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L’assalto del battaglione Azov e l’uccisione a freddo di soldati russi: in trincea la guerra è una macelleria

In queste ore, dopo la diffusione del video, Mosca accusa gli ucraini di violazione della Convenzione di Ginevra.

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Un video di 17 minuti, e ti trovi nell’ombelico dell’orrore che si chiama guerra. Il video documenta l’assalto alle posizioni russe da parte di una brigata delle forze speciali della Guardia nazionale Ucraina Azov, banditi per Mosca. E il video ha indignato Mosca, soprattutto per quei 58 secondi con l’uccisione di un soldato russo, preceduto da insulti e insulti in risposta agli insulti.

La guerra è solo orrore, è disumana, è feroce, fa saltare tutte le regole, in guerra si uccide o si è uccisi. In queste ore, dopo la diffusione del video, Mosca accusa gli ucraini di violazione della Convenzione di Ginevra. Come in tutte le guerre, raro che la Storia possa raccontare di una pietà capace di imporsi in trincea. Così raro che quando accade, la Storia la racconta. Per il resto il copione è quasi sempre lo stesso, inchiostro rosso.

La sequenza è impressionante, e la prima cosa che colpisce è che, se si esclude l’assenza della baionetta, questa scena è tanto simile a quelle consumate, nel sangue, nella lontana prima guerra mondiale. Certo, l’equipaggiamento impressiona, e impressiona il suono dei colpi sparati, quasi ovattati, non “esplosivi” come quelli dei vecchi fucili. Certo, l’assalto non è guidato dal binocolo di un cinico generale sulla collina, ma da un drone che guarda tutto e riferisce agli assalitori, li guida su come meglio colpire. Gli assalitori si muovono con una precisione geometrica, tutto appare computerizzato, sanno dove andare, dove e quando sparare, sanno dove far arrivare le granate.

Siamo nella foresta di Serebryansky, nella regione di Luhansk, o meglio in quel che rimane della foresta: alberi senza una foglia e con la corteccia che è saltata, come accade agli uomini, perché la guerra smembra il corpo degli uomini e brucia la loro pelle, fino a cancellarne le fattezze. Quel che resta entra nell’elenco dei dispersi.

E’ per questo che i ragazzi dell’uno e dell’altro lato non vogliono andare in guerra. Scappano alla guerra in Ucraina, e sono acciuffati alla frontiera, sono scappati da tempo dalla Russia. Proprio in queste ore uno studio dice di quasi 700mila russi che hanno lasciato il Paese dai primi giorni della guerra all’Ucraina, per non essere richiamati alle armi o per sottrarsi alla repressione che sempre segue il dissenso, il dubbio, anche nei confronti della guerra.

“Il video mostra la pulizia delle posizioni russe e la distruzione della fanteria nemica”, si legge così nella descrizione del video sul canale Telegram Azov. Commento freddo, da burocrazia militare.

Il passo più violento del video, quei 58 secondi, mostra un soldato Azov che si fa strada nella trincea e inizia a sparare quando incontra un soldato russo. Il fuoco chirurgico, e insulti e contro insulti, come in tutte le guerre: o il soldato che incroci ti manda all’inferno o sei tu a mandare all’inferno lui.

Le impressioni nel vedere questo video? Intanto, non si può non pensare che sono passati ottocentosettantaquattro giorni dall’inizio di tutto, con l’invasione. Poi, che in questo scenario, tra i morti e gli alberi bruciati della foresta di Serebryansky, la fine appare maledettamente lontana, come lontani da questa macelleria sono l’indignazione e i proclami delle capitali. Qui, un giorno si macellano giovani russi, l’altro giovani ucraini. Sullo sfondo, poi, la grande macelleria, quella dei civili ucraini, uomini, tante donne, troppi bambini. Si spara pure sui bambini che combattono la morte che hanno dentro e nel sangue. Follia e folle che l’ha iniziata.

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