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Monaco e l’ascesa di Jasmine Paolini: “Riassume le giocatrici italiane del passato. Non deve più stupirci”

Monaco e l’ascesa di Jasmine Paolini: “Riassume le giocatrici italiane del passato. Non deve più stupirci”

Ancora un appuntamento con TennisMania, nel suo speciale Wimbledon che ogni giorno è accolto dal canale YouTube di OA Sport. Numerosi gli argomenti portati in scena da Guido Monaco, che si è alternato con Dario Puppo e Massimiliano Ambesi nell’analisi della prima domenica dei Championships.

Si apre, chiaramente, con un lungo elogio di Jasmine Paolini: “Secondo me, anche avesse perso 6-3 o 6-4 al terzo ci sarebbe stato solo da alzarsi in piedi e applaudire la prestazione di Paolini. La “colpa” è stata quella di non sfruttare l’onda positiva che a inizio terzo set aveva nonostante avesse perso il tie-break del secondo. Questo a riprova di quanto avesse faticato Keys per vincere quel set, era in un bagno di sudore, veramente sfinita e anche nervosa. Ma ne è venuta fuori. A inizio terzo immagini che la più potente abbia l’inerzia, invece Paolini ha le occasioni per andare avanti. Poi rischia di venire travolta, ma non ha mollato, è rimasta lì e il tennis è anche questo. Keys non è nuova agli infortuni, non è nemmeno solida nel chiudere le partite, quindi potevano esserci delle chance. Rimane un primo set clamoroso, dove ha annacquato tutte le armi di Keys. Anche sul piano della potenza non c’era questa grande differenza, servizio a parte. Quando Paolini ha iniziato a spingere un po’ meno sulla prima e s’è trovata sotto 1-5, ma di nuovo ha rimontato. E’ stata una delle più belle partite femminili degli ultimi anni e non solo a Wimbledon. E Paolini ha dimostrato una volta di più di essere una campionessa di questo sport. Poi c’è stata anche la componente fortuna, ma se l’è meritata altroché, non è un infortunio come quello di Dimitrov con Medvedev, giunto nel corso del primo set“.

Il paragone inevitabile è con il passato azzurro recente, quello degli ultimi vent’anni: “Secondo me è un po’ un riassunto di tutte le giocatrici italiane del passato recente. La storia la racconteremo alla fine, però quello che sta facendo Paolini è speciale, che stupisce tutti e dovremmo forse smettere di stupirci. Però non è uno stupore-mancanza di fiducia, è una ragazza di 28 anni che eravamo abituati a vedere forte, ma con dei limiti. Questo ci insegna una cosa: quello che vediamo in partita è sì un prodotto finale, ma non assomiglia quasi mai a quello che potenzialmente una giocatrice può fare. Queste cose Jasmine non se l’è inventate, ma ci ha lavorato in anni. Non vedevo fino a pochi anni fa la decisione nel venire avanti, l’avevo anche rimproverata perché secondo me doveva farlo un po’ di più. Però quando hai un lavoro così solido da anni con una persona come Renzo Furlan e altri che l’aiutano, a volte riesci a mettere assieme i pezzi, a far quadrare il cerchio. Ora sta succedendo questo. Mettici la fiducia che è fondamentale ed è qualcosa di grande. Ed è anche un messaggio per quei ragazzini e genitori e giocatori che ogni 2×3 cambiano allenatore, facendo una confusione totale e non dando il tempo, per il risultatino subito, di progredire. Bel messaggio di profondità, di anni, che può portare dei risultati e avere fondamenta solide. Cambiare in continuazione è la cosa peggiore“.

Lunghissimo il capitolo legato a Ben Shelton e al modo in cui ha affrontato il match con Jannik Sinner: “Stanchezza sì, l’ho vista, Shelton ha giocato anche il doppio oltre alle tre maratone (sbagliando), ha speso tanto e non ha gestito bene. Non puoi non arrivare al 100% con Sinner. Non colpendo mai quattro palle di fila, sbagliava tantissimo e non aveva assolutamente idea di come mettere in difficoltà Sinner. Lascia andare di più il braccio, inizia a mettere dentro ace, Sinner torna dopo tempo immemore a perdersi il dritto per un game. Da lì viene una partita diversa, perché tutti o quasi gli scambi lunghi li vince Shelton. I segnali di crescita e di percorso di Shelton si sono visti, ma solo nel terzo set. Ho visto una prestazione molto poco brillante fisicamente, ma ancor più di idee. Non tirare la sua prima con continuità contro Sinner è assurdo visto che hai una seconda di tutto rispetto. Era stanco, poco brillante. Poi si è sciolto. Io contesto di dire che se l’altro è stanco, chi se ne frega. Se piove una settimana sono due tornei diversi, ed è un dato in più. Se oltre ad aver giocato nei campi esterni e hai tribolato per chiudere le partite, buio, pioggia eccetera, e hai anche 5 set, dovevi vincere in 3. E sto solo dicendo che era stanco. Cavoli suoi, certo, ma non si può sottolineare il fatto dei percorsi diversi dei due giocatori, se no non si fa informazione. Tutte le volte che doveva giocare di reattività era poco brillante. Se devo trovare una spiegazione al di là della superiorità di Sinner ai primi due set di Shelton, ipotizzo che potesse essere poco brillante. E spesso quando sei poco brillante e hai un avversario così forte e servi la prima all’80%, finisci sotto 6-2 6-4 che non hai capito niente. Poi l’altro sbaglia di più e c’è più partita. Con tutto il rispetto per Bellucci, Harris e Shapovalov, se vai in campo con Sinner negli ottavi Slam che è la cosa più difficile nel tennis, tu Shelton che fai i buchi per terra al servizio, se parti come in quelle partite non tocchi palla. A livello di scelte è ancora uno juniores, se si ordinerà diventerà un problema. Il suo dritto tecnicamente è particolare, difficile possa avere un rendimento costante. Per il back di rovescio Shelton dovrebbe andare a scuola da Berrettini. La scelta di gestione è stupida in partenza”.

Osservatorio Alcaraz attivato: “Il discorso è legato al margine di Alcaraz. Pareva filare tutto liscio, nel terzo sparisce dal campo, va sotto 3-4 0-40, e ha uno sfogo verso l’angolo, molto nervoso. Ha tirato una seconda più forte della prima, inquadrano il box e nessuno dice una parola. Da lì una serie di punti, rimette a posto tutto e non rischia più di perdere. Questo è un Alcaraz con un filo di gas, ma se trovi Paul che ci crede un po’ di più, è più in forma, ha più esperienza di Humbert, occhio che ci lascia le piume. Le partite però sono in mano a lui, ai suoi umori. L’altro dev’essere bravo quando ci sono le occasioni, e normalmente ci sono. Per quanto tu abbia margine, è sempre un approccio alla partita pericoloso. Non stupiamoci se ci lascerà le piume agli ottavi o ai quarti. Ultimamente sta in campo così. Il triplo 6-2 che ci aspettiamo sempre lui non lo dà quasi a nessuno. Per Alcaraz non è facile su Paul. Giochi tutti i game, non ti lascia fermo. Ti può rubare il tempo e breakkare. Lui in questo è un maestro“.

Ancora su Sinner: “Vedendo gli avversari, li ha testati tutti. Il grande battitore, il manovratore da dietro, il mancino. Medvedev è l’ultimo test, quello che gioca un po’ ad aspettare. Se lo fa, visto che in Australia ha aggredito e per due set e mezzo Sinner era sotto. Poi Alcaraz li racchiude tutti di nuovo, può fare tante cose. Arriverebbe con un tagliando che meglio non si può. Battere di nuovo Medvedev, per la prima volta sull’erba, lo avvicinerebbe alla semifinale con Alcaraz al massimo possibile di preparazione. Secondo me la forma tennistica è paragonabile all’Australia, però è una persona quasi diversa. Lì era super, qui sta continuando ad accumulare. Lui impara molto in fretta, anche le sensazioni, essere a proprio agio sul campo. Lui è numero 1 e gli ha dato ancor più consapevolezza e voglia di vincere, dimostrare che è il posto dove deve stare. Vero che ha qualcosa ancora in più. Sono passati sei mesi e sembra un’era“.

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