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Chico Forti, l’ultima batosta: dopo il caso Lucarelli-Travaglio sospese visite e telefonate. Lo zio: perseguitato

Chico Forti, l’ultima batosta arriva in sordina, dopo che è deflagrato sui media il caso Lucarelli-Travaglio: sospese viste e telefonate. E laddove non agisce il blocco effettivo,, arriva la contingentazione. Ma procediamo con ordine, partendo da un dato inconfutabile e inarrestabile: quello che sottolinea lo zio Gianni, pronto a riassumere efficacemente l’ultima incredibile speculazione sul caso di Chico Forti e le sue immediate conseguenze: «Viene perseguitato a causa di fake news, non sapeva neanche chi fossero»…

Intanto però, l’accusa di presunta ricerca di un contatto all’interno del carcere di Verona per «mettere a tacere» Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli, a cui il combattivo congiunto del detenuto fa chiaramente riferimento, sortisce i primi effetti. Da quando è scoppiato il «caso ‘ndrangheta», il 65enne trentino detenuto nel penitenziario di Montorio non ha più ricevuto visite in carcere. Unica concessione, la chiamata del lunedì con l’anziana madre Maria, di 96 anni.

Chico Forti, dopo il caso Lucarelli-Travaglio sospese o ridotte le visite e le telefonate in carcere

Come segnalano alcuni siti d’informazione già da ieri, però, all’avvocato Andrea Radice e Carlo Dalla Vedova, non sarebbero arrivati provvedimenti restrittivi nei confronti del loro assistito. «Nessuna comunicazione ufficiale», assicurano. Probabilmente, si tratta di un ridimensionamento delle visite, un modo per contingentare le tante richieste che arrivano da tutta Italia e dall’estero per fare visita all’ex imprenditore «sul quale concordiamo assolutamente», dicono i legali.

Chico Forti, visite e telefonate sospese: tutto contingentato o bloccato

Insomma, tutto contingentato, per non dire proprio bloccato: «Abbiamo avuto tante segnalazioni di persone che si sono visti rifiutare la richiesta di incontrare Chico in carcere nell’ultima settimana, da quando è scoppiata la vicenda della fake news» , spiega amareggiato Gianni Forti – e riferisce Il Corriere del Trentino tra gli altri – zio del filmaker condannato all’ergastolo a Miami per l’omicidio di Dale Pike, nel 1998, sul quale però l’imputato si è sempre professato innocente. E che come tutti sanno è stato trasferito in Italia il 19 maggio scorso secondo la Convenzione di Strasburgo.

Lo zio: «Tante richieste rifiutate, fango su di lui»

«È tutto bloccato ed è rallentata anche un’eventuale progressione del percorso di rientro come detenuto presso il Tribunale di sorveglianza», incalza il battagliero parente del detenuto riferendosi all’indagine della Procura in corso che ha aperto un fascicolo contro ignoti per fare luce sulla vicenda. Dunque, tant’è: visite sospese e perfino telefonate vietate. Sono giornate dure quelle che sta affrontando Chico Forti nel carcere di Montorio, in cui è recluso dal trasferimento dagli Stati Uniti. Uno stop repentino e improvviso, intervenuto a seguito delle sedicenti rivelazioni su una trama occulta che vedrebbe il surfista-imprenditore appassionato di regia nelle vesti di una sorta di mandante, secondo le accuse di un altro detenuto, bollate da Forti come false.

Il legale di Chico Forti sull’inchiesta in corso

Del resto, il legale di Chico Forti lo ha detto sin dal principio di questa inquietante vicenda accusatoria: «Sappiamo tutti come funziona no? – tuonò l’avvocato –. Per infangare basta un secondo; per ripulire serve una vita». In ballo, dice il legale, c’è la credibilità di Forti «che ora qualcuno, per motivi che non abbiamo ben chiari, vorrebbe minare». Sì, perché la posta in gioco non è tanto quella dettata dalle conseguenze penali eventuali del caso – visto che di reati per ora non c’è traccia –. Ma, semmai, i paletti che la vicenda potrebbe assestare sul percorso del detenuto alla riconquista della libertà.

Il miraggio della libertà condizionale?

E allora, i propositi ipotizzati con il rientro in Italia subiscono un altro stop. E come scrive opportunamente Il Tempo a riguardo, «l’entusiasmo per la sua terza vita, dopo i successi da sportivo e il capitolo del suo sogno americano diventato incubo, si è trasformato in sconforto, a causa della strana storia venuta a galla»… Una vicenda tutta ancora da chiarire, ma che intanto ha indotto i giudici di sorveglianza a sospendere il diritto di visita: Chico non può vedere nessuno dal giorno in cui il caso è scoppiato e deflagrato, con le presunte vittime di un complotto solerti nell’intervenire su presunti sicari e richieste improvvide.

Nessuna traccia nelle carte, ma intanto visite e telefonate sospese o vietate

Un copione in cui, scrive sempre Il Tempo, si denunciano schemi, modus operandi. Ma di cui al momento – ribadisce con nettezza il quotidiano capitolino – «non c’è traccia nelle carte. Nei 18 giorni del processo sfilarono ben 55 testimoni, ma l’informatore non fu chiamato a testimoniare, né la questione fu mai menzionata dagli accusatori. Nessun elemento, né allora né oggi. E Chico è di nuovo un capro espiatorio». Bloccato e indotto al silenzio e all’oblio.

 

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