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Udine, raddoppiano bar e ristoranti ma in vent’anni ha chiuso un negozio su cinque: «Servono nuove idee»

C’era una volta la città emporio. Quel ruolo è messo sempre più in discussione dai cambiamenti del nuovo millennio e dalla loro rapidità: se già le lenzuolate di Bersani sapevano di rivoluzione, le grandi sfide si sono tutte concentrate negli ultimi vent’anni, incrociando il boom dei centri commerciali, l’inverno demografico, la recessione post 2008, una pandemia e la crescita esponenziale dell’e-commerce, che solo negli ultimi 4 anni, in Italia, ha raddoppiato il suo fatturato, passato da 17 a 35 miliardi.

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IL SUMMIT

C’è questa consapevolezza dietro la prima edizione del Summit udinese per il commercio e la crescita organizzata (Succo), che ieri ha riunito in Castello, nella nobile cornice della Galleria d’arte antica, i rappresentanti del Comune, delle categorie, esponenti del mondo associativo e imprenditoriale, dei Comuni e dei distretti dell’hinterland, professionisti, che hanno risposto all’appello del vicesindaco Alessandro Venanzi e del consigliere comunale Paolo Ermano, mente dell’evento, che ha visto anche l’intervento del manager del Distretto udinese del commercio Guido Caufin.

Otto ore di full-immersion per analizzare come sono cambiate la faccia e l’anima della città e del suo commercio, ma anche per individuare quali sono le tendenze chiave con cui fare i conti per provare a governare il cambiamento.

COME SI CAMBIA

Per dare un numero, negli ultimi dieci anni nel Paese hanno chiuso le serrande 11mila negozi al dettaglio, moria che diventa strage tra i negozi di libri e giocattoli (-36%), di casalinghi e ferramenta (-34%), abbigliamento (-34%). Non può fare eccezione il capoluogo del Friuli, che nel 2000 vantava 3.201 negozi, mentre oggi ne conta meno di 2.600, con un calo del 20% (in provincia si ferma al 15%, con 2.100 attività in meno). In compenso la città ha visto quasi raddoppiare le attività del settore turismo, cioè alberghi, bar e ristoranti, che da 601 che erano nel 2000 sono diventate 1.005. Dalla Udine emporio alla Udine da bere, verrebbe da dire, anche se il commercio in senso stretto continua ad avere un consistente peso economico e occupazionale (6.400 addetti su un totale di 45 mila occupati).

IL COMUNE

«Abbiamo fortemente voluto creare un’occasione di incontro e dialogo che coinvolgesse tutti i protagonisti del commercio, un settore che influenza profondamente la vita di oltre 300 mila cittadini tra Udine e i territori contermini», ha spiegato il vicesindaco e assessore al Commercio Alessandro Venanzi, aggiungendo che il comparto, in difficoltà, ha bisogno «di soluzioni nuove e prospettive nel breve e lungo termine». Questo, ha detto ancora Venanzi, è solo il punto di partenza, i primi tratti di una mappa «che descriva lo stato dell’arte del commercio udinese».

IL TAVOLO

Incrociando passato e futuro, Ermano, Caufin e i 50 soggetti presenti al summit hanno anche individuato quali saranno le variabili chiave per il futuro del comparto. Clima e politiche ambientali, abitudini d’acquisto, multietnicità, e-commerce e i nuovi equilibri tra lavoro e tempo libero sono state giudicate le tendenze più impattanti. Su questi e altri temi, come i trend demografici, la crisi, la mobilità, il rapporto con la pubblica amministrazione, si è deciso di sviluppare tavoli di lavoro specifici, elaborando scenari e ipotesi di lavoro che saranno presentati il 27 giugno. —

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