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Mano al portafogli, i voli green costano di più. Lo vuole l'Europa

Arrivano gli effetti delle follie euro-verdi sulle tariffe dei biglietti aerei. Da uno a 72 euro a seconda della durata. Del resto, se si impone di usare carburante sostenibile in percentuale sempre crescente prima che questo sia prodotto in modo massivo e divenga disponibile ovunque, stante che esso costa molto più del cherosene tradizionale (Jet-A), c’è poco da fare per salvare i bilanci delle compagnie aeree. E la prima ad annunciare un aumento a partire dal prossimo gennaio è Lufthansa, che girerà parte dell’applicazione dell’eurotassa sui passeggeri. Ci sono varie ragioni per le quali possiamo definire follia questo provvedimento. Innanzi tutto, l’aviazione è un settore globale e imporre una regola rigida soltanto nell’Unione Europea è insensato sia dal punto di vista numerico, poiché l’Unione non totalizza più del 28% del totale dei voli che ogni giorno solcano i cieli del Pianeta, sia perché è evidente che il provvedimento creerà un vantaggio ai vettori che non devono per forza rifornirsi all’interno della Ue. Inoltre, se anche gli Usa, cioè la “Aviation Nation” stanno spingendo per usare il Saf, il resto del mondo è reticente. Come se non bastasse, i costi determinati dall’obbligo di usare combustibili sostenibili si sommano alle modifiche attuate al sistema di scambio delle quote di emissione dell’Unione e ai vari sistemi di compensazione per l’anidride carbonica emessa. Il tutto applicato a un settore che entro il 2050 ha già dichiarato di volersi decarbonizzare e che sta lavorando parecchio affinché ciò avvenga. L’unica buona notizia è che l’aviazione commerciale europea negli ultimi dodici mesi è cresciuta con picchi del 19% e che, inevitabilmente, la maggiore concorrenza attenuerà in parte gli effetti sui costi. Comunque vada, dal primo gennaio del prossimo anno i voli del gruppo Lufthansa, quindi anche Swiss international Airlines, Austrian Airlines, Brussels, Air Dolomiti e quindi anche Ita Airways, riguardante qualsiasi partenza da Paesi Ue più Regno Unito, Svizzera e Norvegia, costeranno fino a 72 in più a seconda della durata del volo.

Perché l’unica via (oggi) è il carburante sostenibile

I tempi per gli aeroplani elettrici sono lunghi, l’idrogeno come propelente è una strada a lunghissimo periodo. Così il seppur costoso Saf (Sustainable Aviation Fuel) diventa la soluzione. È realizzato con materie prime non petrolifere come olio da cucina usato, oli esausti di origine animale o vegetale, rifiuti solidi urbani, residui forestali e colture energetiche, tutte masse che devono essere raccolte, purificate e lavorate. Ma ha il vantaggio di integrarsi con le attuali infrastrutture per la distribuzione dei carburanti e le tecnologie motoristiche aeronautiche, offrendo una soluzione che di fatto ricicla una buona quantità di CO2 prodotta. Gli esperimenti per il suo uso sono cominciati una decina d’anni fa: progressivamente la miscelazione tra Jet-A e Saf è passata dal 10% fino in alcuni casi al 50% e, a livello sperimentale, anche al 100%. Mentre ora i regolamenti comunitari impongono l’applicazione di percentuali minime ma crescenti di Saf entro il 2040. La potenziale riduzione delle emissioni di carbonio può raggiungere l’80% nel corso del ciclo di vita rispetto al carburante convenzionale ma varia in base al tipo di materia prima utilizzata, ai metodi di produzione e naturalmente alla logistica coinvolta nella consegna del carburante agli aeroporti, cioè a quanto si inquina per portarlo dalla produzione agli aeroporti. Quindi a causa della disponibilità limitata di materie prime sostenibili e della fase nascente della produzione ha un costo più elevato rispetto al tradizionale carburante aeronautico. Nel 2022 il prezzo del Saf era di circa 2.400 dollari per tonnellata, circa 2,5 volte il prezzo del cherosene. Ma sempre meno dei combustibili sintetici che possono essere fino a sei volte più costosi. Per questo il Saf può essere una soluzione transitoria nell’attesa dell’elettrificazione e dell’idrogeno. Si prevede quindi che il costo diminuirà nel tempo soprattutto con l’espansione degli impianti di produzione e l’aumento degli acquisti da parte delle compagnie aeree. Già nel 2023 la produzione Saf aveva raggiunto oltre 600 milioni di litri, raddoppiando rispetto all’anno precedente e arrivando a costare “soltanto” 1,7 volte quello del Jet-A. Al momento si stima che la domanda europea richiederà 14,8 milioni di tonnellate di produzione annua entro la fine di quest’anno e 28,6 milioni di tonnellate entro il 2050.

L’aviazione è globale ma Usa e Ue hanno approcci opposti

L’accettazione da parte mercato dipende da diversi fattori. Più le flotte sono nuove, più i vettori hanno facilità di utilizzo del Saf, ma affinché le compagnie aeree possano implementarne l’uso, è fondamentale un puntuale sistema di raccolta e analisi dei dati sulle emissioni che sia condiviso. In particolare, occorre controllare le emissioni di carbonio in atmosfera in tempo reale, ottimizzare l'equilibrio delle miscele di Jet-A e Saf a seconda delle rotte da effettuare, prevedere con precisione l'utilizzo futuro del carburante sostenibile controllando l'efficienza operativa dei motori. In breve: accumulare quell’esperienza che porta alla sicurezza senza sacrificare i bilanci. Non a caso i vettori chiedono incentivi finanziari come i crediti d’imposta o come quelli forniti dall’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti. Purtroppo, la Ue segue un approccio rigido, come hanno dimostrato iniziative come ReFuelEU Aviation, che impone la produzione e l’uso di SAF e impone sanzioni in caso di non conformità. Semplificando, da una parte dell’Oceano Atlantico si premia l’uso del Saf, dall’altra si colpisce chi non lo utilizza. Unica speranza l’applicazione del “Net Zero Industry Act” che mira a sostenere la produzione di Saf incentivando gli investimenti, semplificando gli oneri amministrativi necessari per accedere agli aiuti di Stato e fornendo ai produttori di questo combustibile un accesso prioritario alle materie prime. Ma come tutti i piani europei è lento nella sua attuazione mentre i costi aumentano istantaneamente. Una questione da affrontare per la Commissione Ursula-2.

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