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Violenza a Grado, la mamma al processo: «Mia figlia molestata dal maestro coranico»

GRADO Rientrata a casa, quella sera non aveva detto nulla alla mamma. La ragazzina, all’epoca non ancora 13enne, le aveva raccontato l’accaduto il giorno dopo. Le disse che non voleva tornare alla moschea. Era il 18 luglio 2018. Lo ha spiegato la madre nel corso della sua testimonianza davanti al Collegio giudicante del Tribunale di Gorizia. Il racconto è poi proseguito: l’uomo, bengalese quarantenne, guida spirituale e insegnante di Corano, aveva chiesto di poter incontrare la minore nel suo negozio di abbigliamento. Lei s’era presentata con la sorella più piccola e un’amica, che l’uomo aveva fatto in modo di allontanare. Così come aveva allontanato suo nipote, a sua volta presente in negozio. Una volta soli, «l’aveva accarezzata alla schiena, fino a toccarle il seno».

Sono alcuni degli elementi emersi davanti ai giudici Marcello Coppari (presidente del Collegio), Concetta Bonasia e Francesca De Mitri.

I fatti sono avvenuti a Grado, dove aveva sede il Centro culturale bengalese cui faceva riferimento la comunità residente. Il quarantenne è chiamato a rispondere dell’ipotesi di reato di violenza sessuale, aggravata dal ruolo di guida spirituale e insegnante coranico, dall’età della ragazzina, dall’averne ostacolato la privata difesa e considerando inoltre il rapporto fiduciario instauratosi con l’allieva. I capi di accusa comprendono anche l’ipotesi di minaccia. Nel procedimento rientrano altri due connazionali, uno di allora di 54 anni, e un altro di 26, in relazione all’ipotesi di favoreggiamento personale, per aver fornito informazioni non veritiere agli inquirenti nell’ambito delle indagini.

In aula la mamma, dunque, ha confermato di aver presentato poi la denuncia. Nel ripercorrere la vicenda, addentrandosi nei punti più delicati, la teste non è riuscita a trattenere le lacrime. Ha poi affermato che aveva chiesto alla figlia perché non avesse urlato: nelle vicinanze c’era anche l’attività di un parente, che sarebbe potuto intervenire.

La ragazzina aveva spiegato che non era stata in grado di reagire: lui la tratteneva, impedendole di chiamare aiuto. La madre ha continuato la deposizione sostenendo che la figlia le aveva sempre spiegato che l’uomo l’aveva minacciata («Se parli ti faccio del male», proferendo anche parole del tipo «Ti uccido e ti butto in mare»). La donna aveva voluto chiedergli conto di quanto fosse accaduto: «Hai l’età di suo padre, cos’hai fatto?». L’aveva tempestato di domande anche durante un incontro chiarificatore avvenuto nell’abitazione della famiglia, mentre la ragazzina si trovava in un’altra stanza. «Era molto spaventata», ha affermato ancora la teste.

L’avvocato Paolo Pacorig, che rappresenta la ragazza nel frattempo diventata maggiorenne e costituitasi parte civile, ha voluto approfondire le conseguenze. «Non andava alle lezioni e non voleva uscire di casa», ha risposto la madre. Un situazione durata circa un mese e mezzo. Con il difensore dell’imputato, l’avvocato Riccardo Cattarini, a chiedere chiarimenti e indicazioni circa il nipote dell’uomo considerando l’opportunità di ascoltarlo in aula. Chiarimenti anche sulla diffusione della vicenda, facendo pure riferimento a una voce girata rispetto alla quale la ragazzina avrebbe raccontato una bugia per mandare via da Grado la guida spirituale e sostituirlo.

A deporre anche un’altra donna: una settimana prima di quanto accaduto alla 12enne, anche sua figlia, minorenne, «era stata palpeggiata», ha dichiarato. Il segretario del Centro bengalese di Grado, ultimo teste dell’udienza, ha riferito che lo scorso 29 maggio è stato minacciato affinché non si presentasse a testimoniare. E ha presentato denuncia.

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