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Dal presidente del Consiglio eletto alla norma anti-ribaltone: cosa prevede la riforma del premierato

riforma premierato

Dal premier eletto dal popolo, alle nuove modalità di elezione del capo dello Stato, dalle norme anti ribaltone all’abolizione dei senatori a vita. Sono i punti principali della riforma del premierato, che ha ottenuto il prima via libera al Senato con 109 sì, 77 no e un astenuto. Il ddl costituzionale 935, il cui titolo […]

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Dal premier eletto dal popolo, alle nuove modalità di elezione del capo dello Stato, dalle norme anti ribaltone all’abolizione dei senatori a vita. Sono i punti principali della riforma del premierato, che ha ottenuto il prima via libera al Senato con 109 sì, 77 no e un astenuto. Il ddl costituzionale 935, il cui titolo breve è “Modifiche costituzionali per l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri” prosegue ora il suo iter alla Camera, per poi tornare nuovamente in Senato in seconda lettura e infine nuovamente a Montecitorio per l’approvazione definitiva.

Il premier eletto direttamente dal popolo

Cuore della riforma è l’elezione diretta del premier, intorno alla quale il testo costruisce un sistema di garanzie affinché il voto popolare non possa essere tradito da giochi di palazzo. “Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni”, sarà la nuova dizione dell’articolo 92 della Costituzione così come previsto dal testo appena approvato al Senato. Il nuovo premier una volta eletto riceve l’incarico di formare il governo dal Presidente della Repubblica.

In carica per non più di due legislature complete

La nuova previsione costituzionale circa l’elettività diretta del Presidente del Consiglio italiano non detta disposizioni sulle condizioni di eleggibilità nonché sulle modalità di svolgimento della sua elezione, demandate alla legge elettorale, come espressamente previsto in modifica approvata in sede referente. Nell’articolo 6 del ddl si dispone che l’eleggibilità del premier sia per non più di due legislature consecutive, elevate a tre legislature qualora il presidente del Consiglio abbia ricoperto l’incarico, in quelle prime due, per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi.

Cosa succede in caso di sfiducia, dimissioni o impossibilità a proseguire il mandato

Altro passaggio cruciale della riforma del premierato è la cosiddetta “norma anti-ribaltone”, che regola quello che avviene in caso di sfiducia, dimissioni o impossibilità del premier eletto di proseguire il mandato. “In caso di revoca della fiducia al Presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere”, si legge nel testo. In caso di dimissioni del Presidente del Consiglio eletto, poi, “previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone”.

La norma anti-ribaltone della riforma del premierato

Nel caso in cui il Capo dello Stato non ritenga di sciogliere le Camere “e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio”. Il paletto della possibilità di nominare un eventuale nuovo premier solo nel caso in cui afferisca alla stessa maggioranza del precedente è volto a garantire che non vi siano cambi di maggioranza in corso di legislatura, evitando maggioranze diverse e governi tecnici.

L’abolizione dei senatori a vita di nomina presidenziale

Altra grande novità introdotta dal testo è l’abolizione dei senatori a vita di nomina presidenziale. Restano l’incarico per gli ex presidenti della Repubblica. La norma si inserisce nel contesto del taglio dei parlamentari, che da questa legislatura ha dimezzato gli eletti tanto alla Camera, quanto al Senato.

L’elezione del presidente della Repubblica

Nella riforma del premierato ci sono alcuni interventi che riguardano indirettamente il Colle, i cui poteri restano comunque invariati. Il capo dello Stato potrà essere eletto a maggioranza assoluta dell’Assemblea non più dopo il terzo scrutino, ma dopo il sesto. Altro punto di intervento è quello relativo alla controfirma dei ministri per alcuni atti. Non necessitano più di controfirma infatti atti come la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri; la nomina dei giudici della Corte costituzionale; la concessione della grazia e la commutazione delle pene; il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum; i messaggi alle Camere; il rinvio delle leggi alle Camere.

Il Capo dello Stato potrà sciogliere le Camere nel semestre bianco in caso di “atto dovuto”

Infine, relativamente al semestre bianco (art.3), che fino a oggi non permetteva al capo dello Stato la possibilità di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del mandato, si prevede ora che il divieto di procedere allo scioglimento delle Camere nell’ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica non trovi applicazione nei casi in cui lo scioglimento costituisca atto dovuto.

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