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Calderoli spinge sull’Autonomia: «Dal 2026 risorse per i livelli essenziali»

Calderoli spinge sull’Autonomia: «Dal 2026 risorse per i livelli essenziali»

foto da Quotidiani locali

Autonomia sì, ma nel segno del rigore e dell’assunzione di responsabilità. Perché in un contesto di «risorse decrescenti», il processo di riforma avviato dal Parlamento diventa «una sfida politica delicata e significativa» che esige il «concorso delle amministrazioni locali al rispetto delle nuove regole di bilancio europee». Parole del ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, in audizione alla commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.

La devolution di competenze

La devolution di competenze, poteri e mezzi finanziari «restituisce ai territori la possibilità di valorizzare le proprie potenzialità e le risorse che possono derivare da una maggiore efficienza rispetto alla gestione centralizzata di alcune funzioni», dice in commissione Giorgetti, salvo aggiungere che «tale attività richiede un bilanciamento tra garanzia dei diritti e spesa conseguente, nel quale assumeranno un rilievo sempre maggiore i costi standard e il livello essenziale delle prestazioni», cruciali per coniugare la garanzia costituzionale dei diritti sociali ad ogni latitudine e la sostenibilità delle finanze pubbliche.

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I tempi della riforma

Alla sua cautela risponde a distanza il collega di governo (e di partito) con un’accelerata: il ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli al Question time alla Camera detta, infatti, i tempi: «I Lep saranno trasmessi alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard ai fini della determinazione, col supporto degli altri soggetti competenti, dei relativi costi e fabbisogni standard. Tale attività si svolgerà presumibilmente a partire dal 2025 e le risorse necessarie per il finanziamento degli eventuali oneri derivanti dai Lep individuati potrebbero essere stanziate a partire dalla legge di bilancio 2026».

Proteste e mobilitazioni

A fronte della protesta dei sindaci contro i tagli governativi e alla mobilitazione referendaria delle regioni ostili all’autonomia differenziata, Giorgetti in commissione ricapitola l’andamento degli enti territoriali, detentori di una quota di spesa pubblica pari a un terzo del totale e perciò determinanti nel salvaguardare gli equilibri di bilancio. Al riguardo, i maggiori progressi sono stati conseguiti dai Comuni.

«Il loro grado di autonomia tributaria, misurato dal rapporto tra le entrate proprie e l’ammontare complessivo, è passato dal 26% del 2010 al 38 % del 2022», e «nello stesso periodo l’incidenza dei trasferimenti romani sul totale delle entrate complessive si è ridotta dal 47% al 29%». Esclusi ulteriori inasprimenti: uno sguardo alla manovrabilità dei tributi, un graduale incremento delle aliquote verso i livelli massimi «sia per assicurare il finanziamento delle spese che per concorrere alle manovre di risanamento dei conti, anche alla luce dei numeri non sempre confortanti sulla riscossione delle entrate».

L'incapacità di incassare

In proposito, il ministro individua la principale causa di sofferenza e dissesto dei municipi nell’incapacità di incassare i tributi accertati. Una criticità da affrontare attraverso l’innovazione digitale, la formazione del personale e lo scambio delle informazioni custodite nelle banche dati. Non bastasse, l’incentivo rappresentato da un “premio” statale pluriennale in presenza di un maggiore sforzo fiscale, ha dato «ottimi risultati» nelle città in crisi finanziaria, Venezia inclusa.

Il quadro delle province

Diverso il quadro delle Province, destinate all’estinzione nella stagione renziana e ora in fase di rilancio; le loro principali fonti di finanziamento, Ipt (l’imposta sulla trascrizione dei veicoli) e Rc auto, sono strettamente collegate al trend del comparto automotive, a lungo rallentato dallo shock pandemico e solo di recente in timida ripresa: «È allo studio la definizione di una tassa dedicata che, a saldi invariati per il contribuente, le ponga al riparo dalla ciclicità del mercato», l’annuncio.

Le regioni e l'autonomia tributaria

«I loro spazi effettivi di autonomia tributaria si sono ridotti negli ultimi anni. In particolare, a seguito della deducibilità integrale del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap e dell’esclusione dal tributo delle persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni, disposta dalla legge di bilancio 2022». La circostanza si intreccia con la controversa autonomia “a geometria variabile”, approvata dal Parlamento e al traguardo federalista in ambito fiscale previsto dal Pnrr. Indispensabile, allora, la concreta definizione dei Lep in termini di oneri finanziari, un «prerequisito essenziale» in vista della delega di materie e funzioni sollecitata da alcune aree del Paese – Veneto, Lombardia, Piemonte in primis – e avversata da altre.

Possibili modifiche sull'addizionale Irpef

Sul versante tributario, l’ipotesi è quella di incidere sull’addizionale Irpef, riducendo l’aliquota statale a beneficio di quella regionale, «senza aggravi per i cittadini». Una prospettiva accolta con favore dal presidente della commissione, il leghista Alberto Stefani, e contestata dall’opposizione. Vincenza Aloisio (M5S) liquida l’autonomia differenziata come una «strategia secessionista destinata ad acuire i divari in Italia» e Daniele Manca (Pd) giudica «non compatibile» la nuova governance europea con i 250 milioni di tagli lineari imposti agli enti locali. «C’è un fondo di perequazione che copre il 52% dei mancati stanziamenti statali, la linea del Governo è di elevare la percentuale al cento per cento, escludendo quanti hanno accresciuto il debito o ricevuto più finanziamenti del dovuto», replica Giorgetti.

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