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«Vini del Canavese: è il nostro momento»

«Vini del Canavese: è il nostro momento»

foto da Quotidiani locali

Ivrea

Ne ha viste di estati o troppo calde o troppo fredde, Gian Luigi Orsolani, e ne ha fatte di vendemmie pregiudicate dal meteo. Il vino, si sa, ha bisogno di sole. È la prima regola.

E allora viene automatico chiedersi come andrà quest’anno per i vini del Canavese ormai lanciatissimi, se non è azzardato dire che da quattro mesi a questa parte piove un giorno sì e l’altro pure. A dare la propria analisi del vitivinicolo nostrano, e non solo, è il presidente di Confagricoltura Torino recentemente eletto, un canavesano che i vigneti se li porta dentro da quattro generazioni.

Classe 1966, di San Giorgio Canavese, Orsolani ha raccolto l’eredità del padre Francesco, con il quale gestisce la cantina di famiglia fondata nel 1894. Dove l’Erbaluce è il vitigno principe e i metodi di conduzione sono improntati alla sostenibilità ambientale e all’autosufficienza energetica dai tempi in cui questi termini poco dicevano ai più.

Forte di un saper fare fuori dal comune per vocazione e storia, è lui a dire che sì, questo è il momento di Erbaluce e Carema.

Presidente Orsolani, oggi il cielo è nuovamente carico di nubi. Come sarà la vendemmia?

«Il forte vento dei giorni scorsi ha fatto disastri agli impiantamenti, e quella che pare essere stata la primavera più piovosa degli ultimi settant’anni sta generando problemi già evidenti in fatto di eccessi di umidità. Tutta quest’acqua mina la maturazione e la sanità della pianta. Come settore, siamo stati già ridimensionati dalla gelata di fine maggio-inizio giugno, soprattutto nelle zone meno protette dalla collina. Ma la vendemmia si gioca adesso, con le temperature di luglio e agosto. Speriamo in belle giornate soleggiate».

Nessuna previsione di vendemmia?

«Dal punto di vista della quantità ci sarà sicuramente una contrazione dovuta alla gelata di maggio, sulla qualità non mi esprimo, è troppo presto. Potrebbe essere molto buona, dipende dai prossimi 60 giorni».

Un recente studio di Confindustria Canavese e Camera di commercio Torino dà in maggiore espansione sul territorio, dopo i servizi, le attività attinenti al turismo enogastronomico e all’agricoltura. Che percezione ha?

«Io ho cominciato a lavorare nel 1988 e all’epoca le aziende agricole erano ancora po’ promiscue, poco specializzate. Oggi è in atto da diversi anni un ritorno a una diversificazione, ma in ambito turistico. L’azienda che produce una qualità territoriale, quindi con un valore culturale nella sua produzione, credo sia doveroso si differenzi dedicando una sua parte all’aspetto turistico, dalle cosiddette “proposte esperienziali”, all’enogastronomia e all’agriturismo, le stanze per dare un punto di appoggio per fare una partenza e andare a scoprire il territorio. È una differenziazione che diventerà sempre più necessaria. In tal senso, quanto più ci sarà questa idea di diversificare l’attività da parte del produttore, tanto più si creeranno le condizioni perché venga alimentato un turismo di questo tipo e l’attrattività del territorio. Si tratta di partire da una visione ampia che sappia guardare oltre il qui e ora del “non tengo camere perché non ho richieste”. Probabilmente, non c’è richiesta perché i turisti non trovano camere. Intendo dire: io mi differenzio non tanto perché c’è la richiesta, ma perché ritengo che sia il futuro».

Perché l’agricoltura affascina un pubblico sempre più vasto? E perché aumentano gli agricoltori giovani?

«È un mondo variegato, questo, che per certi versi si sta riscattando in modo importante. Sono dell’avviso che tutto sommato giochi una saturazione a livello di industria e attività legate a spazi ristretti; a fronte di un modello di vita veloce e opprimente, l’agricoltore offre una dimensione più grande e attraente. Interpreto tutto questo con la ricerca di rilassatezza e tranquillità da parte del pubblico adulto; poi il fatto che i giovani ne siano attratti gli dà quella nota glamour che forse non avevamo prima. Giovani che quando si buttano in questo settore lo fanno in modo encomiabile».

Il vino canavesano

«Un giro di giostra c’è per tutti. Non solo perché uno riesce a raggiungere risultati mai raggiunti prima, ma perché si creano le condizioni favorevoli di base a partire dai gusti della gente. In questo momento, complice la nostra capacità di fare vino di qualità sempre più alta, si sta vivendo un momento interessante per il Canavese. Il mercato richiede quella mineralità e quelle caratteristiche che noi abbiamo per morfologia e geologia. Voglio dire: ogni territorio ha il suo tempo, forse il nostro sta iniziando adesso. Le carte vini nei ristorante ne sono la riprova».

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