Terremoto: niente risarcimento per la morte della studentessa: colpa del suo “attaccamento al dovere”
Nessun risarcimento per la morte della studentessa di Ingegneria Ilaria Rambaldi, di Lanciano (Ch), deceduta il 6 aprile 2009 nel terremoto dell’Aquila. Lo ha deciso la Corte d’Appello dell’Aquila con un’altra sentenza destinata a far discutere. Dopo quella di ieri che aveva escluso risarcimenti per i familiari di 7 giovani morti nel crollo della palazzina in via Gabriele D’Annunzio 14, nel centro storico del capoluogo abruzzese. Un verdetto che conferma la decisione del tribunale civile che già nel 2022 aveva respinto la richiesta collegando le morti al comportamento “incauto” dei giovani.
L’Aquila, no al risarcimento per la morte della studentessa
Anche in questo caso la responsabilità viene ricondotta alla vittima che, secondo i giudici, sarebbe ‘colpevole’ di essere rimasta all’Aquila, dove frequentava l’Università, per il suo “attaccamento al dovere”. Incredibile ma vero. Nella sentenza si parla di “impellente esigenza di terminare le ore di laboratorio (dalla stessa definite un ‘incubo’ nel parlarne con la madre). E del fatto che ormai da mesi conviveva con il terremoto e che neppure a seguito della più forte scossa del 30 marzo aveva scelto di dormire all’aperto o lasciare la città. La richiesta di risarcimento avanzata dalla madre, l’avvocato Maria Grazia Piccinini, scaturisce dal processo alla Commissione grandi Rischi, nel quale è stato condannato Bernardo De Bernardinis, vice capo della Protezione civile. “Per avere diffuso all’esito della riunione della Commissione Grandi Rischi tenutasi a L’Aquila il 31 marzo 2009 informazioni scorrette circa l’evoluzione e pericolosità dello sciame sismico in corso”.
La mamma: sentenza illogica, la vergogna resta
La mamma della ragazza morta all’Aquila parla di sentenze illogiche sotto ogni punto di vista da parte della Corte d’Appello. “Mi chiedo tante cose, ma quella più frequente è: perché? Perché continuare ad infierire quando ormai tutto si è fermato, sedimentato, separando l’acqua dalla sabbia, quando il fumo è svanito e quando le macerie sono ridiventate case. Come mai, invece, in Corte d’Appello si continua imperterriti a sfornare sentenze che creano scompiglio, non solo nelle famiglie delle vittime ma anche nelle menti sensate, nei ragionamenti logici delle persone…”.
“Tutto il male che potevano fare lo hanno fatto”
“Come è mai possibile – chiede l’avvocato – che un processo civile nato per chiedere il risarcimento a colui che è stato condannato per aver rassicurato le persone, cioè De Bernardinis, viene perso dalle famiglie di coloro che, credendo alle rassicurazioni, si sono fidate e sono rimaste a dormire?”. “Come mi sento? Non lo so – aggiunge l’avvocato – Tutto il male che potevano fare lo hanno fatto, togliendo, oltre che la vita, la preziosa e indiscussa ed indiscutibile dignità a mia figlia e agli altri ragazzi morti. Cosa si può fare? Molto probabilmente niente. È finita qui? Non lo so. La vergogna continuerà per sempre”
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