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Fenomeno Marine: dallo strappo col padre al partito anti-establishment. Tappe del successo

La grande svolta è arrivata. Dopo anni di crescita elettorale e radicamento sul territorio – interpretando strada per strada i sentimenti della Francia profonda – Marine Le Pen ha portato il Rassemblement National ad un record elettorale storico. Se confermato al ballottaggio del prossimo 7 luglio, questo risultato porterà il partito della destra francese, euroscettica e anti-immigrazionista, al governo. Un’eventualità che sta scuotendo il mondo politico d’Oltralpe e i vertici dell’Unione Europea. Questo successo elettorale non è estemporaneo, dicevamo, ma è stato preparato e organizzato durante un percorso durato oltre dieci anni.

Marine Le Pen nasce politicamente all’ombra del padre Jean Marie, fondatore del Front National, partito che rappresentava i sentimenti reazionari di una parte di Francia uscita da esperienze coloniali, controrivoluzionarie, monarchiche, confessionali e collaborazioniste. Una destra di protesta, incapace perpetuamente di andare al governo, e dunque per Marine che prende in mano il partito nel 2011 – dopo successi personali importanti alle elezioni locali – da superare in fretta. La rottura, anche con il suo stesso padre, è dolorosa, ma porta subito affermazioni importanti.

Il momento catartico

Alle Presidenziali del 2012, Marine si candida e arriva terza, ma inizia a far paura. La destra storica, post-gollista, è in grave difficoltà per colpa di Sarkozy e il Front National sembra un’alternativa per molti. Il primo risultato eclatante arriva nel 2014, quando alle elezioni Europee è il primo partito, risultato confermato nel 2015 alle elezioni dipartimentali. Nel 2017 Marine raggiunge il ballottaggio alle Presidenziali, confermando un 33% storico. E’ un momento catartico. Il padre era giunto al ballottaggio nel 2002, ma per demeriti altrui e al secondo turno venne azzerato dal “cordone sanitario” costruito storicamente attorno a FN. Quindici anni dopo, al contrario, per la figlia la sconfitta al ballottaggio, seppur netta, rimane comunque un successo. L’opera di “dédiabolisation”, il tentativo di mostrare un volto sempre più presentabile e repubblicano, sta riuscendo. Sempre nel 2017 si avvicinano infatti al progetto alcuni ex Repubblicani, guidati dal presentabilissimo Dupont-Aignan.

Il FN aderisce ormai pienamente ai valori della Repubblica Francese, è laico, non ha nostalgie né torcicolli. Non è più FN, insomma, e deve cambiare nome. Dall’esperienza delle liste “aperte” del Rassemblement Bleu Marine, che vanno oltre lo zoccolo duro storico, nasce il Rassemblement National, al congresso del 2018. Jean Marie e le sue battute sulle camere a gas sono un lontano ricordo. E’ la necessaria “uccisione del padre”.

A contatto con la Francia che soffre

Nel frattempo, la Francia cambia e i riferimenti politici storici sono in decadenza. I socialisti scompaiono progressivamente, sostituiti dai macroniani e da altre forze di sinistra, mentre i Repubblicani entrano in forte crisi, non rialzandosi più dai danni inflitti da Sarkò, finito a processo per vicende infime. Le forze storicamente al governo non riescono a interpretare una Nazione in crisi. Mentre in Italia nascono fenomeni estemporanei come i Forconi, in Francia esplodono sommosse vere. Dai berretti rossi del 2013 ai gilet gialli del 2018, il passo è breve. Nelle campagne gli agricoltori scalpitano per la crisi, si registrano numerosi suicidi. “Gli agricoltori francesi sono i più arrabbiati d’Europa”, titolano le agenzie, mentre nel gennaio 2024 Parigi è bloccata dalla rivolta dei trattori. Marine Le Pen, intanto, si fa fotografare con operai, contadini, pescatori.

E poi ci sono le banlieue in fiamme, la crisi migratoria con gli accampamenti sulla Manica, gli attentati dei terroristi islamici. Il problema degli immigrati di quarta generazione non ancora integrati. Temi che, giorno dopo giorno, crisi dopo crisi, violenza dopo violenza, sembrano urlare che Marine Le Pen non fa altro che esprimere ragionamenti di buon senso.

Il RN non incarna più lo scontro fra destra e sinistra, fa fascismo e antifascismo, ma quello fra alto e basso, fra chi ha vinto la sfida della globalizzazione e chi è rimasto indietro. Le Pen è la più votata dagli operai, si stupiscono i media nel 2014. La votano i giovani, constatano, vedendo il 34% delle elezioni politiche nel 2024.

La cavalcata in Europa fino…

Così si arriva al 2019 e all’ennesimo successo elettorale alle Europee, con ulteriore intuizione lepenista: il gruppo di Identità e Democrazia. Marine capisce che, pur essendo spesso eccentrici e poco affidabili, i suoi omologhi negli altri stati europei, se riuniti in un gruppo, possono fare massa critica. Aiutata dalla Lega di Salvini, partito strutturato e affidabile, la cosiddetta estrema destra europea, seppur ostracizzata, effettivamente “fa numero”. E’ un altro steccato che cade. Marine Le Pen è una leader continentale, non si può fingere che non esista. Nel frattempo, anche a livello locale, il partito elegge sindaci e rappresentanti a vari livelli. Ma soprattutto inizia a brillare la stessa del giovanissimo italo-francese Jordan Bardella: a soli 23 anni guiderà la delegazione del Rn.

Il risultato delle elezioni Parlamentari appena celebrate, dunque, non è inaspettato, ma giunge dopo l’exploit delle Europee di poche settimane fa. Lo scioglimento del Parlamento da parte di Macron non è stato altro che una mossa disperata, un tentativo di ricostruire il “cordone”, che però sembra vacillare. Il presidente dei Repubblicani, Ciotti, aprendo ad un’alleanza con Le Pen ha rotto l’argine, portando una parte della destra storica fra le file del Rassemblement National. Una scelta dalla forte valenza simbolica, forse perché il lepenismo ormai, è trasversale.

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