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Chiusi i cantieri, licenziati gli operai che avevano protestato per le condizioni di lavoro

La denuncia della Fillea Cgil: «Licenziati i quattro operai edili africani della EPV Project Srl che avevano scioperato per il diritto ad un pasto dignitoso», riferiscono dalla Cgil. «Assunti, sfruttati e poi licenziati quando non più necessari: questo modello d’impresa mortifica il territorio e ruba la dignità a chi lavora».

Secondo il sindacato con l’introduzione degli appalti a cascata si è instaurata una filiera di attività che trae il proprio margine di guadagno dallo sfruttamento di lavoratrici e lavoratori.

«Con la presente, le comunichiamo che la scrivente società, si vede costretta a risolvere tutti i rapporti lavorativi in corso per oggettiva impossibilità alla loro prosecuzione stante la chiusura dei cantieri siti a Padova».

Poche parole per “liquidare” i lavoratori, come dimostra un pezzo della comunicazione che martedì 16 luglio si sono visti arrivare i quattro lavoratori di origine africana dipendenti della EPV Project Srl.

I lavoratori a giugno erano saliti alle cronache per essere, loro malgrado, al centro di un caso sollevato dalla Fillea Cgil Padova che aveva denunciato le pessime condizioni in cui erano costretti a lavorare, compresa la circostanza di dover consumare il loro pasto seduti a terra vicino al cantiere dove lavoravano invece che in un luogo appropriato come prevede il Contratto collettivo nazionale.

«Questi licenziamenti – dice Antonio Alaia, il funzionario della Fillea Cgil Padova che segue i quattro lavoratori –, con decorrenza tassativa al 31 luglio, sono solo l’ultima goccia di una situazione che ha visto coinvolti i nostri giovani iscritti dipendenti di EPV Project Srl: prima assunti un anno e mezzo fa, poi costretti a lavorare a condizioni al limite e, infine, gettati via una volta non più necessari. Voglio ricordare che si tratta di lavoratori che stanchi di subire insulti e angherie di ogni genere, come quella di vedersi negare il diritto ad un pasto dignitoso, avevano avuto il coraggio di entrare in stato di agitazione e poi scioperare lo scorso 7 giugno. Dopo quello sciopero abbiamo più volte chiesto tavoli e momenti di incontro senza ottenere, sostanzialmente, nessuna risposta in merito e i lavoratori sono rimasti costretti a consumare il loro pasto nella polvere e caldo del cantiere. E adesso li licenziano. È evidente che siamo di fronte ad un modello di impresa che mortifica il territorio e ruba la dignità a chi lavora. Come Fillea Cgil crediamo sia importante sottolineare che realtà di questo tipo, sempre in subappalto, non creano semplicemente danno ai lavoratori ma anche a tutte quelle imprese che ogni giorno lavorano nel nostro territorio e si spendono per creare qualità e benessere. Invece queste situazioni producono solo un vero e proprio dumping che danneggia chi rispetta la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici».

La Cgil ha già coinvolto l’Ufficio Vertenze Legali (UVL) per vedere se ci sono margini per intervenire contro questi licenziamenti e comunque assisterli in questo passaggio.

«Il guaio è che la legge pare consentire questo genere di situazioni - aggiunge il sindacalista -. Per questo abbiamo promosso quattro referendum per evitare che invece continuino ad accadere».

«Episodi di questo tipo – interviene e conclude il segretario della Fillea Cgil Padova, Gianluca Badoer – sono destinati a moltiplicarsi a causa delle modifiche introdotte dal Ministro Salvini al codice degli appalti. Questo perché con l’introduzione degli appalti a cascata si creerà, nel nostro Paese, uno scenario in cui lavoratrici e lavoratori saranno vittime di una sempre crescente compressione del loro salario, dei loro diritti e sicurezza. Come Fillea Cgil Padova chiediamo che Istituzioni e Committenza si prendano carico della situazione. Non è accettabile che casi di questo genere avvengano nel cuore di una ricca città come Padova. Nei fatti, quel che è successo, e che succederà, è che si è instaurata una filiera di attività che trova il proprio margine di guadagno nello sfruttamento di lavoratrici e lavoratori. È necessaria, invece, una seria consapevolezza e responsabilizzazione su ciò che accade realmente nei cantieri. Chiediamo dignità per chi lavora».

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