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«Non potevamo sapere cosa faceva Nft. Alla nostra società chiesero solo un servizio di custodia»

«Non potevamo sapere cosa faceva Nft. Alla nostra società chiesero solo un servizio di custodia»

foto da Quotidiani locali

«Noi con la presunta colpa e lo schema Ponzi non c’entriamo: non potevamo sapere cosa stessero facendo, la loro operatività era estranea e non connessa ai servizi prestati. Tramite la soluzione di custody fornita da Wallex sono transitati alcuni fondi degli investitori che hanno creduto alla moltiplicazione dei pani e dei pesci – dieci per cento mensile di interessi – promessa dalla New financial technology».

Simone Mazzuca, che di Wallex è il fondatore e l’amministratore delegato, spiega quali sono i rapporti con la società partita da Silea e finita al centro di un’indagine per truffa aggravata e riciclaggio, con buco da centinaia di milioni di euro.

Romano, 49 anni, consulente finanziario diventato noto nella regolamentazione ed emissione di stablecoins. Fondata nel 2020, Wallex si descrive come il “Caronte digitale” che collega il mondo bancario tradizionale con gli exchange di criptovalute. Così Mazzuca descriveva la sua creatura in un’intervista a Forbes. «Noi non abbiamo alcun coinvolgimento in Nft», spiega Mazzuca. «Abbiamo prestato servizi nei limiti consentiti dalla legge». Wallex ha fornito un whitelabel per servizi di custodia e pagamento conformi alle regolamentazioni Amld e alle licenze, operando attraverso una struttura separata da quella di Nft.

Mazzuca, come iniziano i vostri rapporti con la società di Christian Visentin, Mauro Rizzato ed Emanuele Giullini?

«I rapporti con la società di Christian Visentin, Mauro Rizzato ed Emanuele Giullini sono iniziati con il contatto di Riccardo Buffoli, capo della rete agenti di Nft, che cercava soluzioni per un nuovo progetto».

Con chi ha interagito e come?

«Solo con Visentin, prima in call e poi di persona, qui in Italia».

Quando?

«Nel 2021».
Che servizi vi ha chiesto Visentin?

«Visentin ci ha richiesto lo sviluppo di un servizio di custodia e pagamento per asset digitali. Nft, registrato anche come operatore cripto in Bulgaria, voleva creare una piattaforma per la custodia e i pagamenti, dicendo di fare anche attività di investimento. Tra noi c’era un rapporto business to business: noi abbiamo aperto conti a persone fisiche, i loro clienti. In base alle procedure richieste dalla legge».

Sapevate che Nft non era abilitata alla raccolta finanziaria in Italia?

«Erano registrati in Bulgaria come operatori cripto. Nel loro prodotto comunque noi non siamo attori. Loro ci hanno chiesto: vogliamo fare una piattaforma di custodia e servizi di pagamento. Dicendo che facevano anche attività di investimento. Tra noi c’era un rapporto business to business: noi abbiamo aperto conti a persone fisiche, i loro clienti. In base alle procedure richieste dalla legge».

Quali?

«Noi monitoravamo i depositi in base agli obblighi, con verifiche sulla provenienza dei fondi».

Come?

«Tracciando i depositi, richiedendo le dovute dichiarazioni per verificare la disponibilità reddituale».

Il caso è esploso a inizio agosto 2022, quando i clienti hanno iniziato a non ricevere da Nft le loro “cedole”.

«Anche per noi in quel periodo sono iniziate le segnalazioni dai clienti che non ricevevano i fondi. Si rivolgevano a noi perché eravamo customer supporter. Era uno schema Ponzi, chiunque lo applica riceve fondi e li distribuisce. Io e le mie strutture non abbiamo alcun tipo di ruolo, colpa o dolo come si evince dai contratti».

Ma è possibile che uno della sua esperienza non si fosse accorto prima, che era uno schema Ponzi?

«Non potevamo accorgercene perché non avevamo la gestione del loro cash flow. Eravamo totalmente esterni alla loro operatività. Ci siamo accorti del default quando gli utenti della piattaforma ci hanno chiesto conto. E abbiamo fermato tutto».

Millantavano un algoritmo per l’arbitraggio sulle criptovalute, alla base dei rendimenti stellari. Lei l’ha mai visto?

«Mi hanno mostrato un bot in fase di due diligence, per me era valido».

Possibile che l’avessero inventato Visentin e Rizzato, un perito informatico e un ex barista, e non colossi del settore? Non le è sembrano strano?

«Sulle criptovalute ci sono fortissime oscillazioni e margini, poteva starci, c’è chi ha percentuali di guadagno anche del venti per cento. Se avessimo parlato di automobili, non ci avrei creduto».

Quali sono oggi i vostri rapporti con Nft?

«Nessuno. Visentin non l’abbiamo più sentito. Giulini aveva promesso la restituzione dei soldi ai suoi clienti, ma poi è sparito anche lui. Per noi essere accostati a Nft è un danno».

Gli chiederete un risarcimento per il danno d’immagine?

«Credo di sì, da quantificare, oltre al contenzioso».

La Procura le ha comunicato di essere indagato?

«Al momento non ci è stato notificato nulla. Siamo, comunque, disposti, come del resto siamo stati, a collaborare e a fornire tutte le informazioni che ci venissero richieste».

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