World News

Alessandro, l’assistente bagnanti: «Siamo in costante vigilanza non perdiamo d’occhio nulla»

CANDIA CANAVESE. Tempo di estate, tempo di spiagge e piscine, a prendersi cura della sicurezza delle persone che cercano ristoro alla piscina Anthares di Candia Canavese da 25 anni c’è Alessandro Barbiero, 44 anni di Caluso, bagnino o meglio assistente bagnanti.

Quando ha cominciato e cosa l’ha spinta a fare questo lavoro?
«Ho cominciato nel 1999 inizialmente sono stato assunto all’Anthares di Candia come manovale generico, manutenzione, pulizie, il classico lavoretto estivo per mettere da parte qualche soldo durante le vacanze mentre frequentavo ancora il liceo. Durante l’estate del ’99 ho chiesto ai proprietari se avevano bisogno di bagnini e mi hanno risposto di sì. A settembre mi sono iscritto al corso della Fin (Federazione italiana nuoto) di salvamento, è durato quattro mesi con una parte teorica e pratica con relativi esami e mi è stato rilasciato il brevetto. Dall’estate successiva ho cominciato a fare a tutti gli effetti l’assistente bagnanti a Candia e sono 25 anni che lo svolgo tutte le estati, da giugno a settembre. All’inizio era il lavoro estivo, prima nelle vacanze del liceo poi affiancandolo all’università, in seguito l’ho accompagnato al mestiere di giornalista che pratico tutt’ora».

Di cosa si occupa un bagnino in piscina?
«Si occupa della sicurezza delle persone che accedono sul piano vasca, dal lavapiedi fino a quando sono in acqua in piscina, compreso il bordo vasca, i punti fondamentali del lavoro sono la sicurezza e il rispetto delle regole da parte delle persone. La sorveglianza è la parte fondamentale affinché nessuna persona si trovi in difficoltà. La piscina è più traditrice rispetto al mare, perché le persone di fidano di più, e un incidente può capitare sia a bambini che adulti».

Che livello di attenzione richiede?
«Sempre alto. Richiede anche di far valere le regole per il comportamento, studiate per evitare incidenti, che le persone tendono ad eludere. Qui all’Anthares sono capovasca, ovvero responsabile di una dozzina di bagnini. Mi trovo a gestire alcune centinaia di persone nei momenti di punta. Lavoriamo molto con i centri estivi che portano 400/500 bambini. Con decine e decine di bambini in acqua contemporaneamente in una giornata normale si può arrivare ad effettuare oltre una decina di salvataggi. Non è solo salvare la persona nel momento del bisogno, ma evitargli anche traumi fisici e psicologici che lo portino a diffidare della piscina in futuro. Gestiamo anche traumi, fratture, ferite, punture di insetti per soggetti allergici, attacchi epilettici. Fortunatamente non sono mai successi casi in cui c’è stato il rischio di vita, non abbiamo mai usato il defibrillatore. Ho la responsabilità penale e civile per quello che succede durante il mio lavoro».

Come è cambiato il suo lavoro da quando ha cominciato ad oggi?
«Il fascino di questo mestiere è l’imprevedibilità. Grazie agli insegnamenti del precedente capovasca Silvio Grassi, sono cresciuto ed è cresciuto anche l’ambiente e la professionalità dei bagnini di Candia. Oggi gestisco altri bagnini, è mio compito scremare subito le persone che sono portate da quelle che non lo sono, per farlo basta vederli all’opera quando ci sono i giorni con tanti bambini. Dai miei bagnini pretendo serietà, attenzione, valutazione dei rischi, l’obiettivo è renderli autonomi, sicuri e pronti ad intervenire».

Il bagnino è uno dei simboli dell’estate. È così?
«Sì. Ma vorrei sfatare un luogo comune: il bagnino che se ne sta a bordo vasca a prendere il sole. Anche se può sembrare che dietro gli occhiali da sole non stiamo facendo nulla, non è così, siamo in costante vigilanza, non perdiamo d’occhio un centimetro della zona assegnata e neppure un bagnante, è un lavoro carico di tensione e responsabilità e non ti permette di rilassarti e distrarti».

Si ricorda un episodio particolare della sua carriera da assistente ai bagnanti?
«In piscina ho fatto tanti salvataggi, ma quello che più mi è rimasto è accaduto l’estate in cui stavo per prendere il brevetto. Ero a Viareggio, in spiaggia, con amici. Sono andato a largo e ho visto un uomo straniero, corpulento, che si era allontanato da riva per prendere un pallone arrivando in una zona di mare dove non si tocca. Chiedeva aiuto, mi sono avvicinato per salvarlo e ho ricordato i primi insegnamenti del corso che stavo frequentando. Sono riuscito a calmarlo perché era agitatissimo. Solo grazie a quello sono riuscito a riportarlo dove si toccava e a uscire dall’acqua entrambi sani e salvi. È stato quello il mio primo salvataggio». —

Читайте на 123ru.net