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Un inganno a 30 all'ora



Anni fa, durante un viaggio aereo tra Roma e Milano, un ingegnere mi spiegò che la guerra alle auto condotta da alcuni sindaci in nome della difesa dell’ambiente e della qualità dell’aria che respiriamo era una stupidaggine.

«Vede» mi spiegò, «ho controllato l’inquinamento in città e ho scoperto che i livelli peggiori si registrano nei quartieri in cui ci sono vecchi impianti di riscaldamento». Ricordo che mi citò il caso di Città Studi, zona universitaria, accusando la caldaia di un ateneo. «Lì» mi disse, «l’aria è più inquinata che a Malpensa, aeroporto da cui in determinati giorni e in certi periodi partono anche 900 aerei». Del resto, continuò, «il problema delle auto non si risolve rallentandone la circolazione, in quanto più fai circolare piano i veicoli, più aumenti le emissioni». E aggiunse anche una serie di considerazioni tecniche sul rendimento di un motore, che se funzionasse senza stop e accelerazioni, rilascerebbe nell’atmosfera meno particelle incombuste di quelle di un’automobile costretta a continue soste a causa del traffico.

Tutto ciò mi è tornato in mente nei mesi scorsi, quando alcuni sindaci hanno introdotto delle limitazioni di velocità nei centri abitati. Non più 50 all’ora ma 30, in nome della tutela di pedoni e ciclisti, ma anche per migliorare la qualità dell’aria. E per meglio accompagnare l’obiettivo di ridurre la velocità, in alcune metropoli sono state ridotte le corsie. Il caso più clamoroso è quello di Milano, dove il sindaco rossoverde Beppe Sala è riuscito a trasformare alcune delle principali arterie della città in viottoli di periferia.

Ne cito una per tutte: Corso Buenos Aires, strada d’ingresso e uscita verso est oltre che importante via commerciale, da un anno ha visto progressivamente ridursi le corsie che da due e, agli incroci anche tre, sono diventate una. In cambio, ci sono marciapiedi in grado di consentire il transito di intere mandrie e piste ciclabili che sembrano autostrade. La conseguenza è che lo scorrimento delle auto è diventata una via crucis.

E non soltanto perché le vetture procedono a passo d’uomo, superate dalle biciclette, ma perché a ogni incrocio si verifica un ingorgo, con le vetture che sostano in mezzo alla via impedendo a quelle che devono attraversare di procedere. Per non dire poi che qualsiasi taxi, non essendoci spazio per parcheggiare di lato e nemmeno per accostare lasciando scorrere le altre auto, per far scendere i passeggeri è costretto a fermarsi in mezzo alla strada. Lo stesso dicasi di camion, autobus o mezzi di soccorso: basta un solo veicolo e il Corso è bloccato, con conseguente lunga fila in un senso o nell’altro.

Qualcuno potrebbe pensare che questo sia il prezzo da pagare per scoraggiare gli automobilisti all’uso della macchina. Ovvero un periodo di transizione per indurre le persone a prendere i mezzi pubblici oppure la bicicletta. E però rischia di essere un prezzo piuttosto alto per almeno due motivi. Il primo è che nonostante le limitazioni e le restrizioni imposte, al momento il numero di veicoli che circolano in città non scende, ma tende ad aumentare. A Milano, dopo anni di sperimentazione della cosiddetta Area C, ovvero di una zona a traffico limitato che consente l’accesso solo a pagamento (il ticket per ogni accesso è di 7,5 euro), circolano più vetture di prima. E a ridurle non è bastata neppure l’introduzione di un’area B, ovvero l’estensione del divieto di circolazione in tutta la città per le vetture giudicate più inquinanti, vale a dire le più vecchie. Restringere le corsie per far spazio alle piste ciclabili, escludere dal diritto di entrare nella zona urbana le persone che non possono permettersi un veicolo che risponda alle nuove regole in fatto di emissioni, non soltanto non ha portato a una diminuzione del traffico, ma non ha neppure conseguito gli obiettivi di miglioramento della qualità dell’aria. Prova ne sia che secondo le rilevazioni più recenti, Milano resta in vetta alle classifiche delle metropoli più inquinate.

Ma a demolire completamente il mito che ridurre la velocità contribuisca a far diminuire le emissioni, di recente è giunta anche una ricerca condotta in collaborazione con Unipol. In base allo studio, presentato proprio nel capoluogo lombardo, costringere i veicoli a circolare a 30 all’ora (che poi è la media anche là dove sia vietato guidare a una velocità superiore ai 50 chilometri orari) fa aumentare l’inquinamento. Per ridurre le emissioni sarebbe meglio far viaggiare le automobili a 70 o 80 all’ora. Ovviamente, non ho intenzione di fare una campagna per aumentare i limiti in città, tuttavia mi chiedo: ma se costringere le macchine a circolare a 30 all’ora fa aumentare l’inquinamento, che faranno i sindaci che hanno ristretto le carreggiate e aumentato le piste ciclabili? Torneranno indietro nelle loro decisioni? Oppure insisteranno nell’errore? E, soprattutto, chi pagherà per tutto ciò? Per i lavori inutili e per le polveri sottili in più? Qualcuno avrà il coraggio di chiedere scusa? Ne dubito.

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