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Slovenia, in Parlamento il caso dei computer lasciati in magazzino

Slovenia, in Parlamento il caso dei computer lasciati in magazzino

Ministra nel mirino per l’acquisto di laptop destinati a giovani in difficoltà economiche. L’Sds: nuova mozione di sfiducia

LUBIANA Anche in Slovenia potrebbe emergere qualcosa di simile, con le dovute proporzioni, allo scandalo italiano dei “banchi a rotelle” dell’epoca del Covid. E il caso, non nuovo ma che sta tornando ora di prepotente attualità, potrebbe avere pesanti conseguenze politiche, causando nuovi mal di testa al governo Golob. Caso che, a Lubiana, riguarda migliaia di computer portatili acquistati dallo Stato per darli in uso a bambini e ragazzini in difficoltà economiche o con disabilità, ma anche a famiglie colpite dalle disastrose inondazioni dell’anno scorso.

Il progetto, nobile sulla carta, sarebbe stato però gestito malissimo fin dall’inizio. Lo ha svelato Rtv Slovenija, la televisione pubblica di Lubiana, che ha messo le mani su una bozza di rapporto redatta dall’equivalente della Corte dei conti che ha evidenziato irregolarità nella gestione dell’affare laptop. Il Tribunale, ha sostenuto Rtv Slovenija, ha accusato il ministero competente, quello della Trasformazione digitale, di «aver deciso di acquistare 13mila computer portatili senza aver adeguatamente definito i bisogni» reali e neppure «le specifiche tecniche» dei laptop stessi. Come risultato, gran parte dei laptop «non è stata distribuita» ai ragazzi – e lo Stato sta pagando anche per la locazione di un magazzino dove custodire i pc non usati – alimentando così le perplessità sulla spesa totale sostenuta da Lubiana per il progetto: oltre 6,5 milioni di euro per computer sui quali si sta depositando la polvere. Polvere che non è stata tolta neppure dopo che il governo, in primavera, aveva modificato una legge per facilitare la distribuzione dei dispositivi, e aveva lanciato degli appelli pubblici diretti ai genitori affinché facessero domanda per riceverli.

Il risultato, ha informato l’agenzia di stampa slovena, la Sta, è che solo tremila computer portatili sarebbero finora arrivati nelle scuole, mentre sarebbero solo 2.500 le domande presentate per gli altri 10mila laptop. Non solo: ad aprile l’Agenzia per il rispetto delle regole della competizione commerciale (Avk) aveva avviato un’indagine sulle quattro aziende che avevano fornito allo Stato i 13mila laptop, perché ci sarebbe stato il sospetto che avessero fatto cartello.

Il flop avrebbe un nome e un cognome: Emilija Stojmenova Duh, titolare del dicastero della Trasformazione digitale, che per il caso dei computer aveva già affrontato un voto di sfiducia in primavera, non andato a segno. Ma le nuove rivelazioni hanno riacceso gli animi, in Parlamento. Lo ha confermato la mossa del Partito democratico sloveno (Sds) dell’ex premier Janez Janša, che ha annunciato la presentazione di una nuova mozione di sfiducia contro Stojmenova Duh. «Vorremmo dare una mano alla ministra nella decisione di dimettersi», ha spiegato con malcelata ironia Jelka Godec, vicecapogruppo dell’Sds al Parlamento di Lubiana. Mano che si tradurrà «in una nuova mozione di sfiducia». Nel frattempo «i deputati socialdemocratici e della Sinistra avranno tempo di pensare se astenersi ancora una volta» o destituire la controversa ministra, ha suggerito Godec.

L’Sds, in precedenza, aveva anche attaccato Duh perché i laptop avrebbero avuto caratteristiche tecniche obsolete e potenza assai modesta; Duh era entrata anche nel mirino della stampa slovena che l’aveva definita «arrogante» e incapace di raggiungere risultati concreti nel campo del digitale. La ministra invece continua a difendersi e a resistere, mentre il suo dicastero ha assicurato che l’acquisto dei laptop è stato «prudente e necessario». Ma questa volta, in Parlamento, meno deputati potrebbero crederci e sostenerla, dopo le ultime rivelazioni.

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