Napoli, processo all’anarchico: ha fatto esplodere un petardo al consolato greco, ora si dichiara vittima politica
“Questo è un processo politico, ribadisco il mio essere anarchico e non riconosco il concetto dicotomico di colpevolezza o innocenza. Perché, come scriveva un compagno che mi porto nel cuore, ‘un procedimento giudiziario sarà sempre arbitrario, sarà fondato non sull’evidenza ma sulla forza, non sulla logica, ma sul dominio'”. Non è un verbale polveroso estratto da un processo degli Anni di piombo, bensì la dichiarazione spontanea di pochi giorni fa di un 32enne. Il suo nome è Marco Marino ed è imputato a Napoli dell’attentato dinamitardo al consolato onorario della Grecia avvenuto il 4 marzo 2021. A luglio è attesa la sentenza, prima ci sarà la requisitoria del pm che ne ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, Maurizio De Marco. Marino è accusato di aver pianificato e compiuto un attentato “che aveva l’obiettivo di destabilizzare le istituzioni della Grecia per costringerle ad astenersi o a modificare decisioni attinenti il trattamento carcerario dei condannati per terrorismo”. Una delle ultime tracce note dei collegamenti tra anarchici duri e puri di Italia e Grecia. Collegamenti che vanno avanti ormai da parecchi anni, uno dei casi più celebri fu un attentato all’auto della sorella (diplomatica) di Elly Schlein in Grecia, e più in là nel tempo l’invio di pacchi bomba a diverse caserme in Italia.
Marino fu messo in carcere il 28 marzo 2023, mentre impazzavano le polemiche sul 41 bis applicato all’anarchico Alfredo Cospito. Nelle 44 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip di Napoli Anna Imparato l’attentato attribuito all’anarchico napoletano e ad un’altra persona identificata successivamente, fu compiuto con una specie di maxi-petardo chiamato “Rambo”, un cilindro di cartone assemblato con polvere pirica, assemblato a una bomboletta di deodorante spray. Il movente fu collegato alla campagna anarchica di solidarietà a Dimitris Koufondinas, ex appartenente all’associazione terroristica greca “17 Novembre” e in sciopero della fame in un carcere greco. Nel corso di una perquisizione della Digos a casa di Marino furono ritrovati indumenti uguali o simili a quelli usati dall’uomo ritratto dalle telecamere di sorveglianza del consolato mentre riponeva la bomba. E nel suo cellulare era conservato il pdf di un manuale jiadista con le formule chimiche per prodursi ordigni in casa.
Ora il processo, giunto agli sgoccioli dopo 14 udienze. Nei giorni scorsi Marino ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee e ha detto di essere vittima di “un processo politico”. Aggiungendo che “non mi interessa entrare nel merito delle accuse né delle operazioni di Polizia da cui sono partite che, per quanto mi riguarda, sono solo una accozzaglia di burocrazia giudiziaria funzionale alla volontà politica degli apparati governativi che, coerentemente con la logica di guerra, punta a rinchiudere i cosiddetti nemici interni, quelli considerati irriformabili”. Dunque Marino non riconosce la magistratura che lo sta giudicando: “Ciò che invece riconosco come uno dei principi fondanti del mio anarchismo è l’importanza della solidarietà tra rivoluzionari, ribelli e oppressi”. Il presidente del Tribunale Giovanna Napolitano ha abbozzato: “… La prossima volta farò più attenzione, perché le dichiarazioni devono riguardare esclusivamente i fatti per cui è processo. In parte lo hanno riguardato, ovviamente, questa dichiarazione. È stata più… come dire, una dichiarazione politica, però ne prendiamo atto. È stata estremamente chiara”.
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