Omicidio Anica, rito immediato per Battagia
Il sostituto procuratore Valeria Peruzzo chiederà al gip il giudizio immediato per Franco Battaggia, l’imprenditore del settore ittico accusato dell’omicidio volontario di Anica Panfile, la cuoca rumena trovata senza vita il 21 maggio dell’anno scorso nella acque del Piave in località Palazzon a Spresiano.
Battaggia (difeso dall’avvocato Fabio Crea) dovrà anche rispondere dell’accusa di occultamento di cadavere.
La procura, dunque, rompe gli indugi e preme sull’acceleratore per portare Battaggia davanti ai giudici della Corte d’Assise. Il rito immediato si chiede infatti quando la prova di colpevolezza appare evidente o entro 180 giorni dall’esecuzione della misura cautelare nei confronti dell’indagato (nel caso di Battaggia quella massima del carcere).
Battaggia, com’è noto, fu l’ultima persona a incontrare la donna rumena nella sua casa ad Arcade. Battaggia si è sempre difeso sostenendo che Anica, che il giorno della sua scomparsa era andata a casa sua per ritirare il modulo del Cud, visto che era stata in passato una sua dipendente alla pescheria El Tiburon di Spresiano, e doveva vedersi con un uomo, dopo quella visita.
Per non lasciare nulla d’intentato, gli investigatori, coordinati dal pubblico ministero Peruzzo, avevano deciso di effettuare una perizia su due vecchi telefonini della donna, trovati nella sua abitazione per vedere se in quegli apparecchi ci fossero tracce dell’appuntamento con il misterioso uomo di cui ha sempre parlato Battaggia. Ma pare che non sia emerso nulla dalla loro analisi anche perché non erano più in uso ad Anica all’epoca dell’omicidio.
Gli investigatori sono arrivati a Battaggia dopo aver scoperto che era stata l’ultima persona a vedere la donna rumena, madre di 4 figli, nella sua casa di via Europa ad Arcade. Da lì, secondo i carabinieri, sarebbe uscita morta con Battaggia che avrebbe trasportato il cadavere della donna a bordo del suo pick-up bianco fino al Piave dove poi se ne sarebbe sbarazzato gettandolo in acqua.
Tre giorni più tardi il corpo dell’ex dipendente del Tiburon era stato avvistato nelle acque del Piave da un pescatore che lanciò l’allarme. Ma solo l’autopsia, affidata al medico legale Antonello Cirnelli, diede la certezza che Anica Panfile era stata prima colpita alla testa molte volte con un oggetto contundente e poi soffocata, tappandole con le mani bocca e naso con molta forza.
Nel corso della perquisizione e dei rilievi dei carabinieri del Ris di Parma nella casa di Arcade dove Anica sarebbe stata ammazzata, erano state trovate tracce biologiche della donna e anche una micro-traccia di sangue su un tappeto, che sarebbe servito a Battaggia per avvolgere il corpo di Anica e caricarlo sul suo pick-up bianco.
Sul possibile movente si è parlato di questioni economiche e di droga, legate al consumo di cocaina da parte della vittima. Un particolare emerso dalle analisi di laboratorio effettuate sui tessuti e capelli prelevati dalla vittima nel corso dell’autopsia.
Finora dall’indagine su Battaggia sono emersi dei dettagli che sembrano più pesanti indizi che prove schiaccianti a carico dell’imprenditore ittico, titolare del Tiburon di Spresiano.
Un puzzle a incastro che ha portato al suo fermo. Tra gli indizi anche il fotogramma di una telecamera posizionata in uno degli accessi al greto del Piave che, dopo l’omicidio, avrebbe immortalato un pick-up bianco molto simile a quello in uso all’uomo accusato di aver ucciso Anica.
Un tassello che va ad aggiungersi ad altri. Secondo gli investigatori, Battaggia, che era sotto stretta sorveglianza ed era intercettato sia al telefono che con ambientali, era pronto a scappare.
La sola idea che in futuro potesse mettere piede di nuovo in un carcere l’aveva spinto a trovare contatti per fuggire all’estero. Da qui la misura cautelare motivata anche dal pericolo di fuga.