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“Quante teste dovranno essere spaccate prima di vedere i numeri identificativi sui caschi dei poliziotti?”: l’appello dell’attivista di Bologna

“Quante teste dovranno essere spaccate prima di vedere i numeri identificativi sui caschi dei poliziotti?”: l’appello dell’attivista di Bologna

“Quante teste dovranno essere ancora spaccate prima di vedere il numero identificativo sui caschi blu?”. A chiederselo è Martina Solidoro, studentessa di 25 anni e attivista dei Municipi Sociali di Bologna che lo scorso anno è stata colpita in testa da un agente in tenuta anti sommossa mentre si opponeva a mani nude allo sgombero […]

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“Quante teste dovranno essere ancora spaccate prima di vedere il numero identificativo sui caschi blu?”. A chiederselo è Martina Solidoro, studentessa di 25 anni e attivista dei Municipi Sociali di Bologna che lo scorso anno è stata colpita in testa da un agente in tenuta anti sommossa mentre si opponeva a mani nude allo sgombero di un’occupazione abitativa. La ragazza è finita al pronto soccorso con sei punti di sutura in fronte e un trauma cranico. Per questo aveva scelto di denunciare il suo aggressore: “Io il suo volto me lo ricordo. Prima di colpirmi in testa mi ha guardata, mi ha puntata, e ha sferrato la manganellata mandandomi a terra” dice Solidoro. Ma la Procura ha chiesto l’archiviazione. E così l’attivista insieme alla sua avvocata Francesca Cancellaro ha annunciato ieri di volersi opporre alla richiesta di archiviazione.

“Riteniamo che ci sia stata una mancanza generale e una sottovalutazione di ciò che è accaduto. I fatti sono gravi e meriterebbero una particolare cura nell’accertamento” spiega l’avvocata Cancellaro che fa riferimento al fatto che nella richiesta di archiviazione è messo nero su bianco che non è stato possibile identificare la persona che ha colpito la studentessa anche per i “caschi indossati dalle forze dell’ordine”. Eppure, secondo la legale dell’attivista, “gli elementi per accertare le responsabilità individuali ci sarebbero tutti”. Fin da subito la studentessa si è detta in grado di riconoscere l’aggressore, ma non è stata sentita. “Da questo punto di vista le indagini sono state carenti pertanto chiediamo che vengano proseguite, che vengano fatti gli accertamenti, acquisendo materiali e ascoltando Martina” aggiunge l’avvocata sottolineando che in gioco non c’è solo la vicenda giudiziaria di Solidoro.

“Il mio non è un caso isolato” dice l’attivista riferendosi a un’altra vicenda giudiziaria. Quella di Ilaria Cauzzi, attivista bolognese che lo scorso dicembre era stata colpita con calci nell’inguine da un poliziotto in tenuta anti sommossa nel corso di una carica contro un corteo che protestava per gli sgomberi. Anche in quel caso la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Ma i casi denunciati sono solo la “punta di un iceberg”. “Il numero di casi sommersi è difficile da individuare perché è legato alla difficoltà della denuncia come abbiamo potuto vedere in questo caso” aggiunge l’avvocata Cancellaro. “Questa denuncia vuole essere una cassa di risonanza di una battaglia che è portata avanti da tanti” prosegue Solidoro che insieme ai Municipi Sociali di Bologna ha lanciato la campagna “Identifichiamoli tutti” per chiedere ancora una volta che vengano introdotti in numeri identificativi sui caschi dei poliziotti. “È una questione indispensabile – conclude Solidoro – per tutelare i diritti di tutti quelli che vogliono dissentire”.

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