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Il Brasile raccontato in una mostra d’arte al Museo Madre

“Vai, vai, Saudade” è la mostra dedicata agli artisti ed innovatori del sud america brasiliano.

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La mostra “Vai, vai, Saudade” al Museo Madre di Napoli, curata da Cristiano Raimondi, è un’esplorazione dell’arte brasiliana prodotta dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri. L’esposizione prende il nome da una samba composta da Heitor dos Prazeres, un artista di Rio de Janeiro che fu tra i primi a subire la censura durante la dittatura militare del 1964.

La mostra presenta ben 194 opere di 52 artisti brasiliani di diverse generazioni, ed offre un ricco panorama che intreccia temi formali e concettuali, spirituali e terreni, politici e geografici; è organizzata in un percorso poetico che ricorda la struttura di un romanzo, suddiviso in capitoli che affrontano questioni urgenti del Brasile moderno e contemporaneo.

Questo itinerario inizia con l’opera “Livro da Arquitetura” (1959-60) di Lygia Pape, che descrive la storia dell’umanità come costruttrice di civiltà attraverso un inventario di archetipi architettonici; si affronta un dialogo con le opere di Hélio Melo, un artista della regione di Acre, che narra la distruzione del suo habitat naturale da parte dell’uomo “civilizzato” attraverso metafore e allegorie poetiche.

Il percorso termina con la serie “Era uma vez a Amazônia” di Jaider Esbell, che si focalizza sull’impoverimento delle condizioni di vita delle popolazioni originarie dell’Amazzonia e sul loro futuro sempre più incerto.

Tra gli artisti presenti, Adriana Varejão si distingue per le sue opere che analizzano indirettamente i temi del colonialismo e dell’identità culturale utilizzando i tipici azulejo portoghesi (piastrelle in ceramica). Maxwell Alexandre, con le sue vivaci pitture, ci lascia intravedere la vita e la cultura delle favelas di Rio de Janeiro, mentre Antonio Dias, un artista concettuale, critica spesso le strutture di potere politico e le ingiustizie sociali nelle sue opere.

Cildo Meireles è noto per le sue installazioni che coinvolgono il pubblico e trattano temi politici e sociali, mentre Hélio Oiticica, figura centrale del movimento d’avanguardia brasiliano, è celebre per le sue installazioni interattive e il concetto di “Parangolé”, che integra arte visiva, performance e vita.

La mostra non celebra l’arte, ma offre un taglio socio artistico profondo del contesto storico e culturale del Brasile. Dalla fine della schiavitù, abolita solo nel 1888, alle successive ondate migratorie provenienti principalmente da Italia, Libano, Giappone e Germania, fino ai movimenti politici più recenti come il Bolsonarismo, il Brasile ha vissuto e vive tra positivismo e democrazia, dittatura e censura, frustrazione e speranza, ma anche tanta ignoranza diffusa impregnata di credenze e la superficialità di gran parte degli abitanti.

Malgrado ciò, la resilienza di questo paese è capace di costruire un’identità basata sulla valorizzazione del multiculturalismo e sulla fusione di linguaggi plurimi, sfidando le visioni eurocentriche e monolitiche della storia dell’arte. Fin dall’inizio del secolo scorso, il Brasile è stato uno dei protagonisti dell’avanguardia mondiale, grazie anche all’osservazione delle culture ancestrali e di quelle considerate “popolari”.

L’allestimento di “Vai, vai, Saudade” è pensato per creare associazioni, a volte inattese, e dialoghi tra gli artisti, permettendo al visitatore una riflessione esperienziale coinvolgente. Questo approccio permette di esplorare la complessità e la ricchezza della produzione artistica brasiliana, e di come la coesistenza di linguaggi e codici differenti possa creare un intreccio culturale ricco, fortemente strutturato e articolato.

Tra gli artisti esposti, troviamo anche figure come Lygia Clark, nota per le sue opere che esplorano la percezione sensoriale e la partecipazione del pubblico, e Tunga, un artista che ha combinato scultura, installazione e performance in modi innovativi. Hélio Oiticica, con il suo lavoro che va oltre la semplice contemplazione estetica, invita il pubblico a un’esperienza immersiva e partecipativa del suo percepito. La stessa presenza di artisti come Tomie Ohtake, di origine giapponese, mostra come l’influenza delle diverse ondate migratorie sulla cultura e sull’arte brasiliana possa essere ad oggi fortemente pregnante e distintiva.

Attraverso la storia e la cultura del Brasile e le sue radici coloniali alle attuali dinamiche sociali e politiche, le opere degli artisti presenti, raccontano un passato di resistenza, speranza e continua evoluzione. Il Museo Madre, con questa esposizione, propone offre una visione rigorosa e ampia della produzione artistica recente del Brasile, dimostrando come questo paese sia terreno fertile per idee e rivoluzioni artistiche.

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