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Wimbledon donne, Day 7: continuano la corsa di Paolini e il sogno di Sun

La scrematura della domenica ha definito i primi due quarti di finale della parte bassa del tabellone: Paolini contro Navarro e Sun contro Vekic

La domenica dedicata alla prima parte degli ottavi di finale è stata un giornata di dure battaglie. Tre match si sono conclusi al terzo set, con le protagoniste spinte al limite, anche se per ragioni diverse, e con l’aggiunta di fattori extratecnici che hanno inciso sull’andamento delle partite. Lacrime e pioggia, verrebbe da dire, un po’ come nel famoso monologo di Blade Runner.

La prima a qualificarsi per i quarti di finale è stata Jasmine Paolini, che ha sconfitto Madison Keys (6-3, 6-7 (6), 5-5 ritiro) in una partita che Jasmine ha condotto benissimo nel primo set e che poi ha avuto un andamento altalenante nei parziali successivi (rimando alla cronaca per i dettagli). Come è naturale che fosse, Keys ha reagito nel secondo set, prendendo il largo, ma al dunque non ha trovato la forza di chiudere da 5-1 sopra.

Dopo che Jasmine aveva risalito la china fino al 5-5 pari, Madison ha cambiato il piano partita: ha cominciato a cercare la rete per provare a consolidare con le volèe le situazioni di vantaggio costruite lungo lo scambio. E la cosa ha funzionato. Vinto il tiebreak per 8 punti a 6, Keys di nuovo si è portata in vantaggio di due break nel terzo set, e di nuovo non è riuscita ad approfittare del vantaggio. Ma il patatrac è arrivato sull’ultimo scambio dell’ottavo game, sotto forma di infortunio alla coscia sinistra. Ha provato a resistere, ma sul 5-5 Madison in lacrime ha alzato bandiera bianca, visto che non era più in grado né di spostarsi né di colpire (direi soprattutto dalla parte del dritto).

E’ stata una conclusione triste per una partita di buona qualità, anche se secondo me Paolini aveva giocato meglio contro Andreescu. Anzi, al momento definirei il primo set fra Bianca e Jasmine come la migliore frazione di tennis a cui ho avuto la possibilità di assistere in questa edizione di Wimbledon. A scanso di equivoci: mi riferisco ai pochi match (rispetto a tutti quelli disputati) che ho potuto seguire direttamente.

Con il quarto di finale raggiunto, Jasmine eguaglia il miglior risultato ottenuto da una tennista italiana a Wimbledon nell’era Open. L’hanno preceduta Golarsa nel 1989, Farina nel 2003, Schiavone nel 2009 e Giorgi nel 2018. Nessuna di loro è riuscita ad andare oltre, quindi in caso di un nuovo successo ci sarebbe la possibilità di segnare un record assoluto (e solitario) per il tennis italiano al femminile.

Avversaria di Jasmine Paolini sarà Emma Navarro (tds 19), che ha eliminato la testa di serie numero 2 Coco Gauff. Unica partita conclusa in due set (6-4, 6-3), e dall’andamento piuttosto lineare: Gauff è stata la prima a strappare il servizio all’avversaria (3-2 primo set), ma Navarro ha immediatamente reagito con il controbreak, poi ha salvato due palle break nel game successivo. E da quel momento ha difeso i suoi turni di battuta senza troppe difficoltà (zero palle break concesse da lì in poi). E così a Coco sono risultati fatali i due passaggi a vuoto alla fine del primo set e nel quarto game del secondo. Cade così la quarta delle cinque principali favorite (Swiatek, Sabalenka, Rybakina Gauff e Jabeur). Dunque al momento solo Elena Rybakina è ancora in gara.

Magari sbaglio, ma secondo me per Paolini sarebbe stato meglio affrontare Gauff che Navarro. Coco può andare incontro a problemi con la solidità del dritto e quindi costruire il piano partita contro di lei è più semplice e sicuro. Un paio di dati di conferma: contro Navarro, Gauff ha sbagliato 16 dritti, a fronte dei soli 6 errori di rovescio; e infatti anche Emma ha costruito il match sollecitandola sul suo colpo meno sicuro. E la strategia, se volete anche banale, ha funzionato.

Al contrario, Navarro mi sembra una avversaria senza evidenti punti deboli. Vedremo se Jasmine saprà trovare qualche crepa nel tennis solidissimo di Emma. I precedenti sono 3-0 per Navarro, tutti sul cemento.

Mentre Paolini e Keys giocavano protette dalla pioggia grazie al tetto del Court 1, sul campo 2 andava in scena il calvario meteorologico tra Vekic e Badosa. In teoria avrebbero dovuto cominciare alle 11.00 (ora locale) e invece hanno dovuto attendere diverse ore per disputare il primo quindici. Non solo: poi sono arrivate altre interruzioni per pioggia nel corso della giornata che hanno trascinato il match sino alle 18.30, orario di Londra.

Alla fine ha prevalso Vekic per 6-2, 1-6, 6-4 e in questo modo ha raggiunto per la prima volta in carriera i quarti di finale a Wimbledon. Il che è abbastanza sorprendente, se consideriamo quanto bene può giocare Donna sull’erba. A fine partita, nella classica intervista a bordo campo, Vekic è apparsa completamente svuotata: non tanto sul piano fisico ma su quello psicologico, considerato che il suo match si è concluso sette ore e mezza dopo l’orario di inizio stabilito. Faticava realmente a rispondere alle domande, al punto che l’intervistatrice si è sentita in dovere di scusarsi per il clima di Londra.

Ultimo ottavo di finale: Raducanu contro Sun, sul Centre Court. Ho visto giocare per la prima volta Lulu Sun e sono rimasto molto colpito. Naturalmente con un solo match come riferimento non pretendo di tracciarne un quadro preciso, riferisco solo le impressioni che mi ha lasciato nella specifica partita. Dovessi utilizzare una sola parola per spiegare il suo gioco sceglierei questa: anticipo. È impressionante quanto in avanti riesca a stare nella conduzione dello scambio.

Il suo è un vero e proprio “ping pong tennis” che ricorda le prime importanti giocatrici proposte dal tennis cinese una ventina di anni fa. Potendo sceglierne una, non avrei dubbi: Zheng Jie, capace di arrivare in semifinale a Wimbledon nel 2008 e poi autrice di una memorabile partita sempre a Wimbledon contro Serena Williams nel 2012. Partita persa per 6-7, 6-2, 9-7 contro la giocatrice che non solo avrebbe poi vinto il torneo, ma che sugli stessi campi avrebbe fatto il bis qualche settimana dopo in occasione delle Olimpiadi di Londra, lasciando le briciole alle avversarie.

Proprio come Zheng, la mancina Sun riesce a capitalizzare al meglio tutti i vantaggi che, sulla carta, permette una posizione di gioco così avanzata. Innanzitutto la facilità nel trovare traiettorie strette, e questo non è difficile da capire: è una semplice questione geometrica. Poi la capacità di prendere il controllo dello scambio togliendo il tempo all’avversaria. Ma anche la maggiore facilità nel verticalizzare sia attraverso la palla corta che con le discese a rete (che in questo match ha convertito con ottime volèe). Infine la possibilità di difendere “tagliando” le traiettorie e quindi facendo meno strada nella copertura del campo. Ora mi direte: ma se derivano tutti questi vantaggi da una posizione del genere, perché non la adottano tutti? Perché per giocare così avanzate occorrono una reattività, una tecnica e una sicurezza assolutamente superiori. E Sun sembra riuscirci in scioltezza.

Aggiungiamoci che siamo di fronte a una giocatrice mancina e si capisce quanto difficile sia per le avversarie misurarsi con lei. Con il dritto ha colpito praticamente in tutte le direzioni sbagliando pochissimo (sempre se teniamo conto della difficoltà intrinseca di questo tipo di tennis). Mentre con il rovescio qualche volta perdeva il controllo del colpo lungolinea. Ma si tratta veramente di cercare il pelo nell’uovo.

Insomma, una tennista con queste caratteristiche è davvero complicata da affrontare. Per questo devo dare credito a Emma Raducanu, che dopo un inizio di match negativo (6-2 per Lulu) ha saputo alzare il livello al punto da conquistare il secondo set 7-5. Poi però nel terzo set Emma non è riuscita a mantenere la stessa “tigna” agonistica e ha finito per perdere con un nuovo 6-2.

A questo punto la domanda è ovvia: Sun è un nuovo fenomeno o una meteora? Considerato che siamo di fronte alla numero 123 del ranking, che oltre tutto durante le qualificazioni ha salvato un match point nel secondo turno, e che la settimana precedente aveva perso al primo turno nel torneo di Galba (su erba) dalla svizzera n. 322 Susan Bandecchi, la risposta è impossibile, ma la cautela d’obbligo.

Non resta che attendere e scoprire se si confermerà. Ricordo per esempio Nadia Podoroska semifinalista al Roland Garros 2020 da numero 131 del ranking, o Samantha Crawford arrivare in semifinale a Brisbane 2016 da numero 142 del mondo, mettendo in mostra in alcuni match un tennis eccezionale. Nessuna delle due ha più riproposto quel livello di gioco in carriera.

Qui a Wimbledon Lulu ha esordito eliminando la testa di serie numero 8 Zheng Qinwen, e poi due giocatrici di ranking non straordinario: la qualificata n. 153 Starodubtseva e la n. 68 Zhu. Sarà interessante scoprire come gestirà la situazione contro Donna Vekic. Nell’intervista a fine partita le tremava letteralmente la voce, e ha faticato a esprimere a parole tutte le emozioni che la stavano attraversando. È difficile comprendere sino in fondo cosa prova una giocatrice che non ha mai calcato palcoscenici del genere quando si ritrova protagonista sul Centre Court. Ma una cosa è certa: per il momento la sua favola continua.

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