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Delivery: bicicletta truccata, consegna moltiplicata



I «rider» sfrecciano per recapitare le ordinazioni di cibo senza rispetto per le regole stradali, spesso modificando illegalmente il loro mezzo che così si trasforma in motociclo. Chi li fermerà?

Agli incroci passano con il rosso, utilizzano i marciapiedi se c’è coda, fanno slalom tra le auto e scampanellano impertinenti tra chi passeggia nelle aree pedonali, mentre lungo le corsie delle normali bici vanno forte quanto motorini e guai a non dar loro spazio. Sono i rider delle consegne a domicilio, in sella a due ruote elettriche senza targa. Spesso causa di gravi incidenti stradali oppure vittime, come avvenuto il 9 giugno a Milano: due «casi in cronaca» nello stesso giorno. Nel primo, zona Ponte Lambro, un pachistano di 34 anni è stato investito da un’auto e in seguito è deceduto; nel secondo, un 24enne è stato centrato da una macchina all’incrocio tra via Melchiorre Gioia e viale della Liberazione, è finito in rianimazione all’ospedale Niguarda. Pare che in almeno uno dei due casi il ciclo-fattorino fosse passato con il rosso.

È sotto gli occhi di chiunque: il comportamento stradale dei rider nuoce gravemente alla salute, alla loro in primis. E tutto nasce da quei mezzi così veloci eppure parametrati a biciclette. «La maggior parte di loro viaggia a velocità anche superiori ai 40-45 chilometri orari, truccando la bicicletta elettrica o a pedalata assistita» denuncia Massimo Di Pietro, segretario provinciale Unasca (Unione nazionale autoscuole e studi di consulenza automobilistica), che si occupa anche di sicurezza stradale. «Modificano quelle elettriche, che per legge non dovrebbero superare i 25 chilometri orari, e il cui motore si dovrebbe disinserire quando smettono di pedalare. Invece la maggior parte utilizza mezzi che montano un sistema di collegamento diretto tra batteria e ruote». Bici truccate che diventano motocicli grazie a meccanici compiacenti che rischiano una sanzione amministrativa da 1.084 a 4.339 euro. Mentre il mezzo che supera velocità e potenza previste dal Codice della strada andrebbe fermato e confiscato.

Un mondo così presente eppure così nebuloso, quello dei rider. Difficile fare anche una stima esatta di quanti siano. Solo a Milano, migliaia, probabilmente 30 mila in Italia, concentrati nelle grandi città. E più veloci vanno, più consegne fanno, più guadagnano. Cioè pochissimo. Un fattorino di Glovo, pachistano, ci mostra i 2,50 euro presi all’ultima consegna. «In una giornata “buona”» racconta «posso arrivare anche a 30 euro, in un mese ne metto insieme circa 900». Il capoluogo lombardo è certamente la città più coinvolta dal fenomeno, insieme con la Capitale. Eppure, nonostante la massa di ciclo-fattorini che trasformano le due ruote in motocicli guidando senza patente, targa e assicurazione, né casco di protezione, non si vedono verifiche da parte dei vigili. «I rider sono così tanti che è impossibile controllarli» rispondono a precisa domanda al comando di Polizia locale zona 4, in via Oglio, «servirebbero dei gruppi dedicati, ma il Comando centrale non ne vuole sapere».

Mettere un freno a comportamenti pericolosi - e fuorilegge - tra le migliaia di ciclo-fattorini che si muovono ogni giorno per la città non costituisce evidentemente una priorità dell’amministrazione del sindaco Beppe Sala. «Da oltre 15 anni a Milano non effettuiamo un posto di blocco» riconosce il vigile e segretario provinciale Consorzio sindacale autonomo, Orfeo Mastantuono. «La nostra funzione principale dovrebbe essere proprio di educare gli utenti della strada, ma non è più così per un problema di organizzazione. Spesso i rider ci passano davanti superando il limite di velocità, ma non possiamo fermarli perché la centrale operativa ci chiama per altri interventi. Ormai si tratta di comportamenti che ci mettono di continuo in difficoltà. Come è avvenuto per i controlli di chi guida i monopattini, servirebbero dei gruppi di colleghi dedicati, ma questa è una scelta politica che non viene fatta».

Il primo cittadino di Milano preferisce mettere nel mirino gli automobilisti. «Ogni giorno vengono comminate cinquemila multe ai conducenti di quattro ruote, e solo cinque ai ciclisti» spiega Filippo De Bellis, consigliere di Municipio 5 e responsabile del dipartimento sicurezza in Regione Lombardia per Forza Italia (ma anche consulente della commissione giovani dell’Automotoclub storico italiano). «Chi vive a Milano può constatare ogni giorno come molti rider non rispettino semafori, velocità, sensi unici, cioè il Codice della strada, previsto anche per chi viaggia su due ruote. Nella maggior parte degli incidenti mortali la corresponsabilità è del ciclista, ma questo è politicamente scorretto e non si può dire. La lobby dei ciclo-cittadini è un bacino elettorale importante».

Si dovrebbe forse prendere come esempio il Nord Europa. A Copenaghen, i controlli delle forze di polizia verso i ciclisti sono frequenti e accurati. Se passano col rosso o procedono contromano ricevono 130 euro di multa.Da noi si dovrebbe accertare, con l’occasione, se la bici è un «motociclo illegale». E invece nulla. Per Nicola Salvato, comandante della Polizia locale del Collio, Gorizia, «in teoria bisognerebbe fermare il mezzo sospetto, controllarne i documenti e portarlo in una ciclo-officina per gli accertamenti tecnici». In teoria. In realtà, i fattorini a due ruote filano talmente veloci senza pedalare che i loro abusi sono evidenti anche ai vigili che nel 2023 a Padova ne hanno sanzionati cinque. «Abbiamo persino registrato un video mentre erano in azione» racconta Stefano Vedovetto, agente scelto del pronto intervento speciale di Padova. Eppure è Bologna la città più virtuosa nel contrastare i trasgressori. Nel 2023 ha elevato 1.019 sanzioni per «alterazioni costruttive di velocipedi a pedalata assistita», mentre se ne contano solo 10 a Genova, e 26 a Napoli. Poche.

Ma come si comportano rispetto a questo problema le multinazionali che impiegano i rider per le consegne? L’unica che sembra affrontarlo più seriamente è Just Eat, l’azienda che fra l’altro, ha siglato nel 2021 il primo contratto collettivo aziendale del settore in Italia e Europa con le sigle sindacali dei ciclo-fattorini. La risposta ufficiale a Panorama è questa: «In merito al fenomeno dei rider che modificano le biciclette elettriche per abbreviare i tempi di consegna trasformandole in “motocicli”, a Milano, Roma e Firenze, sono stati implementati degli hub territoriali dove ritirano i veicoli (bici muscolari, bici elettriche o motorini elettrici in base alla conformità della città) forniti dall’azienda e l’attrezzatura necessaria per svolgere il proprio lavoro che riconsegnano a fine turno».

Le piattaforme del «food delivery» potrebbero mettere un freno agli abusi. «La nostra confederazione include alcune aziende del settore associate ad AssoDelivery come Deliveroo e Glovo» spiega Marco Barbieri, segretario generale di Unione Confcommercio Milano, Lodi Monza e Brianza. «Stiamo da tempo cercando di arrivare a una contrattazione collettiva nazionale per rappresentare questi lavoratori autonomi. In quel caso potrebbero essere indicate regole e obblighi precisi per i ciclo-fattorini». Ma intanto continuano a correre, e con facilità, come scopriamo in piazza Beccaria, a due passi dal comando centrale dei «ghisa» milanesi. Un fattorino pachistano racconta, in inglese, che la sua bici elettrica supera i 40 chilometri all’ora e mostra come funziona un comando sulla destra del manubrio che permette di eludere la pedalata assistita e avviare direttamente il motore. L’ha acquistata a Chinatown per 800 euro, quasi quanto il suo stipendio mensile. Come lui tanti altri, dice. Per campare, questo e altro.

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