di non avere e volere copertura sindacale per il loro lavoro all’epoca. Solo che quando un paio di mesi fa la Lionsgate, che nel 2003 ha acquisito la Artisan, ha annunciato che in collaborazione con la celebre casa di produzione horror Blumhouse avrebbero rilanciato il franchise TBWP per un pubblico nuovo e giovane, i tre non ci hanno più visto. Lionsgate non li interpella ma sembra voler riutilizzare le loro facce e le locandine di 25 anni fa. A quel punto Heather, Mike e Josh chiedono di essere formalmente coinvolti nel rilancio produttivo e soprattutto di “ricevere pagamenti residui retroattivi e futuri per il film equivalenti alla somma che sarebbe stata assegnate tramite gli accordi tradizionali SAG-AFTRA come se all’epoca fossimo stati sotto tutela sindacale”.

Lionsgate nemmeno risponde picche, anzi si dilegua tra i meandri del bosco del Maryland e per il trio che ha fatto la fortuna di quell’horror così incredibilmente riuscito non resta che masticare amaro, almeno per ora. “Sono imbarazzato per aver permesso che accadesse tutto ciò”, spiega Williams nel collegamento zoom assieme ai suoi compagni di sventura per Variety. “Tutti si sono sempre chiesti cosa sia successo mentre tua moglie è in fila per la fila spesa e non ci sono soldi sul conto corrente per pagare. Sei nel film indipendente di maggior successo di tutti i tempo e non puoi prenderti cura dei tuoi cari”.

I due colleghi consolano e approvano ciò che dice Williams poi ribadiscono insieme che “qualcosa in questa storia deve cambiare”, che “vogliamo aiutare qualcuno a capire che non deve fare quello che abbiamo fatto noi”. Va anche ricordato che quando nel 2000 uscì l’inevitabile sequel Blair Witch 2, senza usare l’immagine dei tre protagonisti del primo capitolo, Donahue, Williams e Leonard citarono in giudizio Artisan e arrivando ad un accordo per 300mila dollari da dividere in tre, oltretutto elargito nell’arco di oltre dieci anni e probabilmente nemmeno per intero. Morale della favola a 25 anni dall’uscita di The Blair Witch Project ci sarebbe da omaggiare anche qualcuno che non c’è più almeno a livello simbolico: quel Ruggero Deodato che nel 1980 per il suo Cannibal Holocaust ideò lo stesso tam tam pubblicitario, con tanto di ritrovamento di found footage (identica la doppia fonte di ripresa in 16mm e a colori!) e scomparsa fisica dei quattro attori del film dai loro luoghi di residenza per mesi. Strategia vincente che portò perfino alcuni spettatori accorsi in sala a Milano, per seguire le immagini raccapriccianti della presunta uccisione dei quattro antropologi (tra questi un giovanissimo Luca Barbareschi) da parte di una tribù cannibale, a denunciare regista e produttore in pretura.

L'articolo The Blair Witch Project, dopo 25 anni dal film cult i tre protagonisti non hanno mai ricevuto un cent di compenso proviene da Il Fatto Quotidiano.

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