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«Il rischio è di arrivare al 2025 senza un contesto normativo chiaro»

Tra meno di un anno, anche l’Italia dovrà rendere applicabili tutti i dettami previsti dalla direttiva europea denominata European Accessibility Act. Dunque, i siti online dovranno raggiungere la piena e totale accessibilità digitale, rispettando le linee guida WCag2.1 che sono state – tra l’altro – già recepite nel 2020 all’interno del cosiddetto “Decreto Semplificazioni“. Manca poco, ma sembra esserci un immobilismo anche da parte del legislatore e delle istituzioni che – per il momento – hanno lasciato questo ecosistema all’interno di un sistema con più ombre che luci. Ed è per questo motivo che AccessiWay Italia ha pubblicato, nelle scorse ore, un Manifesto per chiedere un impegno – anche da parte della politica – ad accelerare questo percorso, come ha spiegato ai microfoni di Giornalettismo il CEO Edoardo Arnello.

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All’interno del Manifesto di AccessiWay ci sono sette punti-chiave che vanno dalla richiesta di predisposizioni di reali e tangibili sanzioni sistematiche nei confronti di chi (e questo riguarda anche la Pubblica Amministrazione) non si conforma alle regole, fino alla promozione di incentivi per uniformare l’accessibilità digitale e renderla universalmente presente in tutto l’ecosistema internet. «Ormai è chiaro ed evidente che l’accessibilità digitale sia un diritto fondamentale – ha spiegato Edoardo Arnello ai microfoni di GTT -. Di conseguenza, c’è un contesto normativo molto esteso che va dallo European Accessibility Act alla “Legge Stanca” in Italia. Nonostante ci sia questo grande contesto normativo molto dettagliato, restano molti buchi nella parte operativa e pratica. Nel 2025, per esempio, diventerà obbligatorio per tutti, quindi anche per le PMI e per le microimprese, essere accessibili e rispettare gli standard».

Ed è qui che arriva il primo punto critico, con una serie di interrogativi che – almeno per il momento, non sembrano trovare una risposta concreta e tangibile: «Come dovranno dimostrarlo? Che tipo di deroghe avranno? Quali saranno le multe? Chi applicherà le sanzioni? Quali strumenti avrà a disposizione l’organo preposto (che oggi dovrebbe essere AGID) per applicare le sanzioni?». 

Edoardo Arnello ci spiega il Manifesto di AccessiWay

Dunque, c’è un vuoto normativo (nonostante l’esistenza e la sussistenza di leggi), comunicativo e informativo: «Il fatto che non ci sia chiarezza, come in tutte le leggi, lascia spazio all’interpretazione e quindi a non fare nulla, o a fare male – ha sottolineato Arnello – . Perché se le persone di un’azienda non sapranno quale tipo di multa si rischia, come si può fare ricorso, cosa si deve presentare, quale modello di dichiarazione dovrà compilare o se ci sono delle deroghe, si entra in un vuoto senza soluzione e applicazione. Quindi, il rischio è di arrivare al 2025, l’anno più importante per l’accessibilità digitale, quando abbiamo davvero l’opportunità di metterla in pratica, senza un contesto normativo chiaro». Anche perché, siamo completamente immersi in un quell’ecosistema digitale che, per la sua natura, dovrebbe essere molto più accessibile e con meno barriere architettoniche rispetto alle dinamiche del passato. Eppure la situazione in Italia, come evidenziato da AccessiWay, è tutt’altro che positiva per quel che riguarda la maggior parte degli indicatori. 

I criteri di accessibilità

Eppure, le linee-guida sui criteri di accessibilità (WCag2.1) indicate nello European Accessibility Act (recepito dall’Italia nel 2020), sono note da anni. Ma cosa prevedono? «Sono un insieme di criteri che devono essere rispettati affinché il sito o il touch point di turno sia utilizzabile da chiunque indipendentemente dall’esigenza specifica che ha. Questo comporta, spesso, anche personalizzazioni: è chiaro che non si possa fare una soluzione che vada bene per tutti in qualunque momento; allora, esattamente come accade sul telefono, si può andare nelle impostazioni di accettabilità e aumentare il font su un sito, si possono personalizzare le esperienze, una versione dei caratteri, i colori, nascondere le immagini e così via – ha spiegato il CEO di AW Italia -. Quindi. l’usabilità è una cosa che si raggiunge rispettando gli standard e offrendo le opzioni di personalizzazione, ovviamente sempre partendo dal design. È molto importante che si concepiscano i prodotti fin dall’inizio».

Tra i principali troviamo accessibilità e usabilità:«Sono due concetti che vanno abbastanza a braccetto, nel senso che un touch point digitale che sia da un documento pdf, un sito web o da un’applicazione mobile deve essere utilizzabile, percepibile, comprensibile e robusto. Quindi, un’esperienza utente deve essere la stessa su tutti i dispositivi. Allo stesso modo, il ruolo degli elementi su un sito deve essere chiaro: se un bottone è un bottone non deve essere codificato come se fosse un semplice link, per esempio, perché c’è un problema di compatibilità con gli screen reader che leggono gli elementi su cui atterrano».  A tutto ciò si aggiunge un altro elemento relativo all’accessibilità digitale, quello della fruibilità dei filmati: «I video devono avere i sottotitoli nella descrizione. Per quanto riguarda l’usabilità, nel caso di utenti con epilessia, questi video devono poter essere stoppati in qualunque momento con un semplice click, perché c’è il rischio che quelli con mille flash inneschino un attacco epilettico».

Intelligenza artificiale e accessibilità

In attesa che istituzioni e legislatori si rendano conto che il tempo scorre velocemente e che la scadenza del 28 giugno 2025 è sempre più vicina, Edoardo Arnello ha voluto sottolineare come oggi ci siano ulteriori funzioni e servizi – figli dell’evoluzione tecnologica – che possono essere utilizzati come facilitatori nel percorso di accessibilità digitale: «Noi utilizziamo l’AI per un nostro strumento, un widget di accessibilità, che permette l’opzione di personalizzazione per sistemare gli errori presenti sul sito in maniera automatica. È una soluzione veloce e versatile. Ovviamente non vuol dire che sia qualitativamente la migliore, ma permette in pochissimo tempo e a bassissimo costo, di migliorare sensibilmente l’accessibilità di un sito in modo automatico».  

Soluzioni che sembrano parlare la stessa lingua e che in futuro diventeranno sempre più integrate tra loro: «L’accessibilità e l’intelligenza artificiale sono due cose destinate ad essere sempre più vicine. Faccio un esempio: i sottotitoli di YouTube. Sono quasi perfetti e sono generati con l’intelligenza artificiale. Anche Microsoft sta lavorando e ha realizzato dei prototipi molto avanzati di occhiali che utilizzano una lente e un riconoscitore testuale per dire ad alta voce, comunicando in cuffia a una persona non vedente, quello che ha attorno e segnalare un ostacolo. L’AI – ha concluso Edoardo Arnello – può aiutare moltissimo sia dal punto di vista degli ausili che dal punto di vista degli strumenti che possono essere messi a disposizione degli sviluppatori per rendere i siti più accessibili».  

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