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La Francia dimostra che la sinistra deve combattere il liberismo capitalista che ha impoverito il mondo

Sarebbe miope pensare che la destra nazionalista, antieuropeista, razzista, xenofoba è stata sconfitta. A sinistra c'è bisogno di un cambio di rotta

L'articolo La Francia dimostra che la sinistra deve combattere il liberismo capitalista che ha impoverito il mondo proviene da Globalist.it.

Il cartello unitario delle sinistre, i patti di desistenza e soprattutto l’altissima partecipazione al voto hanno fermato l’onda nera in Francia, dove i post-fascisti e l’uomo (o la donna) solo al comando fanno ancora paura. Si può dire che l’azzardo di Macron ha pagato. E che l’unità a sinistra è risultata vincente. A differenza di quanto accadde due anni fa in Italia, dove la sciagurata “fatwa” ai Cinquestelle dell’allora segretario Pd Enrico Letta spianò la strada alla vittoria di Meloni & co.

L’avanzata del Rassemblement National è stata bloccata in virtù della legge elettorale a doppio turno e per il massiccio ritorno in scena del popolo delle periferie e della sinistra, ma sarebbe miope pensare che la destra nazionalista, antieuropeista, razzista, xenofoba è stata sconfitta.

Anche se, allargando lo sguardo alle recenti elezioni europee, ha subito altre battute di arresto. In Spagna, Portogallo, Danimarca, Svezia, Slovacchia, Paesi Bassi, Romania la sinistra ha tenuto o è tornata a vincere. E così pure in Italia, dove quella che sembrava l’irresistibile ascesa di Meloni si è arenata (non in percentuale ma nei voti reali sì) di fronte al risveglio del Pd e all’ottimo risultato dell’alleanza Verdi-Sinistra. Mentre in Inghilterra il fallimento dei Tories e una legge elettorale medioevale hanno favorito oltremisura il successo dei laburisti. 

Se questo è il quadro in un’Europa quanto mai divisa, spaccata più o meno a metà tra vocazione unitaria e spinte sovraniste, governata da un’alleanza tra liberali, democristiani e socialisti che è ormai un’anomalia nel panorama degli stati membri, incapace di fare il salto di qualità da entità economica a unione politica e di giocare un ruolo decisivo sulle guerre e nella geopolitica di un mondo che sta cadendo a pezzi, le domande che ci si dovrebbe porre sono: ma erano davvero così inattese le batoste subite negli ultimi anni dai governi liberisti europei, anche nelle versioni riformiste? È davvero così clamorosa la sconfitta del Rassemblement di Marie Le Pen? Ed è davvero così sorprendente il successo del Nuovo fronte popolare e in particolare della sua anima più radicale rappresentata da Jean-Luc Mélenchon? 

Se si osservano i risultati con gli occhi del politically correct, forse sì. Ma se si guarda a quel che è accaduto in questi anni nel profondo della società francese, come in quasi tutte le altre società europee, lo sono molto meno. Le politiche liberiste nel capitalismo globalizzato hanno peggiorato, e di molto, la vita di ampi strati di popolazione e in particolare degli ultimi. L’inerzia dei governi e dell’Europa sulla crisi climatica, sulle guerre e sull’immigrazione ha tolto speranze sul futuro e diffuso paure. Che al potere ci fossero centristi o conservatori (la Francia di Macron, la Ue della Von del Leyen, l’Inghiterra di Sunak) oppure partiti progressisti e riformisti (la Germania di Scholz, l’Italia di Renzi e Draghi), non cambiava molto.

Ovunque le ricette e i risultati sono stati gli stessi: tagli alla spesa, alla sanità, al welfare, ceti medi impoveriti, giovani e donne penalizzati, qualità del lavoro e stipendi al ribasso, disastri ambientali sempre più frequenti, diseguaglianze in aumento, guerra tra poveri e “diversi” pronta ad esplodere. Così come sono state le stesse le posizioni dei governi e dei partiti sulle guerre: tutti appecorati alla decadente leadership Usa e preoccupati di non disturbare troppo Israele. Un crogiolo di incertezze, malcontento e tensioni pronto a far eruttare il vulcano della rabbia sociale, dal quale, da sempre, traggono linfa e consensi gli estremi.

È stato ed è ancora così con l’onda nera in mezza Europa. È così con La France Insoumise (La Francia indomita) di Mélenchon. Con due certezze in più. Finiti i tempi d’oro delle socialdemocrazie che comunque riuscivano a migliorare il capitalismo e la vita delle persone, la sinistra che fa le politiche liberiste è destinata a scomparire. Se vuole vivere e avere ancora un ruolo deve perseguire politiche alternative e immaginare un mondo diverso: Mélenchon, comunque la si pensi su di lui, l’ha capito. La destra che fa la destra invece non ha bisogno e non prova nemmeno a cambiare, è sempre quella che prolifera sulle paure e sull’odio, con le stesse ricette del passato: egoismo, avversione per gli ultimi e i diversi, ordine, sicurezza, nazionalismo, sovranismo, Dio, patria e famiglia. Solo che qualcuno, per fortuna, ha ancora la memoria o la lucidità di capire dove portano. Come ieri in Francia.  

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