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Bella ma perdente: Inghilterra, una storia di grandi campioni senza trofei

La Nazionale più antica del mondo (insieme a quella scozzese) si è avvicinata di nuovo, in pochi anni (tre per la precisione), alla vittoria di uno dei grandi tornei internazionali ma anche stavolta è rimasta a bocca asciutta

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di Gabriele Bisconti

Inventori del calcio, diventati presto nobili del gioco. Esportatori di regole e da anni isola felice che attrae i migliori interpreti del mondo. L’Inghilterra è ancora il polo principale del calcio europeo e, con una differenza enorme rispetto al suo passato, lo sta diventando anche la Nazionale inglese. Non che fosse considerata tra quelle più deboli, ma l’unico trofeo presente nel palmarès risale ormai al Mondiale del 1966, dal quale sono ormai trascorsi quasi 60 anni.

Un’epoca nella quale non erano probabilmente nemmeno nati i genitori dei protagonisti odierni. Tra la necessità del “coming home” e la paura di non ribellarsi alla maledizione, approfondiamo le statistiche dell’Inghilterra nei Mondiali e negli Europei: 16 partecipazioni ai Campionati Mondiali con una sola vittoria, due quarti posti, svariate eliminazioni alla fase a gironi e i Quarti di Finale come piazzamento più comune della storia inglese. 11 partecipazioni ai Campionati Europei con zero successi, un terzo posto e due secondi posti.

La Nazionale di calcio dell’Inghilterra, lo dicono i piazzamenti, non ha una storia paragonabile alle più titolate del mondo (dalle sudamericane Brasile e Argentina, alle continentali Italia, Germania o Spagna), ma sta vivendo un periodo particolarmente positivo. Una seconda generazione dorata che dovrà provare a riscattare quella degli anni Duemila e che ha tante somiglianze con quel recente passato.

Jude Bellingham che illumina Madrid così come Beckham o Owen hanno fatto al Manchester United; Phil Foden come fenomeno dell’altra sponda di Manchester rispetto a Wayne Rooney, con Rice nel ruolo di equilibratore paragonato a leggende come Gerrard e Lampard mentre Stones va a ereditare il protagonismo di John Terry.

I giocatori più presenti della storia dell’Inghilterra sono: Peter Shilton, Wayne Rooney, David Beckham, Steven Gerrard, Bobby Moore, Ashley Cole, Bobby Charlton, Frank Lampard, Billy Wright e Harry Kane. Tutti, tranne il capitano dell’attuale selezione, hanno superato le 100 apparizioni ma nessuno, tranne Charlton e Moore, è stato in grado di festeggiare un trofeo in Nazionale nonostante i tanti successi con le squadre di club.

Una condanna che perseguita anche l’attuale capitano Harry Kane, volato a Monaco di Baviera nell’estate scorsa dopo una vita al Tottenham. “L’uragano”, quest’anno, con la sua miglior stagione ha trascinato i compagni con il record realizzativo in carriera (44 reti in 45 apparizioni) ma non sufficiente per disallineare i pianeti che sembra vogliano allontanare il più possibile il suo primo trofeo (magari per renderlo iconico). Né la Supercoppa, né la DFB-Pokal, nè la Bundesliga e nemmeno la Champions League sono state conquistate dai bavaresi in quest’annata.

Lui che, nei giorni antecedenti alla seconda sconfitta consecutiva nella finale dell’Europeo, aveva rimarcato concetti come il dolore patito dopo la sconfitta di Wembley contro l’Italia di Roberto Mancini e la resilienza che ha riportato la nazionale dei Tre Leoni a giocarsi la possibilità di “vendicare” quella serata. “Giocare e perdere determinate partite aiuta a rigiocarle in futuro” è un concetto che è molto attuale per quanto concerne la selezione inglese.

Di Gareth Southgate, il coach, si possono criticare diversi aspetti, da quello del gioco tutt’altro che spumeggiante rispetto alla qualità degli interpreti a disposizione fino alle sue convocazioni singolari, ma non si può certo dire che non porti risultati. Prima di lui nessun CT era riuscito a guidare l’Inghilterra a due finali consecutive. Altro risultato prestigioso è il risultato ai Mondiali del 2018, una Semifinale persa amaramente contro la Croazia che però mancava dal 1990.

Lasciando da parte il gusto personale, per un’analisi più oggettiva dei risultati, Gareth Southgate risulta essere, dopo il Campione del Mondo Alf Ramsey, il miglior selezionatore della storia dell’Inghilterra. Nonostante ciò, Southgate ha annunciato l’addio alla Nazionale due giorni dopo la fine del percorso e dopo quasi 8 anni di carriera. Insomma, tra errori tattici, scelte nelle convocazioni assai discutibili e altri fattori controversi, l’Inghilterra dovrà aspettare il Mondiale del 2026 che si svolgerà tra Canada, Messico e Stati Uniti per provare a porre fine a questo digiuno che proprio allora arriverà a 60 anni esatti di distanza dall’unico trionfo.

Chissà quanto tempo ci vorrà ancora prima che il calcio “torni a casa”.

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