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Basket, la parola al “migliore” Matteo Boniciolli: «Campionato con tanti roster competitivi»

C’è una carica speciale che anima Matteo Boniciolli in questi giorni d’estate. L’ex tecnico di Snaidero e Apu Old Wild West torna ad allenare in serie A2, con la Reale Mutua Torino, e può farlo nel contesto che ama di più: in una squadra con diversi giocatori di crescere e migliorare.

Boniciolli, cosa ne pensa della serie A2 unica a 20 squadre?

«Penso che sarà la A2 più forte di sempre. È un torneo con tante squadre competitive che stanno facendo grossi investimenti e un livello dei coach pari se non superiore alla serie A. Peccato però che alla fine saliranno in A solo due squadre su venti. Sarà un campionato durissimo e verifico con rammarico una cosa: se chiedo un bicchiere d’acqua di rubinetto al bar sotto casa è gratis, nel deserto invece me lo fanno pagare caro. Metafora per dire che per i giocatori italiani c’è stata una lievitazione dei prezzi assurda, cifre fuori mercato».

Perché ha scelto Torino?

«Mi è stata data l’opportunità di vivere in una grande e bella città, lavorare con un presidente ambizioso e con idee chiare, poter costruire la squadra secondo le mie convinzioni. Con la società abbiamo condiviso l’idea di investire il budget, non di spenderlo, consapevoli che nel basket basta un tiro che gira sul ferro ed esce oppure un infortunio per determinare una stagione».

Come giudica il mercato dell’Apu?

«Udine è andata su giocatori consistenti e di rendimento immediato. Mi sembra solida, in linea con la politica delle squadre che vogliono vincere. L’unica che mi piace un po’ di più è Brindisi, perché vicina alle mie corde: ha puntato tra gli altri su giocatori emergenti come Ndzie e Fantoma».

Vertemati è il coach giusto per riportare Udine in A?

«Tutti possono essere gli allenatori giusti, ma serve fortuna. Nell’ultimo campionato non l’ha avuta, si è infortunato Clark sul più bello. A me successe con Lacey. Un coach per arrivare ai risultati deve lavorare bene, prepararsi per vincere e avere un pizzico di fortuna. Ecco, a Vertemati che è sicuramente un tecnico di valore, auguro di essere fortunato».

Cosa pensa invece del progetto Cividale?

«Mi piace che continui sulla politica di lavoro sui giovani, fattore trainante della carriera di Pillastrini, oltre che della mia. Tanti giovani ci vengono offerti perché i loro procuratori sanno che li facciamo giocare e li valorizziamo. Detto questo, ci sono anche altri aspetti interessanti a Cividale. La forte interazione fra società e coach e il tipo di cultura sportiva: l’accoglienza dei tifosi avversari, la promozione di due ore di spettacolo con tifo esclusivamente a favore, la riduzione dell’impatto emotivo del derby, che ha stufato. Questo è più importante dell’aspetto tecnico. La Gesteco è un faro a livello nazionale per i fattori elencati e che apprezzo molto».

Lei di recente ha collaborato con la Nazionale e ha lavorato con Marangon e Ferrari. Un parere?

«Marangon non lo conoscevo bene, è un ragazzo interessante, solido fisicamente e con le idee chiare. Ferrari lo avevamo cercato anche noi a Torino, ma aveva già preso l’impegno da tempo con Pillastrini. In lui vedo grande determinazione: pensate che ha rinunciato a un sacco di soldi dei college Usa per lavorare con “Pilla”. Scelta super, brava Cividale».

Parliamo delle sue ex squadre. Si aspettava il grande rush finale di Trieste?

«Da anni vengo deriso perché sostengo che la regular season conta poco. Trieste ha avuto la fortuna che Reyes s’infortunasse quando non contava. La società è stata solida, bravo Arcieri a non fare la cosa più semplice: far fuori il coach. Ha dato un segnale fortissimo, i giocatori sono stati richiamati alle loro responsabilità. Poi ha avuto un calendario favorevole e un grande Ruzzier. Alla fine dei conti dico che non mi ha stupito, il roster era forte sin dall’inizio».

La Fortitudo come riparte?

«Ha fatto una stagione clamorosa in un ambiente straordinario: il fattore PalaDozza ti regala almeno cinque vittorie in più. Ora i margini per migliorare, da finalista uscente, sono minimi: a Cagnardi però ho detto che ha la fortuna di allenare la Fortitudo, esperienza unica al mondo».

Torna in A2 una piazza storica come Avellino, dove lei vinse una Coppa Italia.

«Ho parlato poco fa con il coach, che mi chiedeva informazioni su Mussini. Dietro ci sono imprenditori importanti, vincere là sarà difficile per tutti».

Pesaro può tornare subito in A?

«Si deve scontrare con altre 7-8 pretendenti. Ha un coach importante come Sacripanti, che ha un ruolo simile al mio, e un ambiente dove si respira basket a ogni ora. Quando penso a loro mi viene in mente che in Italia sarebbe ora di introdurre il concetto di franchigia come in Nba, si potrebbe programmare una crescita tipo San Antonio. Da noi però è impossibile, non s’investe sui giovani. Nel 2024 il concetto di diritto sportivo è anacronistico».

Ci fa i nomi di tre giocatori da seguire nella prossima A2?

«Il già citato Ferrari, il nostro Schina a cui ora chiedo un passo in più e Arletti. Esterno moderno, grande atleta, è ambizioso. Due anni fa ero sul punto di tornare a Bologna e lo avrei preso volentieri. È una perla da crescere in un gruppo di veterani».

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